Non diffamate il veterinario: limiti al diritto di critica

Non diffamate il veterinario: limiti al diritto di critica

Non deve accadere ma accade, spesso. Mi riferisco al cliente insoddisfatto della prestazione del proprio veterinario che immediatamente si scatena sul web. Una reazione altamente emotiva. Una sorta di sanzione preventiva e cautelare affidata, anzi condivisa, sul web.

Martedi 25 Novembre 2025

Una frenesia vendicativa che quasi sempre va oltre il limite consentito, oscurando i presupposti della continenza, della verità e soprattutto della pertinenza che legittimano il diritto di cronaca e di critica.

Che è cosa diversa dal diffamare. Conviene ricordare che il reato di diffamazione ci dice che la libertà di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 della nostra carta fondante non può reputarsi assolutamente incomprimibile dal momento che occorre tutelare un altro essenziale bene individuale quale è la reputazione di una persona.

Occorre svolgere una precisazione. La Cassazione riconoscendo che il soggetto agente perde la propria imparzialità ammette toni più aggressivi così “attenuando” i requisi della veridicità e della continenza. Tuttavia, anche in questo caso, il giudice non può consentire che si eccedano eccessivamente i toni, avendo la Suprema Corte stabilito che la critica può consistere in un dissenso motivato, anche estremo, rispetto alle idee ed ai comportamenti altrui, senza trasmodare in un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell’avversario.

Fatte queste necessarie premesse veniamo al fatto oggetto della ordinanza n.4439 /2016 del Tribunale di Cagliari.

E’ emblematica la vicenda ivi racchiusa poiché è un copione che non poche volte ho visto ripetersi nella mia attività professionale. E che spesso rivive nelle fisiologiche diatribe tra cliente e veterinario. La formazione del veterinario e l’approccio alla professione immagino siano profondamente cambiati anche solo rispetto a dieci anni fa. Conseguenza inevitabile della diversa considerazione che oggi la società ha nei confronti degli animali. Io sono convinto che la professione veterinaria sia esercitata da eccellenze e costituisca essa stessa una eccellenza. Questo non impedisce di individuare zone di ombra sulle quali occorrerà intervenire affinché la medicina veterinaria non rimanga un passo indietro rispetto a quella umana. Non sarebbe più tollerabile.

Ma ecco il fatto. Un veterinario riceve una telefonata con la quale Mevio chiede di essere urgentemente ed immediatamente ricevuto in studio per un secondo parere sulla salute del proprio cane, già seguito da altro veterinario per crisi epilettiche. Non ritenendo sussistente l’urgenza, il veterinario invita Mevio a prendere un appuntamento contattando la propria segretaria. Questa risposta scatena l’ira di Mevio che pubblica nel proprio blog articoli diffamatori, denigratori, offensivi riferiti al veterinario descrivendolo come persona e professionista da evitare. Dichiarazioni che, come spesso accade, fanno montare una campagna social denigratoria da parte degli utenti del sito anche se ignari di chi sia il veterinario e di come stiano le cose.

Il veterinario chiede in via di urgenza l'immediata cessazione e rimozione di tutte la pubblicazioni a contenuto ingiurioso e diffamatorio effettuate nei suo confronti da parte di Mevio con riserva di ogni azione in ordine a tutti i danni subiti e subendi. Il Tribunale ritenuti sussistenti fumus boni juris e periculum in mora (la straordinaria capacità del web di comunicare a un numero indeterminato e potenzialmente enorme di persone le iniziative diffamatorie poste in essere da Mevio) ordina inaudita altera parte al convenuto Mevio di astenersi dal porre in essere atti che in qualsiasi forma possano offendere l’onore, il decoro e la reputazione di Sempronio e di rimuovere immediatamente dal web tutte le pubblicazioni che ha immesso nel suo blog. Quindi fissa udienza per la comparizione personale delle parti.

Mevio, pur riconoscendo che i suoi post contengono espressioni offensive giustifica il suo agire con lo stato di estrema sofferenza per la malattia e poi morte del suo cane, al quale lo legava un affetto uguale a quello che può provare un padre per il proprio figlio. A suo dire il veterinario avrebbe posto in essere una condotta professionalmente e deontologicamente discutibile non visitando con urgenza il cane. Non solo. Avrebbe inizialmente preteso una maggiorazione del proprio compenso per via dell’urgenza e stante il rifiuto di Mevio avrebbe fissato l’appuntamento per la visita non prima di una settimana. In ogni caso, prosegue Mevio, i post sarebbero stati emendati delle espressioni offensive non appena ricevuta la notifica del decreto. Circostanza contestata da Sempronio dal momento che a suo dire nel blog del convenuto restavano giudizi severi nei confronti dell’attore, definito veterinario umanamente insensibile e un veterinario privo di sensibilità. Espressioni queste che non vi è chi non possa considerare oggettivamente offensive della reputazione di un veterinario il quale fonda il suo prestigio professionale proprio sulla sensibilità verso gli animali.

Quanto a Sermpronio, questi chiarisce che prima di visitare il cane avrebbe preferito vedere la sua cartella clinica (che chiedeva gli venisse inviata) nonché conferire con la collega che seguiva il cane come peraltro gli era stato precisato da Mevio. Collega che, emergerà, non riusciva a relazionarsi con Mevio il quale ne contestava le terapie e le diagnosi.

Per il Tribunale l’articolo, come modificato dopo la notifica del decreto del giudice, ha continuato a non rispettare i canoni della continenza espressiva. Inoltre il comportamento del veterinario appare incensurabile laddove ha ritenuto che non ricorressero le condizioni per una visita urgente; peraltro, si legge in sentenza, non si era costituito alcun rapporto contrattuale tra le parti e non vi era una situazione di urgenza alla presenza del veterinario. I post offrivano al pubblico dominio una pessima immagine del veterinario non fondata su elementi di fatto veritieri. Ciò premesso il Tribunale conferma il decreto reso, ordina la rimozione dalla rete internet degli interi articoli e condanna Mevio a pagare in favore del veterinario, per il ritardo nell’adempiere a quanto prescritto nel decreto, nel periodo intercorso tra la notifica dello stesso e la data della ordinanza, la somma di 13.800,00 euro.

Nell’era dei social questa “sanzione accessoria e immediata” che è lo sbandieramento pubblico di ogni sorta di ritenuta nefandezza in danno di una persona rende particolarmente delicata e insidiosa la sua diffusione. Mi riferisco al “ricordo perpetuo” di quella notizia anche nella ipotesi in cui il destinatario della diffamazione sia stato dimostrato essere completamente estraneo alla vicenda o, ancora peggio, abbia interamente pagato il proprio conto con la giustizia.

Come già sottolineato, questa ordinanza ci ricorda opportunamente che il diritto di critica comprende anche il diritto di polemica, finanche l'uso di argomentazioni incisive ed espressioni aspre, non potendosi estendersi finanche al diritto all’insulto e alla distorsione dell'immagine altrui. Una delle insidie maggiori è il discredito su social e considerando la quantità di persone che, anche solo potenzialmente, potrebbero visualizzare contenuti offensivi, la questione non è di poco conto. Purtroppo non è nozione comune quella per cui offendere la reputazione di qualcuno via social, via whatapp o via mail e finanche sms non è comportamento immune dal reato di diffamazione. Anzi, al reato di diffamazione sui social si aggiunge l’aggravante della diffusione per stampa o altri mezzi di pubblicità (c. 3 art. 595 del codice penale). La stessa aggravante che si riscontra anche per altre forme di condivisione di contenuti come social, chat, mail oppure sms.

Altri e diversi sono gli scenari possibili laddove legittimamente si ritiene vi sia stato un inadempimento da parte del veterinario. Nella speranza che da questi non vengano eccepiti diritti o eccezioni che albergano solo ed unicamente nel codice deontologico professionale. Ma sul piano giudiziale, o ancora prima stragiudiziale, i codici di riferimento sono quello civile, quello penale e il diritto amministrativo.

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