L'obbligo di vigilanza e custodia in capo al detentore del cane

Il cane non è mio, è tuo, anzi è suo. E quindi?
L'obbligo di vigilanza e custodia in capo al detentore del cane
Giovedi 11 Dicembre 2025

Tizia si reca a casa di Caia, una sua amica, portando con sé il proprio cane (un pastore tedesco di cui aveva la custodia, stante l’assenza della proprietaria dell’animale per via dei propri studi universitari). Sfortuna vuole che Caia inciampi nel cane che le si pone davanti repentinamente, impedendole il passaggio. Cadendo a terra riporta importanti lesioni e altrettanto importante è la richiesta risarcitoria avanzata (superiore ai centomila euro).

In primo grado Caia ottiene il risarcimento sia pure assai ridotto (oltre la metà). L’assicurazione di Tizia, chiamata a manleva e condannata, ricorre in appello.

La Corte di appello sottolinea come l'esistenza di una relazione di fatto o mera detenzione tra un animale e chi ne ha l’uso fa sorgere in capo a quest'ultimo un obbligo di custodia e di vigilanza facendo altresì traslare in capo a quello la responsabilità di cui all’art. 2052 del codice civile. E dall’istruttoria emerge come il cane fosse stato affidato dalla sua proprietaria, Mevia, alla di lei zia Tizia.

La ctu evidenzia come le lesioni riscontrate su Caia abbiano riguardato proprio la parte del braccio attinta dai morsi, da ciò derivando la altamente probabile compatibilità delle lesioni. E tanto sia nell’ipotesi in cui la signora fosse stata morsa dopo aver inciampato da sola, sia nell’ipotesi in cui fosse inciampata per colpa del cane. Parte appellante aveva contestato in particolare che l’inciampo della signora fosse avvenuto per colpa del cane. E’ emerso, infatti, che il cane ha tenuto nella morsa delle proprie fauci il braccio dell’anziana, strattonandolo, proprio nella zona risultata fratturata. Sempre l’appellante contestava che l’istruttoria svolta non avrebbe consentito di provare se la frattura fosse riconducibile al morso ovvero alla caduta di Caia (per la quale, come detto, si contestava essere stata causata dall’animale).

In buona sostanza il giudice di secondo grado, confermando la valutazione di quello di primo grado, affermato la responsabilità di Tizia prescindendo dalla prova che la caduta di Caia fosse stata provocata dall’inciampo nel cane. La motivazione del Tribunale, ad avviso della Corte, trova conferma nell’istruttoria svolta posto che - oltre alle conclusioni della CTU (lesioni compatibili con l’aggressione di un cane di grossa taglia nei confronti di un soggetto anziano) – il nesso causale tra il morso e la frattura si evince dai plurimi documenti della cartella clinica in atti.

Dovendo applicarsi in ambito civile il criterio della probabilità prevalente e del “più probabile che non” sulla base dei documenti di cui sopra, di particolare affidabilità in quanto trattasi di documenti medici provenienti da strutture pubbliche attestanti le condizioni di salute di Caia in seguito all’evento di cui è causa, è possibile inferire, come affermato dal primo giudice, che non solo le ferite lacero contuse multiple, ma anche la frattura sia riconducibile causalmente ai morsi del cane, e quindi all’aggressione dell’animale, con conseguente sussistenza dell’ipotesi responsabilitaria di cui all’art. 2052 c.c. come riconosciuta dal primo giudice a carico dell’originaria convenuta, con manleva da parte della Compagnia appellante. Ne consegue il rigetto dell’appello, con conferma della sentenza impugnata. Corte appello di Genova, sent. n.875/2025.

Ogni tanto conoscere le regole, quelle del diritto, può aiutare a non pagare tanti soldi. Certo, ci sono le assicurazioni qualcuno dirà. Non sempre.

Iscriviti gratis alla nostra newsletter


Aggiungi al tuo sito i box con le notizie
Prendi il Codice





Sito ideato dall’Avvocato Andreani - Ordine degli Avvocati di Massa Carrara - Partita IVA: 00665830451
Pagina generata in 0.006 secondi