Vittime di molestie sul luogo di lavoro: il D.L. 159/2025

Vittime di molestie sul luogo di lavoro: il D.L. 159/2025

Negli ultimi anni, la sicurezza è stata intesa non solo come protezione fisica, ma anche come tutela dell’integrità psicologica e relazionale del lavoratore.

Martedi 2 Dicembre 2025

Seguendo la linea di tutela delle Donne Vittime di violenza, il Governo, nei giorni scorsi, ha approvato il Decreto Legge 31 Ottobre 2025 n.159, recante “Misure urgenti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile”, che costituisce un passo avanti rilevante nella riforma del sistema di prevenzione e vigilanza sui luoghi di lavoro.

Il provvedimento emanato ad integrazione del D. Lgs. n.81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), si inserisce in un contesto di forte attenzione pubblica verso gli infortuni e, più in generale, verso la qualità delle condizioni lavorative.

In sintesi, il Decreto rafforza la cultura della sicurezza, la tutela della dignità delle lavoratrici e contrasta molestie e abusi negli ambienti professionali e lavorativi.

In tale direzione, il Governo ha riconosciuto una tutela efficace dslle molestie subite in ambito lavorativo come un rischio lavorativo

Il punto di svolta è contenuto nell’art.5 del decreto, che modifica l’art. 15, co. 1, del citato D. Lgs. 81/2008, aggiungendo la nuova lettera z-bis che stabilisce “l’obbligo della programmazione di misure di prevenzione di condotte violente o moleste nei confronti dei lavoratori come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera a), nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 62”.

Questo inserimento assume una valenza giuridico e culturale significativa poiché la prevenzione delle molestie (incluse quelle di genere) viene equiparata alle misure generali di tutela previste dall’art. 15 del Testo unico innanzi citato.

Pertanto, in base alle nuove norme, le molestie non costituiscono più soltanto un tema antidiscriminatorio, ma diventano un vero e proprio rischio lavorativo da prevenire e gestire nel Documento di valutazione dei rischi (DVR).

Inoltre, la normativa, nella sua formulazione, risulta in linea sia con la Convenzione OIL n. 190 del 2019 sia con la Raccomandazione n. 206, ratificate dall’Italia con la Legge n.4 del 16 Gennaio 2021, che riconoscono il diritto dei lavoratori ad operare in un ambiente di lavoro libero da violenza e molestie, ritenute come “comportamenti inaccettabili” e come tali, quindi, da prevenire, contrastare e punire severamente.

  • Le caratteristiche delle molestie sul luogo di lavoro

Sul punto, una definizione delle molestie sul lavoro è ravvisabile nell’art. 26 D. Lgs. n 198/2006 in base al quale sono «considerate come discriminazioni» anche le molestie, ossia quei «comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo».

Peraltro, secondo la Dottrina prevalente, rientrano in tale definizione le molestie sessuali consistenti in “comportamenti indesiderati sessualmente connotati, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante quanto offensivo nei confronti delle Vittime degli abusi”

Va, comunque, sottolineato che in tutti i casi di molestie, al di là della connotazione sessuale, vi è una condotta accompagnata da due elementi cardine:

  • il primo elemento è la “indesideratezza” da parte della vittima.

Essa si caratterizza come una scelta operata dalla Vittima in senso negativo (assenza di desiderio, di voglia e, quindi. di un consenso esplicito manifestato dalla stessa) che dovrebbe connotare i rapporti sessuali nell’ambito della salvaguardia della dignità della stessa.

Il riferimento alla posizione della Vittima consente di includere nella condotta vietata tutto ciò che la stessa ritiene o percepisce, anche inconsciamente, come non rispettoso della propria dignità e della propria sfera personale e sessuale sulla base, ad esempio, della propria sensibilità, estrazione culturale o età.

Per contro, vanno escluse dalle molestie quelle condotte o atteggiamenti che non sono considerati aggressivi e non graditi perché avvenuti in assenza di tensione, timore, paura, esasperazione.

Inutile precisare, quindi, che le condotte percepite come moleste da una lavoratrice potrebbero non essere considerate tali da un’altra.

Da questo deriva l’importanza che il Giudice valuti la totalità delle circostanze di fatto che connotano la condotta ritenuta abusiva, sulla base della natura del rapporto esistente tra le parti, ossia se confidenziale o amicale, come pure l’eventuale reiterazione degli episodi molesti.

Pertanto, sebbene la scelta del Legislatore di optare per la prospettiva della vittima vada condivisa, la individuazione delle condotte illecite risulta, tuttavia, difficile e necessita di essere modulata a livello aziendale stante la genericità della definizione delle stesse.

Sul punto, quindi, sarà necessario individuare uno standard di comportamenti illeciti collegati al concetto di “indesideratezza” sia pure ricorrendo ai principi di correttezza e buona fede, che rientrino nel parametro della diligenza richiesta nell’ambito della prestazione lavorativa in generale.

Gli esempi di tali regolamenti e codici di condotta non mancano, ma è fondato il timore, già manifestato da autorevole Dottrina, che questi stessi codici, a seconda dei casi, possano esprimere atteggiamenti paternalistici da parte del datore di lavoro che sarebbero ancor più “soffocanti” o ancor più «offensivi della dignità» delle dipendenti o, in ogni caso, fortemente limitativi delle relazioni personali sui luoghi di lavoro.

  • Il secondo elemento riguarda la “intenzionalità” della molestia

Si tratta di una condizione necessaria ove si consideri che le molestie sono spesso espressione di stereotipi e modelli recepiti, talvolta in modo inconsapevole, nell’ordinario e quotidiano atteggiarsi dello autore delle stesse negli ambienti di lavoro.

L’eventuale valorizzazione dell’elemento soggettivo e, quindi, del grado di coscienza sarebbe, tuttavia, di ostacolo alla tutela.

Viene così esteso l’ambito applicativo della protezione, comprendendovi quei “comportamenti che siano in grado di violare la dignità o creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo”

Tuttavia, si ritiene che ciò non determini da solo l’elemento costitutivo dell’illecito ma occorre che sia accompagnato dalla necessaria pubblicità e condivisione di tali condotte nell’ambiente di lavoro.

Infatti, la conoscenza del fatto nell’ambiente di lavoro, che spesso è dovuta alla reiterazione delle molestie, può incidere sulla gravità della condotta a causa dell’ulteriore umiliazione a cui la Vittima viene esposta cagionandole ulteriori sofferenze psichiche e fisiche.

Inoltre va sottolineato che, più frequentemente, il molestatore sceglie di limitare le proprie azioni offensive a momenti di isolamento con la Vittima per evitare testimoni e contestualmente esercitare maggior pressione sulla malcapitata collega.

Da questo scaturisce l’opportunità che la stessa dipendente, in maniera tempestiva segnali l’accaduto al proprio preposto, al datore di lavoro e al canale informativo dell’azienda ove sussista.

  • Tutela risarcitoria delle Vittime di molestie sul lavoro

Una particolare attenzione è riservata dalla Convenzione, ma anche dalla Raccomandazione UE n. 206/2019, che ne ha accompagnato l’adozione, agli strumenti che garantiscano l’effettività della tutela anche sul piano risarcitorio.

In particolare, oltre al diritto della lavoratrice di recedere in tronco dal rapporto di lavoro e di veder accertata la nullità del licenziamento ritorsivo a seguito della denuncia inoltrata per la condotta illecita posta in essere in suo danno, la Vittima di molestie ha diritto a una sanzione effettiva nei confronti dell’autore materiale della molestia, sia esso il collega o lo stesso datore di lavoro.

Quest’ultimo, inoltre, in presenza di una violazione dell’art. 2087 del Codice Civile, può essere tenuto a rispondere dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla lavoratrice anche ad opera di altri dipendeenti.

A tal proposito occorre segnalare come le molestie sessuali abbiano consentito di sperimentare in alcune occasioni il ricorso alla categoria dei c.d. “danni punitivi” generando un dibattito al riguardo.

In particolare, in alcuni casi, si è giunti anche ad affermare che il Giudice, in conformità al principio sancito dall’art. 18 della Direttiva 2006/54 CE secondo il quale, in presenza di una discriminazione fondata sul sesso, il conseguente indennizzo deve non solo riparare gli effetti reali subiti, ma anche avere una valenza dissuasiva per l’autore.

La stessa Dottrina ha osservato che, in tali casi, i risarcimenti dei danni debbano preferibilmente essere qualificati come dissuasivi e deterrenti anziché punitivi.

In conseguenza, «una volta raggiunta la prova dell’esistenza dell’an del pregiudizio risarcibile, deve riconoscersi alla vittima di tale discriminazione un risarcimento proporzionato al danno subito ed idoneo a soddisfare altresì la funzione sanzionatoria del rimedio, ossia una funzione di prevenzione analoga alla sanzione penale ».

Sul punto, la Dottrina ritiene che la giurisprudenza sulle discriminazioni e molestie sessuali costituisca un vero e proprio laboratorio privilegiato non per ammettere la categoria di “danno punitivo” nell’Ordinamento lavoristico ma per la valorizzazione della responsabilità civile ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione della dignità della vittima, sia essa conseguenza della responsabilità diretta del datore o della responsabilità riflessa per i comportamenti di altri dipendenti.

In particolare, nella quantificazione del danno non patrimoniale subito dalla lavoratrice, il Giudice potrà assegnare un consistente peso economico a fattori eterogenei quali l’odiosità della condotta, aggravata dalla soggezione contrattuale o economica, nei confronti dell’autore, il clima creato in azienda e il peggioramento della vita familiare come pure lo impatto sulle scelte lavorative e personali della Vittima, dal cambio di mansioni o di reparto sino alle dimissioni dal posto di lavoro.

In tali casi, la liquidazione del danno non patrimoniale, espressione di una valutazione equitativa del Giudice, sarà capace di ottenere il medesimo risultato di disincentivare tali condotte, proprio come previsto dall’art. 18 della direttiva 2006/54, norma che, per contro, non parrebbe invocabile per «giustificare un inasprimento dell’ammontare del danno allo scopo di attribuire a tale rimedio una finalità sanzionatoria».

  • Le altre innovazioni nella tutela dei lavoratori

Venendo agli altri contenuti del Decreto Governativo esso si fonda su tre pilastri essenziali come la prevenzione, la formazione e la vigilanza.

  • Prevenzione e promozione della salute

L’articolo 18 introduce misure di promozione della salute nei luoghi di lavoro, comprese campagne informative e programmi di screening.

Anche l’art. 37 viene modificato in modo sostanziale:

Il comma 11 viene riformulato e prevede che, per le imprese con meno di 15 dipendenti, la contrattazione collettiva debba disciplinare le modalità di aggiornamento periodico dei Lavoratori e degli RLS, secondo modalità proporzionate alla dimensione aziendale e al livello di rischio delle attività svolte.

In tal modo, anche le piccole imprese vedono rafforzato il sistema di sicurezza, con formazione mirata e periodica.

  • Formazione

Il nuovo comma 14 rafforza introduce la registrazione della formazione obbligatoria dei lavoratori nel fascicolo elettronico del lavoratore, che include anche la piattaforma SIISL.

Ciò consente un monitoraggio completo delle competenze acquisite e permette agli organi di vigilanza di verificare l’adempimento degli obblighi formativi.

Le aziende devono quindi adeguare i propri sistemi di gestione della formazione per garantire tracciabilità e interoperabilità con il fascicolo elettronico.

Inoltre, la formazione viene supportata economicamente atteso che il nuovo articolo 11, commi 4-bis e 5-ter, prevede che l’INAIL trasferisca annualmente almeno 35 milioni di euro al Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, destinati a progetti di diffusione della cultura della sicurezza.

  • Vigilanza e controlli

Il Decreto in commento introduce un necessario rafforzamento dei controlli e delle strutture ispettive

Gli articoli 4 e 17 potenziano l’Ispettorato nazionale del lavoro e i Dipartimenti di prevenzione delle ASL, prevedendo nuove assunzioni e maggiori risorse per il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro.

  • Conclusioni

In definitiva si tratta di un intervento atteso nel quadro delle politiche di sicurezza e dignità del lavoro che rafforza la cultura della sicurezza, tutela la dignità delle lavoratrici e contrasta molestie e abusi negli ambienti professionali, come afferma, B. Massarelli sulla Riv. Altalex del 24 Nov. 2025.

I dati sulla ricorrenza di violenza e molestie subite, nel corso della prestazione lavorativa, in prevalenza da donne, impongono di approfondire tali fenomeni, divenuti sempre più ricorrenti, alla ricerca di altri strumenti idonei in grado di prevenirli e contrastarli.

In base agli ultimi dati Istat pubblicati nel 2018 e relativi al periodo 2015-2016, sarebbero 8.816.000 (43,6 %) le donne fra i 14 e i 65 anni che, nel corso della vita, hanno subito qualche forma di molestia sessuale e 3.118.000 (15,4%) quelle che le hanno subite negli ultimi tre anni (www.istat.it/it/archivio/209107).

Come ha sostenuto Marta Giacomi, in maniera pienamente condivisibile (v. Le molestie nei confronti delle lavoratrici, in Riv Questione Giustizia), “l’odiosità di tali condotte risiede nella loro capacità di pregiudicare non solo la sfera individuale della vittima (dignità, autostima, percezione di sé, intimità, attività lavorativa e carriera) ma anche la vita relazionale, quindi, in un pericoloso “effetto domino”, l’intera collettività”.

Quanto ai luoghi di lavoro, occorre evidenziare che violenza e molestie sono perpetrate non solo dal datore di lavoro ma, sempre più spesso, da un collega di lavoro o d’ufficio senza alcuna distinzione tra il pubblico o il privato

A questo riguardo, le maggiori difficoltà, per l’individuazione delle condotte abusive in ambito lavorativo, derivano dal fatto che occorre tenere conto del delicato equilibrio tra la legittima rivendicazione della lavoratrice di essere tutelata dal proprio datore di lavoro, siccome tenuto per legge a proteggerne l’integrità fisica e la personalità morale, e la pretesa di quest’ultimo di non vedersi addebitati gli effetti civilistici sul piano risarcitorio derivanti da condotte altrui.

La complessità del fenomeno, tra l’altro, non deriva solo dalla plurima offensività della condotta ascrivibile a violenza o molestie ma anche dalla matrice “culturale” espressione di ben noti stereotipi che a loro volta, nel contesto lavorativo, rischiano di acuirsi alla luce dei delicati rapporti di forza non solo tra datore e dipendente ma anche tra tutor e apprendista, tra sovraordinato e sotto posto, e così via.

Da questo sorge la necessità che, accanto alla predisposizione di strumenti di prevenzione di tali abusi, siano incentivate, in linea con gli artt. 13 e 14 della Convenzione di Istanbul, costanti campagne di sensi- bilizzazione nelle scuole prima ancora che nelle aziende, educando i giovani cittadini a essere futuri lavoratori consapevoli e rispettosi, innanzitutto, della dignità di quante e quanti condividano i luoghi di lavoro.

Solamente intervenendo dalla fase della formazione a quella successiva all’inserimento nel mercato del lavoro, gli obiettivi di eguaglianza e autodeterminazione di donne e ragazze, che costituiscono l’obiettivo n. 5.3 dell’Agenda Onu 2030 per uno sviluppo sostenibile, potranno divenire non un obiettivo, ma un punto di partenza.

Ne consegue, inoltre, che le difficoltà maggiori della prevenzione e del contrasto alle molestie sul lavoro, ai fini del superamento delle diseguaglianze ancora esistenti, emergono, da un lato, dal crescente contenzioso sorto dalle richieste risarcitorie delle vittime e dall’altro, dalla proliferazione di iniziative di vario genere.

Tra esse vanno annoverati i numerosi disegni di legge ancora in discussione in Parlamento (in particolare ddl nn. 655,1597,1628 e 2358), che mirano a introdurre «Disposizioni per la tutela della dignità e della libertà della persona contro le molestie e le molestie sessuali, con particolare riferimento ai luoghi di lavoro. Delega al Governo per il contrasto delle molestie sul lavoro e per il riordino degli organismi e dei comitati di parità e pari opportunità».

Nondimeno, in questo contesto complesso, le fonti normative già esistenti possono costituire già da oggi una base di partenza sulla quale aziende, parti sociali, lavoratori e soggetti pubblici possono agire per prevenire violenza e molestie sui luoghi di lavoro.

Quanto alle tecniche necessarie per sconfiggere il grave fenomeno, pur nei limiti di un approccio ancora fortemente risarcitorio e della scarsa utilizzazione degli strumenti processuali offerti dal diritto antidiscriminatorio, si può ritenere che la strada verso l’eliminazione di stereotipi e di condotte moleste nel mondo del lavoro sia stata imboccata se non altro sul fronte della regolamentazione del fenomeno sia sul piano normativo che contrattuale.

Non va, comunque, dimenticato che i recenti progressi nella direzione di una più efficace tutela delle Vittime di genere sono avvenuti attingendo ad una ricca elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sulle discriminazioni, nella crescente consapevolezza che violenza e molestie sul lavoro costituiscano, innanzitutto, fattori di rischio per la salute delle lavoratrici e che, come tali, debbano essere prevenuti e regolati.

Il contenzioso esistente sulla delicata materia, sebbene in crescita, non è ancora in grado di consentire una valutazione completa delle varie fattispecie.

La speranza è che la crescente attenzione rivolta agli episodi di violenza e molestie subite nell’ambito della valutazione dei rischi lavorativi da parte del concreto reticolo di soggetti, funzioni, formazione, monitoraggio e sanzioni previste del D.Lgs.n.81/2008, come modificato dal nuovo Decreto in commento, possa contribuire a conferire maggiore effettività agli strumenti già offerti dal diritto antidiscriminatorio sui luoghi si lavoro e sulle molestie arrecate alle lavoratrici.

Allegato:

159 2025 Decreto Sicurezza 2025

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