Non è diffamazione l'offesa in video chat

Avv. Federica Ascione.
Non è diffamazione l'offesa in video chat

Con la sentenza n. 10905 depositata il 31 marzo 2020, la Corte di Cassazione ha stabilito che chi offende qualcuno in un gruppo chat non commette il reato di diffamazione, bensì di ingiuria aggravata, se l’offeso è presente all’episodio.

Giovedi 9 Aprile 2020

La fattispecie riguarda il caso di un ragazzo accusato di aver diffamato un conoscente a causa di una discussione intercorsa tra i due durante una video chat vocale, a carattere temporaneo, sulla piattaforma Google Hangouts; rileva in particolare che il destinatario dei messaggi era solamente la persona offesa anche se altri soggetti potevano assistere all’episodio.

La Corte di Appello di Milano aveva confermato la sentenza di I grado che aveva condannato il  ragazzo per diffamazione. La Suprema Corte, cassando senza rinvio, preliminarmente ha compiuto una attenta disamina delle differenze tra il reato di ingiuria e quello di diffamazione affermando che entrambi i reati prevedono un’offesa.

Il reato di ingiuria, disciplinato dall’art.594 c.p., oggi depenalizzato, puniva l’offesa rivolta direttamente ad un altro soggetto, ad esempio durante una conversazione. L’ingiuria si considerava aggravata se a tali offese assistevano altre persone.

Il reato di diffamazione previsto dall’art. 595 c.p. stabilisce che il bene giuridico tutelato è la reputazione, intesa come l'opinione sociale dell'onore di una persona, la stima diffusa nell'ambiente sociale, insomma, ciò che gli altri pensano di una persona. L’offesa avviene indirettamente. L’offensore si rivolge ad altri parlando male di qualcuno con più di due persone oppure lo fa in forma scritta, per esempio, con un articolo di giornale.

Gli Ermellini, accogliendo il ricorso e cassando senza rinvio,  sono giunti alla conclusione che le espressioni offensive erano state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, anche alla presenza di altre persone ‘invitate’ nella chat vocale. Pertanto l’offeso non era rimasto estraneo alla comunicazione offensiva. Il reato contestato doveva quindi essere qualificato come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell’art. 594 del codice penale; illecito, quest’ultimo, depenalizzato ai sensi del D.Lgs. n. 7/2016.

Allegato:

Cassazione penale sentenza n.10905/2020

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