Motociclista cade a causa di un dosso sulla strada: Comune responsabile

Motociclista cade a causa di un dosso sulla strada: Comune responsabile

La responsabilità ex art. 2051 cod. civ., per danni cagionati dalla condizione del manto stradale prescinde dalla prova della ricorrenza di una situazione di insidia, essendo sufficiente la dimostrazione del nesso tra «res» ed evento dannoso.

Lunedi 12 Maggio 2025

Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 8450/2025.

Il caso: Tizio e Mevio convenivano avanti al Tribunale il Comune perché ne fosse accertata la responsabilità in relazione al sinistro nel quale erano stati coinvolti nonché disposta la condanna al risarcimento dei danni: lamentava, in particolare, Tizio di aver subito danni al motociclo di sua proprietà, condotto in occasione dell’incidente da Mevio, il quale – a propria volta – chiedeva il ristoro dei danni alla propria persona, conseguenti alle lesioni riportate a causa della caduta al suolo, a causa di un dosso non segnalato.

Costituitosi in giudizio, il Comune contestava la domanda nel merito, rilevando la sussistenza di una concorrente responsabilità del conducente danneggiato.

Il Tribunale accoglieva la domanda, che però veniva rigettata in appello: la Corte distrettuale, pur inquadrando la presente vicenda nella fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ., affermava che:

  • la responsabilità della pubblica amministrazione per danni causati a persone che transitano su pubbliche strade, anche nel caso di danni cagionati da cattivo stato manutentivo della strada di proprietà dell’ente pubblico, doveva essere esclusa ove l’evento dannoso si fosse verificato per negligenza e disattenzione dell’utente;

  • in particolare, per i danni cagionati dalle strade di proprietà, la responsabilità della pubblica amministrazione era configurabile ove fosse provata dal danneggiato l’esistenza di una situazione insidiosa, caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità soggettiva dello stesso.

Tizio e Mevio ricorrono in Cassazione, censurando la decisione della Corte del merito per i seguenti motivi:

a) non aver fatto corretta applicazione dell’art. 2051 cod. civ. e dunque del regime di responsabilità oggettiva che connota la fattispecie disciplinata da tale norma, per la cui configurazione è sufficiente la sola dimostrazione del nesso causale tra la condizione della “res” custodita (nella specie, l’anomalia del manto stradale) e l’evento dannoso;

b) aver fatto un erroneo richiamo alla disciplina dell’art. 2043 cod. civ., alle inconferenti nozioni di insidia e trabocchetto e all’altrettanto fallace valorizzazione dei concetti di imprevedibilità ed inevitabilità con riferimento all’anomalia stradale, trattandosi, invece, di elementi destinati a connotare il comportamento dell’agente.

Per la Cassazione il motivo è fondato: sul punto ribadisce i seguenti principi:

A) la responsabilità ex art. 2051 cod. civ., proprio perché ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo, caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 cod. civ. nonché, indefettibilmente, la seconda, dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole;

B) deve ribadirsi – così pervenendo all’accoglimento del motivo – l’irrilevanza, sul piano dell’accertamento causale, della natura «insidiosa» della cosa in custodia o della percepibilità ed evitabilità dell’insidia da parte del danneggiato, trattandosi di elementi del tutto estranei alla fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ.:, il danneggiato non è onerato di provare altro all’infuori del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso e, in special modo, non certo di dare la prova positiva della natura insidiosa della prima o della carenza di propria colpa; elementi, questi, che spetta al custode provare come sussistenti con caratteristiche tali da consentire, in base ad un rigoroso apprezzamento di fatto, di raffigurarli come idonei ad attenuare o finanche ad elidere il nesso di causalità con la cosa custodita.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 8450 2025

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