La Suprema Corte di Cassazione torna ad occuparsi, con questa recentissima pronuncia in tema di diritti degli Agenti di Commercio, dei termini decadenziali e prescrizionali delle indennità di fine rapporto e di quella di mancato preavviso.
Lunedi 31 Maggio 2021 |
La Corte di appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame dell’Agente di Commercio, aveva condannato la Preponente al pagamento, in favore del primo dell'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 1750 cod. civ., ritenuto che il diritto al pagamento della stessa fosse soggetto al termine di prescrizione decennale e che tale termine decorresse dalla risoluzione del rapporto e dai successivi atti interruttivi contenenti richieste di pagamento.
Avverso tale sentenza la Proponente ricorreva per Cassazione deducendo la erroneità della decisione della corte di merito per plurimi connessi motivi, il primo dei quali volto ad accertare che sia all'indennità sostitutiva del preavviso ex art. 1750 cod. civ., che all'indennità ex art. 1751 cod. civ. (nel caso di specie però non concessa), non dovesse essere applicato il termine di prescrizione ordinario decennale, ma quello “breve” quinquennale.
La Suprema Corte, accedendo alla tesi della ricorrente, ha affermato che "In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le indennità spettanti sono assoggettate alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 5 cod. civ. e non all'ordinario termine decennale, a prescindere dalla natura, retributiva o previdenziale, dell'indennità medesima, ovvero dal tipo di rapporto, subordinato o parasubordinato, in essere, in ragione dell'esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall'eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti nel momento della chiusura del rapporto" (Cass. n. 15798/2008).
E’ invero opportuno ad avviso degli Ermellini, sottoporre a prescrizione breve i diritti del lavoratore che sopravvivano al rapporto di lavoro, in quanto nati nel momento della sua cessazione, e di evitare in tal modo le difficoltà probatorie derivanti dall'esercizio delle relative azioni troppo ritardate rispetto all'estinzione del rapporto sostanziale.
L’orientamento è stato di recente, e nei medesimi termini, ribadito da Cass. n. 16139/2018, così da essere del tutto prevalente nella giurisprudenza della Suprema Corte e la sentenza in commento lo fa proprio integralmente, ribadendone la correttezza e la bontà.