Sono vessatorie tutte quelle previsioni che introducano nel mandato, in tema di storni provvigionali, delle “condizioni restitutorie” legate alla crescita aziendale e alla stabilità nel tempo degli affari conclusi
Martedi 13 Ottobre 2020 |
Una pronuncia di sicuro impatto quella emessa il 26.2.2020 dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, pubblicata in data 8.9.2020.
Il fatto: un agente di commercio, conclusa la sua collaborazione con una primaria azienda del settore telecomunicazioni per fatto a quest’ultima imputabile, si era rivolto al Tribunale di Roma per ottenere, inter alia, la declaratoria di nullità della clausola del mandato che prevedeva lo storno delle provvigioni nel caso in cui il cliente “attivato” non avesse raggiunto un determinato fatturato oppure avesse comunicato disdetta dal contratto entro i primi sei mesi.
Il Tribunale rigettava le domande dell’agente, che venivano poi accolte in sede di gravame, con sentenza che accertava l’illegittimità delle summenzionate clausole. La preponente, sostenendo che quelle previsioni contrattuali fossero legittime e frutto di libera accettazione tra le parti, adiva la Suprema Corte.
La Cassazione si schiera pienamente con la decisione del Giudice di seconde cure, così sottolineando in pochi e ed essenziali incisi:
(..) ai sensi dell’articolo 1748 del codice civile “L'agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all'agente”. E' evidente che nelle ipotesi contrattuali sopra riportate non si sia verificata alcuna mancata esecuzione del contratto, ma solo il mancato raggiungimento di taluni obiettivi di politica aziendale (..).
Del tutto coerente l’orientamento espresso con il dato letterale dell’articolo 1748 c.c., per cui sono da considerarsi vessatorie tutte quelle previsioni che introducano nel mandato, in tema di storni provvigionali, delle “condizioni restitutorie” legate alla crescita aziendale e alla stabilità nel tempo degli affari conclusi (o dei contratti), fattori del tutto estranei alla condotta e alla volontà dell’agente.
E’ invero innegabile che il ricorso a tale tipologia di clausole sia largamente diffuso, soprattutto nei contratti formati da aziende di grandi dimensioni e struttura - non solamente nel settore delle telecomunicazioni – ed è dunque piuttosto vasta la platea di rapporti di agenzia a cui tale pronuncia sembra rivolgersi.