Il verbale di conciliazione giudiziale della separazione, con il quale si trasferisce una quota della casa, è un atto fra privati e, pertanto, l'acquirente può chiedere che il calcolo delle imposte venga fatto sulla base del valore catastale, (cosiddetto prezzo valore), e non sul corrispettivo pattuito tra le parti.
Lunedi 28 Dicembre 2020 |
E' questo il principio sancito con l'ordinanza n. 24087 del 30 ottobre 2020, dalla Corte di Cassazione.
Prima di passare all'esame della vicenda che ha portato al rigetto del ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ricordiamo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 497 della legge n. 266/2005 (finanziaria anno 2006), in presenza di taluni requisiti, è possibile applicare l'imposta di registro nei trasferimenti di immobili, sul valore catastale. La disposizione, infatti, stabilisce che “ in deroga alla disciplina di cui all'art., 43 del T.U. n. 131 del 1986, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto.
Dunque, i requisiti richiesti sono essenzialmente tre:
la cessione può avvenire solo nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, professionali o artistiche;
nell'atto di trasferimento deve indicarsi il corrispettivo di vendita;
la cessione deve avere ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze.
Pertanto, per le cessioni che rientrano nei presupposti applicativi del comma 497, la base imponibile non è più costituita dal valore venale dell'immobile bensì da quello catastale.
Con verbale di conciliazione del 2010, innanzi al Tribunale di Bolzano, la Sig.ra J.D. cedeva al Sig. H.M.C. le quote, per un ammontare complessivo di € 400.000, di una metà indivisa di due unità abitative. Le parti chiedevano che le imposte di registro, ipotecarie e catastali, venissero calcolate in base al succitato T. U. art., 52, commi 4 e 5, in base, cioè, al meccanismo del cosiddetto prezzo-valore, trattandosi di trasferimento effettuato tra privati, di quote di una casa adibita a civile abitazione. A distanza di oltre un anno, l'Agenzia delle Entrate emetteva avviso di liquidazione, notificato a H.M.C. utilizzando, come base imponibile, il corrispettivo pattuito dalle parti e non la rendita catastale, come richiesto dalle stesse, congiuntamente, nel verbale di conciliazione.
Il contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale, lamentando sia il difetto assoluto di motivazione, per non aver indicato l'Ufficio, nell'atto, i presupposti di fatto e le ragioni di diritto ad esso sottostanti, sia l'errata interpretazione dell'articolo 52 del T.U. citato. L'Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio sottolineando la sufficiente motivazione dell'avviso di liquidazione e controdeducendo che il regime del cosiddetto prezzo valore nel caso di specie non potesse applicarsi in quanto l'articolo 1, comma 497, L. n. 266/2005, circoscrive il beneficio fiscale solo ai trasferimenti effettuati innanzi ad un notaio.
Il contribuente otteneva pronuncia favorevole sia in primo che in secondo grado. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale, nel rigettare il gravame dell'Agenzia delle Entrate, evidenziava che il verbale di conciliazione giudiziale, dal punto di vista contenutistico, possiede tutti gli elementi essenziali di un atto di compravendita e, di conseguenza, condivisibile era la decisione della Commissione di primo grado, la quale aveva equiparato il giudice al notaio, con riferimento al caso concreto di trasferimento di immobile perfezionatosi in sede di accordi di conciliazione giudiziale. I giudici di merito, inoltre, nella loro decisione, richiamano la sentenza n. 6 del 15.01.2014 della Corte Costituzionale, con la quale si è dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 comma 497, nella parte in cui non prevedeva la sua applicazione anche agli acquisti effettuati in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto. Lo scopo della norma è, infatti, quello di agevolare taluni trasferimenti immobiliari, affermando il diritto del contribuente a scegliere tra i diversi criteri per la determinazione del valore imponibile. In tal modo si consente alle parti di dichiarare il corrispettivo effettivo della cessione, in regime di neutralità fiscale, in quanto la tassazione opera sul valore catastale dell'immobile, senza determinare alcun aggravio tributario sulla tassazione indiretta. Questo principio, dunque, a parere della Suprema Corte, deve valere anche per le cessioni eseguite a seguito di conciliazione giudiziale e, pertanto, il prezzo valore può applicarsi anche all'acquirente, persona fisica, di un immobile abitativo.
Da ultimo, la Cassazione ribadisce nell'ordinanza che l'equiparazione tra verbale giudiziale e atto pubblico era già stata ribadita in precedenti pronunce: in particolare, sempre nell'ambito della regolamentazione dei rapporti tra coniugi, i verbali , che racchiudono accordi in sede di separazione o di divorzio, poiché sono inseriti nel verbale di udienza, redatti da un ausiliario del giudice, assumono forma di atto pubblico- ai sensi dell'art. 2699 cod. civ., e, pertanto, laddove contengano il trasferimento di diritti reali immobiliari, sono titolo idoneo per la trascrizione, al pari dei verbali di conciliazione (Cass. n. 2347/2001; Cass. n. 3747/2006; Cass. n. 21736/2013).
Per completezza argomentativa va, infine, chiarito che il termine cessione di cui al comma 497, potrebbe intendersi, ad una prima lettura, come circoscritto alle fattispecie traslative intese in senso stretto. Tuttavia potrebbe farsi rientrare il trasferimento non solo del diritto di proprietà o dei diritti reali di godimento già esistenti ma anche la costituzione -ex novo- di diritti reali di godimento. Ciò in linea con la disposizione di cui all'art. 43, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 131/1986 che espressamente richiama i “contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali”.