Con l’ordinanza n. 30711/2024, pubblicata il 29 novembre 2024, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla questione, ancora oggi molto dibattuta all’interno della giurisprudenza, relativa alle conseguenze derivanti dalla mancata riproposizione delle richieste istruttorie nel corso del giudizio in fase di precisazioni delle conclusioni.
Martedi 10 Dicembre 2024 |
IL CASO: La vicenda origina dal giudizio promosso da un uomo con il quale chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare in suo favore l’acquisto di un fondo per intervenuta usucapione abbreviata, ai sensi della legge n. 346/76.
Nel costituirsi in giudizio, il convenuto oltre ad opporsi alla domanda attorea, spiegava domanda riconvenzionale tesi alla declaratoria di illegittimità di alcuni lavori di aratura e semina effettuati dall’attore.
All’esito del giudizio, la domanda attorea veniva dichiarata improcedibile per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria.
La decisione di primo grado veniva parzialmente riformata dalla Corte di Appello in sede di gravame, la quale rigettava la domanda principale, dichiarando improcedibile la domanda riconvenzionale.
I giudici della Corte territoriale evidenziavano che l’opposizione avrebbe dovuto essere decisa nel merito e l’attore sostanziale non aveva reiterato in fase di precisazione delle conclusioni le istanze istruttorie svolte con l'atto di appello. Di conseguenza, la richiesta di prova orale, formulata, avrebbe dovuto ritenersi abbandonata e la fondatezza della domanda non dimostrata.
Pertanto, l’originario attore investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo, tra i vari motivi dell’impugnazione, l’erroneità della decisione della Corte di Appello per aver ritenuto che le istanze istruttorie dallo stesso formulate fossero state abbandonate.
Il ricorrente evidenziava che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di secondo grado, all’atto della precisazione delle conclusioni, aveva richiamato espressamente tutte le deduzioni, eccezioni e produzioni in atti formulate nei precedenti scritti difensivi. Pertanto, con la decisione impugnata, la Corte aveva violato il principio della garanzia del diritto di difesa e del giusto processo, come riconosciuto dagli stessi giudici della Suprema Corte di Cassazione.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dai giudici di legittimità i quali nell’accoglierlo, con rinvio della causa alla Corte di Appello di provenienza, hanno osservato che:
tutte le volte in cui la causa viene trattenuta in decisione senza che il giudice si sia pronunciato espressamente sulle istanze istruttorie avanzate dalle parti, il solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le dette istanze istruttorie, non consente al decidente di ritenerle abbandonate, ove la volontà in tal senso non risulti in modo inequivoco;
ai fini di accertare la volontà inequivoca di non insistere nella richiesta è necessario effettuare una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo;
della valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione.
Nel caso esaminato, hanno evidenziato gli Ermellini:
1. la sentenza impugnata ha affermato testualmente "Tuttavia nelle conclusioni rassegnate nelle note depositate telematicamente per l'udienza di precisazione delle conclusioni del 25.6.2020 - tenutasi con trattazione scritta ex art. 83 comma 7, lett. H) D.L. n. 18/2020 conv. In L. 27/2020 e modificato dal D.L. 28/20 - l'appellato non ha riproposto le proprie istanze istruttorie come sarebbe stato suo onere. Infatti, per consolidata giurisprudenza della S.C., la parte ha l'onere di reiterare le proprie istanze al momento della precisazione delle conclusioni";
2. con tale decisione, la Corte d’Appello, si è discostata dalla più recente giurisprudenza, non tenendo conto della valutazione circa la ritenuta volontà del ricorrente di abbandonare le istanze istruttorie, formulate con la comparsa di risposta senza valutare la condotta processuale;
3. la fattispecie è diversa dalle ipotesi in cui il giudice di merito abbia rigettato la richiesta di ammissione delle prove per testi, in esito ad uno scrutinio circa l'ammissibilità e la rilevanza dell'articolato proposto. In questi casi è onere della parte, oltre che di indicare specificamente i predetti mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, anche di dimostrare sia l'esistenza di un nesso eziologico tra l'omesso accoglimento dell'istanza e l'errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell'errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove;
4. pertanto, in sede di rinvio, al giudice di merito compete il giudizio sull'ammissibilità e la rilevanza dei capitoli di prova nonché verificare se, con l'omissione della riproposizione dell'articolato probatorio, la parte intendesse davvero rinunziarvi, ed, in ipotesi negativa, verificare l'ammissibilità e la rilevanza del contenuto dei singoli capitoli.