Distinzione tra rapporto di agenzia e procacciamento di affari.

Corte di Cassazione ordinanza 22 giugno 2020 n. 12197.
Distinzione tra rapporto di agenzia e procacciamento di affari.

Rapporto di agenzia e di procacciamento di affari – La sola percezione di compensi provvigionali non è idonea a qualificare il rapporto come di natura agenziale, in assenza di prova sugli ulteriori requisiti di stabilità e continuità del rapporto - Irrilevanza dell'iscrizione nell'albo degli agenti.

Giovedi 1 Aprile 2021

La vicenda che ci occupa trae origina de una sentenza della Corte d'appello di Roma che, in riforma della sentenza del Tribunale di prime cure, aveva accolto l'opposizione proposta dalla società Preponente avverso il decreto con il quale era stato ingiunto alla predetta società il pagamento, a favore della Fondazione Enasarco, di Euro 38.264,22 a titolo di contributi dovuti per il rapporto di agenzia intercorso con alcuni soggetti, formalmente qualificati dalla società come procacciatori di affari.

Secondo la Corte la Fondazione non aveva fornito la prova della sussistenza di rapporti di agenzia in quanto la sola percezione di compensi provvigionali (con discontinuità temporale e quantitativa), non poteva essere l'unico elemento su cui basare l'accertamento ispettivo, in quanto tale modalità era compatibile anche con i rapporti di procacciamento d'affari privi del carattere della stabilità.

Ad avviso della Corte, quindi, non risultava alcuna prova degli elementi del rapporto di agenzia essendo, inoltre, tali rapporti disciplinati da una scrittura intercorsa tra le parti che qualificava detti rapporti quali di procacciamento d'affari, restando irrilevante l'iscrizione nell'albo degli agenti.

Avverso la sentenza di secondo grado, viene proposto ricorso per cassazione.

Il Supremo Collegio, con la sentenza in commento, ricorda che i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono

A) la continuità e

B) la stabilità

dell'attività dell'agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell'ambito di una determinata zona, realizzando in tal modo con quest'ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio.

Quanto al rapporto di procacciatore d'affari, esso si concreta nella più limitata attività di chi, senza alcun vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni.

La prestazione dell'agente è quindi stabile, avendo egli l'obbligo di svolgere l'attività di promozione dei contratti in via continuativa.

Quella del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa.

La Suprema Corte, nel confermare la sentenza di secondo grado, la quale aveva ritenuto che la sola percezione di provvigioni – nel caso di specie caratterizzata da discontinuità temporale e quantitativa e per importi in alcuni casi contenuti – quale unico elemento sul quale si era basato l'accertamento ispettivo, era compatibile con rapporti di procacciamento d'affari, ovvero riferibili a rapporti occasionali privi del carattere della stabilità, perveniva alla conclusione che non vi fosse prova della esistenza di rapporti di agenzia, ma anzi vi fosse la prova in positivo della riferibilità dei compensi a rapporti di procacciamento .

Diverso sarebbe stato il caso, ovviamente, di provvigioni pagate in misura elevata, a cadenza mensile o trimestrale, per molti anni di durata del rapporto, che avrebbero dato la prova della continuità, della stabilità, dell’elevato numero di affari conclusi, etc.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.12197 2020

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