L’invito di pagamento del C.U. è un atto autonomamente impugnabile.

L’invito di pagamento del C.U. è un atto autonomamente impugnabile.
Mercoledi 4 Novembre 2020

Con la sentenza n. 23532/2020, pubblicata il 27 ottobre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’ammissibilità o meno dell’impugnazione dell’invito di pagamento del contributo unificato o alla sua integrazione, nel caso in cui l’importo versato venga ritenuto insufficiente dall’ufficio ricevente, notificato dalla cancelleria alla parte che introduce un giudizio al pagamento e sul giudice competente a decidere.

IL CASO: Una contribuente che aveva proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso il provvedimento di conferma di misure cautelari, ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 472 del 1997 emesso sulla scorte di quattro avvisi di accertamento per quattro annualità in materia di Irpef, Irap, Iva e relative sanzioni, veniva invitato dalla segreteria della suddetta Commissione Tributaria all’integrazione del contributo unificato versato al momento del deposito del ricorso in quanto ritenuto insufficiente.

Avverso il suddetto invito la contribuente proponeva ricorso contestando la sua illegittimità.

Il ricorso veniva rigettato nel merito dalla Commissione Tributaria Provinciale la quale, però, riteneva l’invito di pagamento del contributo unificato un atto autonomamente impugnabile, in quanto contenente una pretesa tributaria compiuta e definita esplicitando una richiesta di pagamento del tributo.

L’appello, proposto dall’originaria ricorrente veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale riteneva che il ricorso era stato proposto nei confronti di un unico provvedimento, anche se fondato su quattro diversi avvisi di accertamento e di conseguenza l’importo del contributo unificato doveva essere determinato sulla base del valore complessivo del processo tributario, e non del numero degli avvisi di accertamento costituenti il presupposto e l'antecedente logico giuridico, ma non l'oggetto dell'impugnazione.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione pronunciandosi sul ricorso promosso dall’amministrazione finanziaria, con la sentenza in commento lo ha rigettato sulla scorta delle seguenti osservazioni:

1. pur dovendosi considerare tassativa l’elencazione degli "atti impugnabili", contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, essa va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della pubblica amministrazione, che in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge n. 448 del 2001;

2. di conseguenza la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 citato (Sez. 5, Sentenza n. 4513 del 25/02/2009; conf. Sez. 5, Sentenza n. 7344 del 11/05/2012, Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 25297 del 28/11/2014 e Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3315 del 19/02/2016);

3. la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, nel caso in cui l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche;

4. è facoltà e non un onere l'impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma ciò nondimeno avente natura di atto impositivo;

5. di conseguenza la mancata impugnazione non preclude la possibilità d'impugnazione con l'atto successivo.

6. “sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l'Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell'attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione "avviso di liquidazione" o "avviso di pagamento" o la mancata indicazione del termine o della forma da osservare per l'impugnazione o della commissione tributaria competente (le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell'atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile”( Sez. U, Sentenza n. 16293 del 24/07/2007; conf. Sez. 5, Sentenza n. 12194 del 15/05/2008 e Sez. 5, Sentenza n. 14373 del 15/06/2010).

7. il ricorso avverso una cartella esattoriale con cui l'Amministrazione chieda il pagamento del contributo unificato per atti giudiziari deve essere presentato al giudice tributario, avendo tale contributo natura di entrata tributaria.

Allegato:

Cassazione civile sentenza n. 23532 2020

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