Separazione: quando è ammesso produrre la corrispondenza del coniuge?

Avv. Maria Teresa Federico.
Separazione: quando è ammesso produrre la corrispondenza del coniuge?

Riprendendo il mio vecchio manuale di diritto costituzionale, mi sono soffermata su uno dei princìpi fondamentali che fanno della nostra Carta Costituzionale la più bella del mondo. Certo questa frase, questa affermazione è stata usata più volte quasi quanto quella che il nostro campionato di calcio è il più bello del mondo…..ma non divaghiamo.

Martedi 16 Ottobre 2018

L’art. 15 Cost. dispone che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili, e che la loro limitazione può avvenire solo su atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge. Quindi, un princìpio importantissimo, fondamentale tanto che solo con atto motivato da parte dell’autorità giudiziaria, e non a discrezione o ad arbitro o di chi detiene il potere politico, può essere limitato.

Premessa doverosa e rispettosa ora passiamo ad analizzare alcuni aspetti della libertà di segretezza e corrispondenza tra i coniugi in sede di separazione personale.

Nel corso di un giudizio di separazione personale il legale di una delle parti può esibire e depositare la corrispondenza via mail avvenuta tra i due coniugi o commette un reato? La risposta è positiva nel primo caso mentre si incorre in un reato depositare la corrispondenza di uno dei due coniugi con un soggetto terzo come ad esempio l’amante o un istituto di credito. Se ciò avvenisse non solo si commetterebbe il reato di sottrazione di corrispondenza ma si raffigurerebbe anche una violazione deontologica a carico dell’avvocato.

E’ quindi importante mettere dei limiti alla pratica ormai sempre più diffusa di mostrare in piazza conversazioni private, posta privata, foto al fine di screditare, disonorare, diffamare il malcapitato coniuge. Infatti sempre più spesso nei giudizi di separazione e divorzio uno dei coniugi è sempre in possesso di sms, scritti, chat e soprattutto lettere di banche pronti all’uso per ricavare o il massimo profitto o la flagranza del tradimento.

A questo punto è utile chiedersi se ci sono e quali sono i limiti di utilizzabilità di tali materiali. A tal proposito è venuto in soccorso un sentenza della Corte di Cassazione che vedeva coinvolta la vicenda di una donna condannata proprio per aver “sbirciato” la corrispondenza del marito non convivente da cui era legalmente separata ed utilizzarla nella causa di separazione.

Gli ermellini stabilivano che, integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza la condotta di colui che sottragga la corrispondenza inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione; né, in tal caso, sussiste la giusta causa di cui all’art. 616, comma 2, c.p., la quale presuppone che la produzione in giudizio della documentazione sia l’unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, considerato che, ex art. 210 c.p.c., il giudice, può, ad istanza di parte, ordinare all’altra parte o ad un terzo, l’esibizione dei documenti di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo (Cass. civ. n. 35383 del 2011, Sez.V). Anche se sono pochi i giudici che ordinino l’esibizione di documenti come recita l’art.210 c.p.c.

Ciò detto,  qualcuno si chiederà dove sarà finita la privacy. E’ possibile, è lecito, leggere gli sms, i messaggi whatsapp del coniuge al fine di “scovare” informazioni utili su movimenti di danaro o tradimenti in fieri produrli in tribunale senza incorrere in violazioni? Secondo la Cassazione il messaggio che proviene da un/a ipotetico/a amante non deve essere avvalorato dalla relazione in corso. Il testo del messaggio con l’aggiunta di qualche emoticon bastano a dimostrare l’infedeltà. Alcuni tribunali, tra cui anche quello di Roma, sostengono che laddove il cellulare del marito o della moglie venga lasciato in uno spazio “comune” della casa e non invece custodito in un cassetto del comodino, è possibile leggerne i messaggi.

Questo perché in ambito domestico/familiare la privacy subisce una deformazione, non configurandosi alcun reato. Addio, quindi a tracce di rossetto sul collo della camicia, bigliettini anonimi, telefonate mute o sospirate. L’applicazione messaggistica più usata al mondo diventa oggi protagonista assoluta nel bene e nel male di migliaia di separazioni, spodestando anche le gloriose suocere invadenti.

Con l’avvento dei social , se da un lato intrattenere rapporti affettivi e sentimentali è diventato più facile e veloce, dall’altro ne ha reso la loro scoperta più semplice, rappresentando tutto questo una vera e propria fonte di prove e tracce digitali. Come possiamo ben comprendere la questione è ormai  di grande attualità poiché il modo di comunicare è cambiato. Il principio della segretezza e aggiungerei dell’ingerenza del partner nell’altrui sfera privata si sgretolano davanti alla “sbirciatina” diventata ormai un gesto normale.

I messaggi di posta elettronica e gli sms sono, per legge, veri e propri mezzi di corrispondenza e che, come tali non possono essere violati. Anche se qualche illustre collega, attirato forse dai riflettori, afferma che le informazioni ottenute con palese violazione della privacy, con la cosiddetta “sbirciatina” non sono altro che un peccato “veniale” rispetto alla violazione dei doveri coniugali.

Del resto, il Testo Unico sulla Privacy (D.L. 196/2003), pur prevedendo l’obbligo del preventivo consenso dell’interessato per la trattazione dei suoi dati personali, consente una importante deroga proprio quando questi ultimi debbano essere impiegati per far valere un diritto innanzi all’autorità giudiziaria. Il tutto però, va esercitato con criteri di correttezza, pertinenza e non eccedenza. Pertanto, si consente al coniuge tradito di giustificare la propria condotta invasiva e intrusiva, motivandola con la necessità di dimostrare, in sede giudiziale, l’infedeltà del coniuge ai fini della domanda di addebito (Cass. Civ. sez.III, 1102/2009 n.3358).

In conclusione: ill diritto alla riservatezza è un diritto fondamentale della persona tutelato dalla nostra Carta Costituzionale e che a mio modesto parere non può e non deve subire limitazioni nemmeno in caso di rapporto di coniugio e/o convivenza.

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