Responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c: caso fortuito e onere della prova

Responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c: caso fortuito e onere della prova

Con la sentenza n. 4035 del 16 febbraio 2021 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della responsabilità civile per cose in custodia ex art. 2051 c.c, della rilevanza dell'eventuale condotta colposa del danneggiato e delle differenze con la responsabilità civile ex art. 2043 c.c

Venerdi 19 Febbraio 2021

Il caso: F.V. conveniva in giudizio l'Azienda Asl per sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguiti alle lesioni riportate allorquando, camminando sul marciapiede antistante il Pronto Soccorso dell'Ospedale di L., era inciampata in una mattonella sconnessa ed era rovinata a terra.

Il Tribunale rigettava la domanda, condannando l'attrice alla rifusione delle spese in favore della convenuta; la Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado, gravando l'appellante delle spese di lite: per la Corte territoriale la V. non aveva assolto l'onere di provare la «non visibilità del pericolo» e la «non prevedibilità dell'evento dannoso»; aggiungeva inoltre che ciò che si richiede al pedone «non è un comportamento normale, ma un comportamento diligente come esigibile in determinate situazioni contingenti secondo un criterio di normalità e di comune esperienza».

La V. ricorre in Cassazione, censurando la sentenza impugnata sotto diversi profili, alcuni dei quali si riportano qui di seguito:

a) la caduta «è legata eziologicamente all'irregolarità del marciapiede ed all'abbassamento di una delle mattonelle» e che «è indubbio che la caduta non sarebbe avvenuta se il marciapiede fosse stato regolare», cosicché «non si comprende in cosa sarebbe consistita la condotta imprudente della ricorrente, che per la Corte d'Appello avrebbe rappresentato la causa esclusiva dell'evento»;

b) il secondo giudice avrebbe errato non solo per aver riconosciuto un caso fortuito laddove totalmente assente, ma anche per averlo letto con gli occhiali propri del paradigma dell'art. 2043 c.c., in punto di visibilità e prevedibilità dell'insidia.

La Cassazione, nel ritenere fondare le censure della ricorrente, coglie l'occasione per ribadire quanto segue:

1) la Corte territoriale ha errato nel "leggere" la vicenda -deducente chiaramente un'ipotesi di responsabilità per danno cagionato da cose in custodia- sotto la lente propria del paradigma dell'art. 2043 c.c.: una siffatta impostazione risulta erronea alla luce della pacifica riconducibilità della fattispecie nel paradigma dell'art. 2051 c.c., e non in quello dell'art. 2043 c.c., senza possibilità di utilizzare, per l'accertamento della responsabilità del custode, categorie ad essa non pertinenti;

2) la eterogeneità tra i concetti di"negligenza della vittima" e di "imprevedibilità" della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode;

3) l'esclusione della responsabilità del custode, quando viene eccepita dal custode la colpa della vittima, esige un duplice accertamento: (a) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; (b) che quella condotta non fosse prevedibile: la condotta della vittima d'un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata;

4) nel caso specifico della caduta del pedone in corrispondenza di una sconnessione del marciapiede, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la sconnessione possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente);

In conclusione: “ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza della sconnessione o buca di un marciapiede, l'accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell'art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227,1 ° o 2° co. c.c.), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno”.

Allegato:

Cassazione civile sentenza n.4035 2021

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