Può il datore di lavoro richiedere il certificato del casellario giudiziale?

Avv. Michele Vissani.
Può il datore di lavoro richiedere il certificato del casellario giudiziale?

Un'analisi degli aspetti relativi alla richiesta del certificato del casellario da parte del datore sia al lavoratore che al candidato.

Martedi 8 Giugno 2021

Com’è noto, il certificato del casellario giudiziale “contiene i provvedimenti in materia penale, civile e amministrativa, i provvedimenti penali di condanna definitivi e i provvedimenti afferenti all’ esecuzione penale, i provvedimenti relativi alla capacità della persona – interdizione giudiziale, inabilitazione, interdizione legale, amministrazione di sostegno – i provvedimenti relativi ai fallimenti – i quali non sono più iscrivibili dal primo gennaio 2008 – i provvedimenti di espulsione e i ricorsi avverso questi”.

Come si interseca, nel rapporto di lavoro, nella sua costituzione, la possibilità per il datore di lavoro, di richiedere questo certificato e subordinare allo stesso la costituzione del rapporto di lavoro?
La questione, ancora una volta, va analizzata non solo in base alla casistica che, anche recentemente, ha dato luogo a pronunce di legittimità, ma proprio al principio della sussidiarietà delle fonti.

D’altro canto, bisogna in effetti considerare che, per alcune fattispecie, per alcune mansioni, relative perlopiù a certe professioni o a un rapporto di lavoro pubblico, la normativa, oramai più che ventennale, statuisce alcune preclusioni (C.f.r.: DPR 487/1995, articolo 2 e DPR 313/2002).
Così. infatti, “non possono accedere agli impieghi coloro che siano esclusi dall’elettorato politico attivo, nonchè coloro che siano stati destituiti o dispensati da un impiego presso una PA per persistente insufficiente rendimento….” (DPR 487/1994).

Ancora, più specificamente (DPR 313/2002), “il certificato del casellario giudiziale di cui all’articolo 24 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600 bis cp – 600 ter cp – 600 quater cp…..ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori”.

Come si vede, anche tacendo delle disposizioni, di cui al DPR 3/1957, vale a dire lo statuto degli impiegati civili dello Stato, con riguardo al momento genetico del rapporto di lavoro, sia pur esso un rapporto di lavoro pubblico, quello che conta, in definitiva, sono i doveri di correttezza e di buona fede, codificati anche alle norme di cui agli articoli 1175 cod. civ. e 1375 cod. civ. e comunque al momento formativo del vincolo contrattuale, più, forse, specificamente dagli articoli 1321 ss cod.civ..

E’ l’integrazione del regolamento contrattuale, infatti che, da un punto di vista meramente civilistico rileva. E’ comunque un pactum fiduciae che deve venire in essere perchè il rapporto sorga e si svolga correttamente.

In questo contesto, dunque, si colloca una recente sentenza di legittimità: la Cassazione 19012/2018.
La questione, come noto, riguardava un dipendente di Poste SpA., laddove, peraltro, una normativa (DM 75/2000) prescrive che il titolare può accedere ai dati giudiziari in quanto può non assumere personale che risulti condannato con una pena superiore a sei mesi e sottoposto a misure di sicurezza e prevenzione.

La Cassazione ha poi respinto il ricorso, motivando dall’articolo 8 della Legge 300/1970, il quale afferma che “è fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento di un rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche o sindacali del lavoratore”.

Bisogna, anche qui, precisare che, secondo le norme statutarie, il trattamento dei dati relativi a condanne è consentito per le valutazioni dell’attitudine del candidato, ma tale trattamento deve essere tenuto secondo adeguate garanzie per la tutela degli interessati.
Il significato della massima della Cassazione del 2018 è comunque chiarito da altra normativa, come anche dagli interventi del Garante Privacy.

Secondo quest’ultimo, infatti (Provvedimenti del 22.05,2018 nn. 314 e 315), “non costituisce idonea base giuridica del trattamento il rinvio al contratto collettivo nazionale di lavoro, in quanto troppo generico e sprovvisto di idonee garanzie per la tutela degli interessati”.
Nel caso della sentenza 2018 esaminato, difatti, la questione che si poneva era proprio quella relativa al rimando, fatto dalla normativa per l’assunzione in Poste SpA, sic et simpliciter, alla contrattazione collettiva.

Sia quindi la fonte normativa, vale a dire il CCNL che lo stesso contenuto normativo non sono strumenti idonei, nella costituzione e nelle vicende del rapporto di lavoro, perchè il datore, legittimamente, possa richiedere il certificato del casellario giudiziale di un proprio dipendente o anche di un candidato.

Ulteriormente essenziale, dunque, ad avviso di chi scrive, analizzare il disposto del Garante Privacy, secondo cui (art. 10 GDPR) “il trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati Membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati.
Un eventuale registro completo delle condanne penali deve essere tenuto soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica
”.

Nel ritornare brevemente a Cass. 2018 di cui sopra, com’è evidente, leggendo il disposto dell’articolo 10 GDPR non solo la norma di origine contrattuale non sarebbe idonea, non avendo forza normativa nè essendo generica,ma, sotto un aspetto di sussidiarietà delle fonti, tipico della disciplina del diritto del lavoro, è chiaro che la norma di legge, nel caso de quo, è quella atta a tutelare, anche dal punto di vista delle garanzie, il lavoratore allorchè, con un trattamento dei propri dati personali, vengano perpetrate ai propri danni violazioni di diritti.
In conclusione, perciò, come si ripete, il vincolo contrattuale, da un punto di vista strettamente civilistico può sorgere ed è perfettamente valido.

Solo allorchè il contratto deve essere integrato, nel caso di richiesta dei dati del casellario, la fonte normativa deve essere quella legislativa, laddove la stessa dia le maggiori garanzie per il lavoratore.

Allegato:

Cassazione civile sentenza 19012 2018

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