La motivazione contrasta con il dispositivo: rimedi esperibili

La motivazione contrasta con il dispositivo: rimedi esperibili

Con l'ordinanza n. 14944/2025, pubblicata il 4 giugno 2025, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla questione relativa al rimedio esperibile nel caso in cui nella sentenza emessa nell’ambito di un giudizio civile vi è contrasto tra la motivazione e il dispositivo.

Martedi 10 Giugno 2025

IL CASO: La vicenda esaminata riguarda l’impugnazione di una sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale, chiamata a decidere sull’appello promosso da una contribuente avverso una decisione della Commissione Tributaria Provinciale relativa all’impugnazione di diciassette cartelle di pagamento per vari tributi, aveva dichiarato la parziale cessazione della materia del contendere per alcune cartelle e rigettato l’istanza di correzione di errore materiale della sentenza di primo grado promossa dall’Agenzia delle Entrate, ritenendo che l’illogicità all’interno del corpo della motivazione non è assoggettabile al suddetto rimedio.

Avverso la decisione di secondo grado, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione deducendo, con un unico motivo, la violazione dell’art. 132 del codice di procedura civile, sostenendo la palese contraddittorietà tra la motivazione e il dispositivo.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale, nel rinviare la causa alla Corte di giustizia di secondo grado di provenienza, in diversa composizione, ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui:

- il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, poiché non consente di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione. Esso determina, invece, la nullità della pronuncia ai sensi dell'art. 156, secondo comma, cod. proc. civ;

- il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo previsto dagli artt. 287 e 288 cod. proc. civ. è esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento mediante il semplice confronto della parte che ne è inficiata con le considerazioni contenute in motivazione, difetto causato da mera svista o disattenzione e, come tale, rilevabile ictu oculi;

- non può farsi, quindi, ricorso a tale procedimento quando il giudice intenda sostituire completamente la parte motiva e il dispositivo precedenti, afferenti ad altra e diversa controversia avente in comune una sola delle parti, perché in questo modo si viene a conferire alla sentenza corretta un contenuto concettuale e sostanziale completamente diverso.

Pertanto, hanno concluso gli Ermellini, al procedimento di correzione è demandata la funzione di ripristinare la corrispondenza tra quanto il provvedimento ha inteso dichiarare e quanto ha formalmente dichiarato, in dipendenza proprio dell'errore o dell'omissione materiali, e non, quindi, di porre rimedio ad un vizio di formazione della volontà del giudice, funzione alla quale sono deputati i mezzi di impugnazione.

L'errore correggibile, infatti, consiste in un mero errore di espressione di una volontà in sé non viziata e deve essere riconoscibile dalla lettura del solo documento concernente la decisione e recante l'errore stesso.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 14944 2025

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