La diffusione incontrollata in tutto il mondo di una nuova forma di virus, pericoloso per la salute pubblica e potenzialmente in grado di mettere in profonda crisi i sistemi sanitari, ha reso necessaria ed indispensabile l’adozione di misure di carattere normativo.
Il Governo italiano, in data 31 gennaio 2020 ha dichiarato a norma del D.lgs. 1/2018 (Codice della Protezione civile), lo “stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”1.
Alla dichiarazione di emergenza ha fatto seguito l’emanazione di un’ingente mole di provvedimenti giuridici aventi ad oggetto il controllo della salute pubblica e della stabilità economico - sociale dello Stato2.
L'emanazione di un così alto numero di atti da parte del governo deriva da necessità originate da fatti concreti e consegue all’aumento esponenziale dei contagi in Italia a partire dalla fine di gennaio del 20203.
La diffusione del virus, così penetrante e veloce da determinare l’insorgenza di una pandemia4, ha reso indispensabile l’individuazione di metodiche di prevenzione, cura e contrasto dell'infezione virus attraverso l’adozione delle migliori tecniche medicali e l’imposizione di comportamenti sociali idonei a ridurre il rischio di propagazione5.
Da tale esigenza è sorta, a livello giuridico, l’altrettanto pressante necessità di regolare l’emergenza con disposizioni ad efficacia immediata, attraverso la decretazione d’urgenza.
Appare opportuno premettere che lo stato di emergenza dichiarato con la Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, ha il solo scopo di consentire all’esecutivo l’adozione delle misure di Protezione civile previste dal medesimo Codice, e che non può in alcun modo essere assimilato ad una deliberazione idonea all’adozione di poteri normativi speciali. Nell’attuale assetto costituzionale, infatti, il Governo non può adottare, neanche su autorizzazione del Parlamento, alcuna forma di governo diversa da quella ordinaria. I costituenti, per scelta cosciente e consapevole, previdero forme di governo diverse da quelle ordinarie, unicamente in presenza di uno stato di guerra (art. 78 Cost.)6.
La previsione a livello costituzionale di un esplicito potere di messa in stato d’emergenza della Repubblica da parte del Governo, seppure su autorizzazione del Parlamento, fu vista come un potenziale pericolo per l’assetto democratico dello Stato. Una previsione in tal senso, infatti, avrebbe potuto affidare all’esecutivo facoltà di deroga all’esercizio della sovranità previsto nelle forme e nei limiti della costituzione, con l’ulteriore rischio che venissero reintrodotti quei poteri speciali che avevano esautorato il ruolo del Parlamento nel precedente assetto istituzionale, caratterizzato da una costituzione flessibile7. Grazie alla natura non rigida dello Statuto Albertino, infatti, il governo fascista aveva potuto dotarsi di un potere normativo di fatto illimitato, che lo aveva reso libero da qualsiasi controllo parlamentare8.
Allo stato attuale, dunque, non sussiste alcuna ragione per ritenere vigente uno stato emergenziale di carattere generale.
L’esperienza autoritaria passata, se da un lato consentì l’ideazione di un sistema rigido di emanazione delle fonti primarie (leggi ed atti aventi forza di legge), dall’altro lato non fu sufficiente ad elaborare nella costituzione un sistema di fonti secondarie (regolamenti) sufficientemente tipizzato ed in grado di individuare con certezza la natura normativa o meno delle disposizioni dell’esecutivo9, così da poterle sottoporre ai controlli formali e di legittimità previsti in generale per tali atti dell’esecutivo10.
Allo stesso modo, neanche gli interventi normativi nel successivo periodo repubblicano sono stati in grado di risolvere il nodo dei limiti della potestà regolamentare. La legge 400 del 1988, che disciplina l’ordinamento, le funzioni della Presidenza del Consiglio e il potere regolamentare del Governo, ha natura ordinaria e può essere derogata, come accade in concreto, da altri innumerevoli provvedimenti di pari rango che ne svuotano il significato, creando di volta in volta poteri regolamentari speciali rimessi alla scelta politica della legge ordinaria11.
In un quadro normativo generale così confuso, in cui una legge di disciplina organica di un settore può essere liberamente derogata da norme speciali di pari rango, la legislazione speciale d’emergenza ha riproposto un evidente equivoco a livello gerarchico tra le fonti primarie regolamentate in modo rigido e quelle secondarie o di livello inferiore che non trovano i medesimi limiti vigenti per gli atti dell’esecutivo aventi forza di legge.
Si è giunti così ai nostri giorni, a limitare in modo pressante alcuni diritti fondamentali della persona, non altrimenti comprimibili che con la legge, qualificandoli come meri comportamenti soggetti a provvedimenti amministrativi.
Il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, ha introdotto nell’ordinamento un generale principio di autonomia dell’esecutivo nell’individuazione delle misure sanitarie e di contenimento del contagio, che si è concretizzato in successivi provvedimenti affidati all’adozione di Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri12. Gli atti governativi emanati, hanno individuato divieti e poteri amministrativi sanzionatori nuovi e sconosciuti all’ordinamento giuridico, idonei ad incidere direttamente su diritti essenziali della persona.
Con l’emanazione decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, contenente misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-1913, il Governo ha prefigurato e rimesso allo strumento del Decreto presidenziale, cioè alla potestà del “primus inter pares di sé medesimo”, un potere generale di adozione delle misure restrittive del tutto generico ed indeterminato che ha suscitato profonde critiche nella dottrina e in parte dell’opinione pubblica per la vera e propria delega in bianco che si era attribuito14. Si trattava, in pratica, di poteri pressoché assoluti di limitazione su alcune libertà fondamentali
Il decreto-legge n. 6 del 2020, è stato convertito con modificazioni dalla legge n. 13 del 2020, per poi essere quasi totalmente abrogato dal Decreto-legge 25 marzo 2020, n. 1915 In quest’ultimo, i poteri limitativi della libertà personale appaiono maggiormente tipizzati rispetto al precedente, ma è rimasta inalterata la tecnica normativa che ne rimette l’individuazione al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che continua ad essere sottoposto a limitati controlli di legittimità preventiva e rimane sganciato da verifiche in fase di promulgazione da parte del Presidente della Repubblica16.
Si tratta, in concreto, di una fonte di diritto mai vista in precedenza nell’ordinamento, difficilmente qualificabile come atto amministrativo ed altrettanto difficilmente sottoponibile a controllo giurisdizionale17.
Il risultato di questa forma di degradazione mascherata delle fonti sui diritti fondamentali della persona è una percezione distorta e pericolosa del precetto normativo, che ha dequalificato la legge e demandando l’applicazione concreta di provvedimenti delicatissimi per la salute e per la stabilità economico-sociale dello Stato Paese a disposizioni indicate in modo distorto come tecniche.
Si tratta, infatti, di provvedimenti tipicamente ed essenzialmente politici emanati nella forma del Decreto Presidenziale “speciale”, con l’evidente intento di farli percepire ai destinatari come oggettivi, razionali e non altrimenti evitabili 18.
Fermi i dati di natura scientifica che riguardano le forme di contrasto della pandemia e la necessità di distanziamento, non si può negare che costituisca una scelta di natura politica, tipica espressione del potere di indirizzo politico del Governo, la decisione di come procedere in concreto all’attuazione di tali misure.
Rendere obbligatoria la permanenza domiciliare sotto pena di pesanti sanzioni pecuniarie, è scelta diversa e più restrittiva rispetto a quelle adottate da altri paesi con tradizioni democratiche e più liberali19delle nostra, che hanno previsto forme di contenimento più limitato, senza pretendere di regolare per decreto la vita privata.
Allo stesso modo, non si può negare che le scelte di tracciamento sanitario della popolazione, di chiusura o apertura delle attività industriali, professionali o commerciali, ben diverse da quelle adottate da altri stati, costituiscano atti di natura politica da sottoporre al controllo delle istituzioni.
Sostenere che le scelte dell’Esecutivo sulle misure sanitarie da adottare, sulla limitazione della libertà personale o sulle questioni di carattere socio-economico abbiano natura tecnica, costituisce un evidente fallacia logica, poiché, indipendentemente dai pareri non univoci degli esperti di cui l’esecutivo si avvale, non si può ritenere che la scelta di limitare la libertà personale o di impedire la libera iniziativa economica risponda a ragioni scientifiche.
La finta tecnicizzazione di scelte politiche, alla quale sono seguite decisioni sostanzialmente autocratiche, potrebbe rimanere fine a sé stessa, se non vi fossero conseguenze pratiche.
All’emanazione di provvedimenti pesantemente restrittivi calati dall’alto e all’imposizione di forme di repressione di condotte rimaste fino ad oggi estranee alla nostra tradizione democratica, come ad esempio l’obbligo di permanenza domiciliare non liberamente determinabile, può seguire con un breve passo, la trasformazione di tutti noi destinatari dei precetti in domiciliati repressi, o peggio, in gendarmi-censori della sanità pubblica.
In uno scenario in cui l’esecutivo è intervenuto a disciplinare la vita privata delle persone negli aspetti più intimi e dove il non detto dalle norme assume più valore dell’esplicitato, il parallelismo fra un Grande Fratello Gendarme20 ed una nuova Caccia alle Streghe21 potrebbe diventare ben più di un’ipotesi distopica.
1 La dichiarazione di emergenza emessa, trova la sua fonte nell’art. 7 lettera c) e nell’art. 24 del Codice, che individuano come “emergenze di rilievo nazionale” quelle“… connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.
2 Per avere un’idea del vero e proprio formicolio di disposizioni normative emanate dai soggetti di livello apicale, senza scendere alle fonti secondarie, è sufficiente esaminare, sul sito www.Gazzettaufficiale.it la “Raccolta degli atti recanti misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 “.
La raccolta, in continuo aggiornamento, contiene al momento della consultazione (20 aprile) 70 (settanta) atti emanati in misura quasi totale da organi governativi, fra cui 7 decreti legge, 10 decreti del presidente del consiglio dei ministri, 2 delibere del consiglio dei ministri, 2 decreti del ministero dell’economia e delle finanze, 18 decreti e ordinanze del ministero della salute, 1 comunicato della presidenza del consiglio dei ministri, 2 Ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri a firma del commissario straordinario per l'emergenza epidemiologica covid-19, 24 ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione civile, 1 Delibera della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1 Ordinanza del Ministero per lo Sviluppo Economico. Dei 70 provvedimenti, 68 sono di diretta emanazione dell’esecutivo e anche i 2 restanti, una legge ed un Decreto del Presidente della Repubblica hanno stretta attinenza con l’attività governativa. La legge 5 marzo 2020 n. 13 ha infatti convertito con modificazioni il decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020, ad oggi già quasi completamente abrogato dal successivo decreto legge 19/2020. Il Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 2020 provvede, su proposta del governo, ad annullare in via straordinaria l’ordinanza n. 105 del 5 aprile 2020 del sindaco del comune di Messina.
3 Il primo caso di Coronavirus CODIV-19 in Italia risale al 29 gennaio 2020; si è trattato di due turisti cinesi che avevano contratto la malattia nel paese d’origine. Allo stesso modo, il 6 febbraio è stata segnalata una nuova infezione a Roma, ma anche in questo caso si è trattato di un paziente rimpatriato da Wuhan, luogo d’origine della pandemia. La diffusione pandemica all’interno del territorio, molto probabilmente già presente da tempo in Lombardia ma non percepita dalle autorità sanitarie, ha assunto risalto mediatico a partire dal 21 febbraio, quando sono stati individuati i casi di persone contagiate dal virus, prive di collegamento con la Cina.
4 L’Organizzazione mondiale della sanità, organismo di diritto internazionale con funzione di agenzia speciale dell'ONU per la salute, ha dichiarato la CODIV-19 infezione pandemica a seguito della propagazione mondiale dei contagi, nel corso di una conferenza stampa e di un successivo comunicato in data 11 marzo 2020.
5 Oltre al potenziamento delle strutture sanitarie, con particolare riferimento all’incremento dei posti di degenza in terapia intensiva, lo strumento ritenuto maggiormente efficace ed in grado di ridurre la propagazione del contagio è il cosiddetto distanziamento sociale, inteso come obbligo di evitare forme di affollamento e di rimanere a distanza dallo spazio personale altrui. Il distanziamento sociale è una delle misure di protezione di base raccomandate dall’OMS che ha inizialmente invitato a mantenere una distanza di almeno 1 metro da chiunque tossisca o starnutisca. Il limite di distanza è stato poi ampliato da successive valutazioni dell’OMS a ml 1,8 (leggi qui).
6 Per la ricostruzione dell’istituto dello Stato d’Emergenza, chiarissima l’opera di A. Pizzorusso.
Dalle pagine dell’Autore è possibile anche comprendere che in sede costituente, l’Assemblea preferì non regolamentare situazioni di emergenza, lasciando al legislatore il compito di occuparsi delle fattispecie concrete al loro verificarsi, come si preciserà di seguito.
7 Esplicito in tal senso il richiamo di S. Cassese, in “La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi”, Il Dubbio, 14 aprile 2020, secondo il quale “la Costituzione non ha peraltro ignorato la questione, solo che ha considerato la possibilità di disporre limiti dettati dalla urgenza e dal pericolo caso per caso, per singole libertà” (leggi qui).
8 Con l’approvazione della 100 del 31 gennaio 1926, recante disposizioni che disciplinavano "la facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche", il Governo fu dotato del potere di emettere tre categorie di regolamenti, qualificati come esecutivi, indipendenti, organizzativi. Alla legge 100 del 1926 seguì, poco tempo dopo, la legge 9 dicembre 1928, n. 2693, che impose il parere obbligatorio del Gran Consiglio del Fascismo su tutte le proposte di legge concernenti la facoltà del potere Esecutivo di emanare norme giuridiche, creando in concreto un polo normativo completamente indipendente dal potere legislativo.
9 Le norme costituzionali in cui si fa menzione della potestà regolamentare dell’esecutivo sono inserite nell’articolo 117, comma 6, che disciplina la ripartizione del potere fra Stato, Regioni ed enti locali. Infine, l'articolo 87 V° comma conferisce al Presidente della Repubblica il potere di emanazione dei regolamenti del Governo. In sede di Assemblea costituente, il dibattito sul potere regolamentare dell'Esecutivo, ebbe ad oggetto l'opportunità, o meno, di attribuire al Governo poteri che gli consentissero l'emanazione di atti normativi, i regolamenti, in modo autonomo, senza alcun rapporto di dipendenza con il Parlamento. La base della scelta era tra un sistema dualista, in cui il potere normativo viene esercitato dal Parlamento e dal Governo in concorrenza, e un sistema monista, che vedeva la prevalenza del potere Legislativo su quello Esecutivo. La soluzione accolta configura un sistema monista, ma è volutamente incompleta e ambigua, verosimilmente il risultato di un compromesso politico.
10 Il riferimento più evidente riguarda i controlli generali previsti dall’art. 100 Cost., che costituiscono la forma più diretta di verifica dell’attività dell’Esecutivo prevista dal legislatore costituzionale.
11 Il problema dell’efficacia della legge generale sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio con riferimento al potere regolamentare è antico e ben noto, dovendo chiedersi l’interprete se "quando la legge 400 disciplina i regolamenti, disciplina una pura forma o un contenuto" (così sosteneva G.U Rescigno in Il nome "proprio" degli atti normativi e la legge 400 del 1988, in Giurisprudenza Costituzionale, 1988, II, pagg. 1506 ss. ). Il decreto-legge 6/2020 (da togliere)
12 Il “Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri” come atto proprio del capo dell’esecutivo, è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico dalla legge 400 del 1988, con riferimento specifico e limitato all’ordinamento della Presidenza. L’atto previsto dalla legge 400 è un provvedimento di carattere organizzativo emanato dal capo dell’esecutivo nell'ambito delle funzioni di coordinamento e indirizzo politico-amministrativo, privo di forza di legge, che, come i decreti ministeriali ha natura secondaria.
13 Per una ricostruzione chiarissima ed esaustiva sulle criticità del provvedimento, si veda: Ilenia Massa Pinto, La tremendissima lezione del Covid-19 (anche) ai giuristi, Fiat iustitia et pereat mundus oppure Fiat iustitia ne pereat mundus?
14 Ha espresso una posizione fortemente critica M. Ainis, Il bisticcio del potere, La Repubblica, 3 marzo 2020; allo stesso modo; M. Olivetti, Coronavirus. Così le norme contro il virus possono rievocare il «dictator», Avvenire, 11 marzo 2020. Ancora e soprattutto, F. Clementi, Coronavirus, quando l’emergenza restringe le libertà meglio un decreto legge che un Dpcm, Il Sole 24Ore, 13 marzo 2020. Autorevolissimo il contributo, già citato, di S. Cassese.
15 L’art. 5 del decreto-legge 19/2020 ha espressamente abrogato l’intero il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, “ad eccezione degli articoli 3, comma 6-bis, e 4”, relativi a disposizioni di carattere finanziario e norme. (da togliere o integrare)
16 Ancora, in modo infinitamente più chiaro ed autorevole di chi scrive S. Cassese: “gli organi di garanzia più diretti sono il presidente della Repubblica, il Parlamento e la Corte costituzionale. Quest’ultima, salvo casi eccezionali, interviene necessariamente ex post. Parlamento e Presidente della Repubblica, invece, collaborano nella funzione normativa, in modi diversi. Ma ne sono sembrati esclusi, per ragioni e con modalità diverse, senza neppure il motivo dell’urgenza, perché l’uno e l’altro organo hanno corsie preferenziali o di emergenza”, si veda in S. Cassese.
17 I Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri previsti dai decreti-legge 6/2020 e 19/2020 seguono senz’altro schemi diversi da quanto prevedono gli artt. 76 e 77 Cost. per l’emanazione degli atti governativi aventi forza di legge. Escluse queste ipotesi, il Decreto presidenziale può essere inteso o come provvedimento amministrativo avente carattere generale o regolamentare, soggetto al controllo giurisdizionale, o al contrario come atto politico, escluso da tale sindacato in forza dell’art. 7 comma 1 del Codice del processo amministrativo che dichiara non impugnabili “gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico”. Si esporrà di seguito che la natura fortemente precettiva e d’indirizzo delle disposizioni contenute nei Decreti presidenziali rende evidente la natura politica e non amministrativa.
18 Sostenere che le scelte dell’esecutivo sulle misure sanitarie da adottare, sulla limitazione della libertà personale o sulle questioni di carattere socio-economico abbiano natura tecnica, costituisce un evidente fallacia logica, poiché i pareri e le opinioni dei soggetti chiamati ad esprimersi non rispecchiano visioni univoche indiscutibili e sono frutto della funzione di indirizzo politico facente capo all’esecutivo. *
19 Le misure restrittive della libertà personale sono state adottate in ormai tutti gli stati, ma in molti casi, come ad esempio in Germania o negli Uniti Stati Uniti, oltre ad essere divulgate come raccomandazioni, non sono previste sanzioni in caso di inosservanza, se non come conseguenze di natura penale derivanti dall’accertata e dimostrata diffusione dell’epidemia.
20 Non può sfuggire he le misure di distanziamento sociale siano state fatte irrompere con violenza normativa in un contesto sociale ormai evoluto e ben distante dall’ipotesi della famiglia tradizionale e della società idilliaca che i decreti ipocritamente ipotizzano.
L’irruzione nella sfera più intima delle persone, si è concretizzata per decreto, senza lasciare alcuna possibilità di scelta sulle forme e le modalità dell’obbligo di permanenza domiciliare.
I Decreti, per ragioni incomprensibili, sembrano completamente ignorare l’esistenza di contesti familiari in conflitto e di situazioni di disgregazione, così come sembrano ignorare che la scelta di trascorrere il proprio tempo e la propria intimità con chi si vuole, costituisce un’evoluzione sociale frutto di lotte e conquiste sociali insopprimibili, che hanno cambiato il Paese nel secolo scorso. Anche se l’Italia non è più quella antecedente alla legge Fortuna-Baslini sul divorzio, le conflittualità e le convivenze forzate continuano, seppure con meccanismi di distanziamento naturale che rendono la famiglia un istituto unico, che è impossibile comprimere per decreto. La previsione di imporre forme di convivenza secondo modalità, non altrimenti definibili se non come tradizionali, può alterare delicatissimi equilibri che prima avevano una loro autonomia e non sottostavano ad imposizioni dall’alto.
La famiglia, infatti, pur essendo una forma di aggregazione sociale universale, non può esser definita secondo schemi univoci, né può essere compressa in forme rivolte unicamente al passato.
Ancora, le disposizioni obbligatorie sul distanziamento rischiano di compromettere pesantemente il diritto all’affettività delle generazioni più giovani e delle persone che non convivono stabilmente, spesso in difficoltà in un contesto economico che già privilegiava le generazioni più anziane. Ugualmente restrittivo e limitante, al limite dell’alienante, appare poi l’obbligo di permanenza imposto a persone che vivono sole, con loro concreto rischio di esclusione dal contesto sociale.
21 La Storia della Colonna Infame, resa immortale da Manzoni, è stata raccontata anche da Pietro Verri nelle sue Osservazioni sulla tortura come esempio di barbarie giuridica originata dal pregiudizio e dalla paura collettiva. Le vicissitudini e le terribili torture che Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora subirono dagli inquisitori dopo essere stati indagati come untori, non possono certo essere paragonate alle reazioni scomposte che le attuali condizioni di contenimento forzato della popolazione generano. Tuttavia, non si può negare che il pregiudizio e la repressione del soggetto percepito come diverso, frequentissime nei battibecchi sul “come” far fronte all’emergenza sanitaria trovi sempre maggiore eco e potenziamento, non solo sui social network in particolare ma non solo, e determini un pesante incremento di atteggiamenti prevaricanti.
Trasformandosi in giudici e censori, non solo in rete, molti soggetti vorrebbero reprimere come reati meritevoli di sanzioni pesanti, comportamenti insulsi, stupidi, ingenui, scadenti e persino demenziali, che nulla hanno a che fare con la volontà di infrangere le regole, ma derivano proprio dalla scarsa conoscenza e dall'impossibilità di comprendere il confine fra un comportamento poco educato e la messa a rischio dell'incolumità altrui.