La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 5993 del 04/03/2020 esamina l'ipotesi in cui, nel corso del giudizio di divisione, intervenga l'espropriazione di alcuni terreni, caduti in comunione e ricompresi nelle quote oggetto di attribuzione, con conseguente ripercussione sul progetto di divisione.
Lunedi 9 Marzo 2020 |
Il caso: Il Tribunale di Palermo sezione distaccata di Bagheria decideva sulla domanda avanzata da C.M., anche quale unica erede di I.M.nei confronti dei germani F. e C., avente ad oggetto lo scioglimento delle comunioni ereditarie dei genitori, attribuendo all'attrice la terza e la quarta quota del progetto di divisione redatto dal CTU, assegnando la seconda quota a C., e la prima a F., con la condanna dei convenuti al conguaglio secondo quanto specificato sempre nel progetto di divisione.
F.M. proponeva appello, lamentando che non fosse stato integrato il contraddittorio nei confronti del Comune di Bagheria, che medio tempore aveva acquistato la proprietà di alcuni dei beni caduti in successione, sostenendosi altresì che ciò imponeva la redazione di un nuovo progetto di divisione che tenesse conto dell'avvenuta espropriazione dei beni da parte dell'ente locale.
La Corte d'Appello rigettava l'impugnazione rilevando che la circostanza dell'esproprio non poteva incidere sull'esito della divisione, in quanto era pacifico che i beni erano di proprietà del de cuius al momento della morte e che quindi facevano parte della massa.
F.M. ricorre in Cassazione, rilevando che:
- ben cinque terreni caduti in comunione erano stati espropriati dal Comune di Bagheria, ma a fronte di tale deduzione, che investiva quindi l'attuale appartenenza dei beni ai condividenti, e conseguentemente l'invalidità della divisione, che aveva ricompreso anche beni non più appartenenti alla comunione, la sentenza d'appello aveva reputato che la deduzione fosse inammissibile in quanto nuova, e che in ogni caso non poteva incidere sulla divisione, atteso che, essendo intervenuta l'espropriazione solo in corso di causa, non veniva meno il fatto che i beni ab origine erano caduti in successione.
Per la Cassazione la censura è fondata: sul punto vengono ribaditi alcuni principi in tema di divisione:
a) la stima dei beni va compiuta necessariamente con riferimento alla data in cui interviene la divisione (e ciò a prescindere dal valore che gli stessi avessero al momento dell'apertura della successione, che può avere invece rilievo ai diversi fini della riunione fittizia ovvero della collazione);
b) la necessità di attualizzare la stima a tale momento impone di ritenere che, se la sola eventualità di un'espropriazione possa incidere sulla stima dei beni, a maggior ragione debba tenersi conto dell'effettiva espropriazione che sottrae i beni stessi alla massa comune, occorrendo tenere conto ai fini della divisione, in luogo del bene, non più in proprietà dei condividenti, del diritto di credito all'indennità di espropriazione, diritto di credito a sua volta rientrante tra le componenti per le quali deve procedersi a divisione;
c) ne consegue che, attesa la necessità di dover adeguare, sin al momento in cui intervenga la pronuncia di divisione, la stima e la valutazione dei beni (anche per quanto attiene alla loro concreta identificazione, ben potendosi ritenere che ove l'espropriazione sia effettivamente intervenuta, nella massa comune al bene in natura debba sostituirsi il credito derivante dal riconoscimento dell'indennità di esproprio), non può essere tacciata di novità e quindi di inammissibilità la deduzione con la quale si sottoponga all'esame del giudice la sopravvenienza di un fatto idoneo ad influire sulla corretta formazione del progetto di divisione, soprattutto laddove si tratti di eventi verificatisi in corso di causa.
Esito: accoglimento del ricorso con rinvio