Il promittente venditore tace al promissario acquirente la provenienza donativa dell’immobile: conseguenze

Il promittente venditore tace al promissario acquirente la provenienza donativa dell’immobile: conseguenze

Con l’ordinanza n. 32694/2019, pubblicata il 12 dicembre 2019, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla legittimità o meno del rifiuto da parte del promissario acquirente di un immobile di stipulare l’atto definitivo, nel caso in cui, successivamente alla stipula del preliminare, viene a conoscenza che l’immobile promesso in vendita è pervenuto al promissario venditore per donazione.

Venerdi 10 Gennaio 2020

La questione trattata dalla Suprema Corte è molto frequente nell’ambito delle compravendite immobiliari, anche in virtù delle agevolazioni fiscali previsti dalla normativa vigente per il trasferimento di un immobile in favore di parenti più prossimi con l’atto di donazione ed assume una particolare importanza per le conseguenze a cui potrebbe andare incontro l’acquirente di un immobile pervenuto al venditore per donazione, sia perché è difficile che le banche concedano mutui su immobile di provenienza donativa sia perché gli stessi potrebbero essere oggetto di azione di riduzione da parte dei legittimari del donante, che una volta ottenuto la riduzione, potrebbero pretendere dall’acquirente la restituzione del bene.

IL CASO: Nella vicenda esaminata, il promissario acquirente di un capannone ad uso industriale conveniva in giudizio il promissario venditore chiedendo al Tribunale che venisse annullato il contratto preliminare di vendita stipulato per l’acquisto del suddetto immobile, con la conseguente condanna del convenuto alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata ed in via subordinata, chiedeva disporsi la risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore ed in ogni caso la condanna al risarcimento del danno.

Motivo della richiesta attorea era quello che quest’ultimo, solo dopo aver stipulato il preliminare era venuto a conoscenza che l’immobile promesso in vendita era pervenuto al promissario venditore per donazione da parte dei genitori e che, pertanto, era esposto al rischio di riduzione da parte dei legittimari dei donanti. Inoltre, l’attore precisava che non sarebbe mai addivenuto alla stipula del preliminare se fosse venuto a conoscenza della suddetta circostanza in un momento antecedente o al momento della stipula.

Il promissario venditore, nel costituirsi in giudizio, oltre a chiedere il rigetto della domanda, chiedeva, in via riconvenzionale, il riconoscimento del diritto a trattenere la caparra versata dall’attore al momento della stipula del preliminare.

La domanda di quest’ultimo veniva rigettata dal Tribunale, il quale osservava che la provenienza dell’immobile promesso in vendita da donazione non integrasse per sé un pericolo di rivendica ai sensi dell’art. 1481 c.c., né che una siffatta provenienza implicasse che il bene potesse considerarsi gravato da diritti reali, personali ed oneri che ne limitassero il godimento ex art. 1489 c.c. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello pronunciandosi sul gravame proposto dal promissario acquirente, che, pertanto, interponeva ricorso per Cassazione, deducendo la censurabilità di entrambe le sentenze di merito, nella parte in cui avevano statuito che la provenienza di un bene immobile da donazione, tale da renderlo potenzialmente oggetto di una futura azione di riduzione per lesione di legittima, non comporta di per sé un effettivo pericolo di rivendica.

Secondo il ricorrente in Cassazione, la provenienza di un immobile da donazione si poneva in contrasto con la garanzia prestata dal promittente venditore in quanto il medesimo non era del tutto libero, essendone stata taciuta dal venditore la provenienza ed il conseguente rischio di evizione a seguito di azione di riduzione e nessuna rilevanza doveva essere attribuita alla circostanza che non vi fosse un pericolo attuale di rivendica, in quanto, in dipendenza della garanzia, non doveva esserci nemmeno il pericolo potenziale della perdita del bene.

LA DECISIONE: La Cassazione, nell’accogliere il ricorso con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello ha affermato il seguente principio di diritto: “in tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell’art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi”.

Secondo gli Ermellini, è innegabile che la provenienza da una donazione di un immobile oggetto di compravendita porti con sé la possibilità che questa possa essere in futuro oggetto di attacchi da parte dei legittimari del donante, i quali, una volta ottenuta la riduzione, potrebbero pretendere dall’acquirente la restituzione del bene. Allo stesso tempo la teorica instabilità insita nella provenienza non determina di per sé stessa un rischio concreto e attuale.

Dall’esame dell’insieme della normativa del codice civile in materia, si evince che l’esistenza di un rischio concreto ed attuale a carico dell’avente causa del donatario nel senso previsto dall’art. 1481 c.c., diventa attuale solo dopo la morte del donante, allorché diviene attuale il diritto del legittimario.

Pertanto, hanno continuato gli Ermellini, in presenza di un concreto ed attuale pericolo di rivendica, il promissario al quale sia stata taciuta la provenienza della donazione sarà certamente abilitato a rifiutare la stipula del contratto definitivo. Ma allo stesso modo tale conclusione non può escludere che sino a quando quel pericolo non sia configurabile, la provenienza da donazione sia circostanza irrilevante sulle condizioni dell’acquisto, tale da poter essere impunemente taciuta dal promittente venditore, rimanendo così il promissario acquirente - ignaro della provenienza - invariabilmente obbligato all’acquisto.

Inoltre, poiché come argomentato di recente dalla stessa Corte di Cassazione (sentenza n. 965/2019) se la provenienza da donazione rientra nel novero delle circostanze che il mediatore deve riferire alle parti ai sensi dell’art. 1759 c.c., a maggior ragione essa non potrà essere taciuta dal promittente venditore: la mancanza di un pericolo concreto ed effettivo di rivendica da parte del legittimario non è argomento sufficiente per negare al promissario acquirente, ignaro della provenienza, la facoltà di avvalersi del rimedio generale dell’art. 1460 c.c. al fine di rifiutare la stipula del definitivo.

Il principio di diritto, affermato dalla Cassazione con la decisione in commento, è innovativo rispetto a quanto statuito in precedenza dagli stessi giudici di legittimità che avevano affermato che il compratore può rifiutarsi di procedere alla stipula del contratto definitivo solo nel caso in cui il pericolo di perdere il bene sia veramente effettivo e non solo in presenza di un mero timore che l’evizione si possa verificare (Cass. n. 2541/94, 8002/2002 e 8571/2019).

Allegato:

Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza 12 dicembre 2019  n. 32694

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