La Corte di Cassazione nella sentenza n. 1822/2018 si pronuncia in merito alle modalità di acquisizione dei messaggi - sms, WhatsApp - e delle email e alla normativa applicabile.
Venerdi 23 Marzo 2018 |
Il caso: il Tribunale, in funzione di giudice del riesame, confermava il decreto di sequestro probatorio disposto dal Pubblico Ministero nell'ambito di un procedimento penale che vedeva l'odierna ricorrente, Tizia, indagata per reati fallimentari connessi ai fallimento della società: il sequestro aveva ad oggetto, tra l'altro, le e-mail spedite e ricevute da account in uso all'indagata, nonchè il telefono cellulare del tipo smartphone dell'indagata, successivamente restituitole previa estrazione di copia integrale dei dati informatici memorizzati (sms, messaggi WhatsApp, e-mail).
Tizia ricorre in Cassazione, deducendo, tra l'altro, l'invalidità della procedura di acquisizione dei messaggi e delle e-mail, in quanto si sarebbe dovuto adottare quella stabilita dall'art. 266 c.p.p. e ss., venendo in rilievo un'attività di intercettazione di flussi di comunicazioni telematiche.
La Corte, nel ritenere infondato il motivo di doglianza, precisa che:
i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all'indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica "scaricati" e/o conservati nella memoria dell'apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 c.p.p.
pertanto, la relativa attività di acquisizione non soggiace nè alle regole stabilite per la corrispondenza, nè tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche;
peraltro non è configurabile neppure un'attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso di specie ci si è limitati ad acquisire ex post il dato, conservato in memoria, che quei flussi documenta.
Esito: rigetto del ricorso.