Corte d'appello di Catania: i presupposti per la compensazione tra i crediti ex art.1243 c.c

Corte d'appello di Catania: i presupposti per la compensazione tra i crediti ex art.1243 c.c

Di seguito 3 questioni di diritto risolte dalla Corte d’Appello di Catania:

1) alla cancellazione ed estinzione di una s.r.l., in assenza di un riparto e di un attivo riscosso dai soci, consegue il venir meno delle obbligazioni sociali?

2) quali sono i presupposti per la compensazione tra i crediti, ex art.1243 c.c.?

3) sussiste la legittimazione attiva del creditore in sede prefallimentare, ex art. 6 L.Fall., se è titolare di un credito contestato giudizialmente?

Giovedi 7 Febbraio 2019

IL CASO

Una S.p.A.- di seguito la società Alfa - proponeva dinanzi al Tribunale di Caltagirone ricorso per la dichiarazione di fallimento di una s.r.l. – di seguito la società Beta- che con atto di espromissione ex art. 1272 c.c. aveva assunto, con un piano di rientro rateale, parte del debito di altra s.r.l. – di seguito la società Gamma- debitrice principale della S.p.A. Alfa, che, sebbene già cancellata dal registro delle imprese, aveva raggiunto una transazione con la S.p.A. Alfa per effetto della quale il proprio debito sarebbe stato pagato mediante la predetta espromissione.

La S.p.A. allegava di essere creditrice dell’espromittente in forza di un titolo provvisoriamente esecutivo (d.i. fondato sul contratto di espromissione), azionato inutilmente in executivis con un pignoramento presso terzi negativo, e che l’espromittente Beta, priva di liquidità, versava in stato di insolvenza. Allegava altresì che il credito fondato sull’espromissione non poteva essere compensato, ex art. 1243 c.c., con un controcredito opposto in compensazione da Beta fondato su autonomo contratto di somministrazione concluso tra Alfa e Beta, perché mentre l’ obbligo di pagamento da parte dell’espromittente era certo liquido ed esigibile e non sottoposto ad alcuna condizione, il controcredito (cd. contributo co–marketing) era invece pattiziamente subordinato, commisurato e condizionato alla durata del contratto di somministrazione fino alla sua naturale scadenza, contratto che, invece, si era risolto di diritto per inadempimento della somministrata/espromittente Beta.

Il Tribunale di Caltagirone dichiarava l’inammissibilità del ricorso per dichiarazione di fallimento presentato dalla S.p.A. Alfa sulla base di due motivi:

  1. perché la debitrice principale Gamma era stata cancellata in data anteriore alla transazione ed all’espromissione e che, concretandosi l’espromissione nell’assunzione di un debito altrui (rapporto di obbligazione esistente tra il creditore e il debitore originario) “in assenza di informazioni più precise sulla sussistenza di un riscosso da parte dei soci a seguito della liquidazione, deve dirsi che vi sono elementi presumibili per affermare che …. l’obbligazione di cui alla espromissione non esistesse”. A giudizio del Tribunale, essendo la srl debitrice principale Gamma già estinta al momento della transazione e dell’espromissione tra Alfa e Beta, v’era un difetto di legittimazione attiva della creditrice istante perché l’espromissione avrebbe avuto ad oggetto un debito inesistente.

  2. perché in ogni caso il debito assunto dall’espromittente nei confronti della S.p.A. Alfa doveva ritenersi integralmente compensato dal controcredito fondato sul “contributo co-marketing”, modulato con ratei identici a quelli dell’espromissione (per scadenze ed importi) riconosciuto dalla S.p.A. Alfa all’espromittente s.rl. Beta in forza dell’autonomo contratto di somministrazione con quest’ultima, e pertanto il credito fondato sull’espromissione doveva ritenersi compensato dal controcredito fondato sul contributo di co-marketing, anche perchè il mancato raggiungimento di standard minimi di fatturato da parte della somministrata non era previsto come clausola risolutiva espressa del contratto.

LA DECISIONE

La Corte d’appello di Catania (Presidente Estensore Dott.ssa Veronica Milone) accoglie il reclamo della S.p.A. Alfa sulla base dei seguenti principi di diritto.

1^ questione.

La cancellazione della società determina un fenomeno di tipo successorio in forza del quale i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società estinta non definiti all'esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione.

Con l’estinzione della società l’obbligazione non viene meno ma si trasmette ai soci, che sono tenuti a risponderne solo nei limiti di un riscosso.

L’estinzione dell'obbligazione, infatti, sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale insoddisfatto e la ratio dell’art. 2495 c.c. è invece proprio quella d’impedire che la società debitrice possa con il proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare quest’ultimo del suo diritto.

Vero è che i soci ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

Ma l’estinzione della società determina ex lege il trasferimento della obbligazione in capo ai soci, mentre l’esistenza di un riparto (in caso di s.r.l., come nella specie) concerne il diverso aspetto del limite della responsabilità dei soci, fermo restando l’esistenza dell’obbligazione.

Se il limite di responsabilità può comportare l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò non si riflette sul requisito della legittimazione passiva del socio medesimo, che permane.

Conclude la Corte etnea: “deve allora ritenersi che la cancellazione della società debitrice originaria dal registro delle imprese e la correlativa estinzione non integrino, anche, un fenomeno estintivo dei crediti non soddisfatti con la liquidazione, restando il creditore esposto soltanto alla realizzabilità concreta del proprio diritto nel limite dell’attivo riscosso dai soci, secondo quanto previsto dall’art. 2495 co. 2 c.c.. Ne consegue, ancora, che pienamente valida deve ritenersi l’assunzione -mediante l’accordo di espromissione, ex art. 1272 c.c., intercorso tra la terza espromittente srl e la creditrice spa- del debito della debitrice originaria srl residuato dalla liquidazione della società e trasferito con la sua estinzione in capo ai soci (valendo, come già rilevato, l’attivo riscosso quale limite di realizzabilità del perdurante credito della società ricorrente).

2^ questione.

Anche il secondo motivo di reclamo della S.p.A. viene accolto, posto che la Corte etnea censura l’accoglimento, da parte del Giudice di prime cure, dell’eccezione di compensazione formulata dall’espromittente.

Infatti il Tribunale avrebbe dovuto escludere la sussistenza dei presupposti della compensazione tra i crediti perché ex art.1243 comma 1 c.c. “la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili”, mentre il controcredito inerente il cd. co-marketing opposto in compensazione dall’espromittente Beta non solo non era né certo, nè liquido, né esigibile, ma non era neppure maturato.

Infatti il contributo "co-marketing" indipendentemente dalle modalità e termini di sua erogazione era collegato alla durata del contratto di somministrazione commerciale, essendosi convenuto che tale contributo fosse dovuto “a condizione che il contratto di somministrazione commerciale giungesse a scadenza”.

Il debito rinveniente dall’espromissione, pertanto, non poteva dirsi compensato e annullato dal cosiddetto “contributo co-marketing”, di uguale importo, di uguale durata, di uguali rate, di uguale scadenza, in considerazione della circostanza dirimente che il contratto di somministrazione si era risolto di diritto in quanto la S.p.A. Alfa aveva comunicato alla s.r.l. Beta di volersi avvalere di clausola risolutiva espressa convenuta ad hoc, per i reiterati inadempimenti all’obbligo di pagamento delle forniture (e non già per un’inadempienza all’obbligo di fatturato minimo come erroneamente ritenuto dal Giudice di primo grado).

3^ questione.

Ad avviso della Corte non è inoltre condivisibile l’assunto della resistente s.r.l. Beta secondo cui la S.p.A. istante Alfa difettasse di legittimazione attiva ex art. 6 L.Fall. perchè titolare di un credito contestato giudizialmente.

Ed invero osserva la Corte che “la legittimazione del creditore a promuovere la dichiarazione di fallimento non postula la sussistenza di un titolo giudiziale, dato che l'art. 6 L. Fall. si limita a prevedere che il fallimento sia dichiarato su ricorso di uno o più creditori, senza richiedere che il credito si portato da titolo giudiziale” (v. Cass 3472/14).

La Corte, pertanto, accoglie il reclamo ex art. 22 L. Fall proposto dalla S.p.A. avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento emesso dal Tribunale, cui rimette d’ufficio gli atti per la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Beta.

Allegato:

Corte d'Appello di Catania decreto del 23-01-2019

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