Mediazione, opposizione a decreto ingiuntivo e principio del ragionevole processo

Mediazione, opposizione a decreto ingiuntivo e principio del ragionevole processo
Lunedi 20 Gennaio 2020

“In tema di mediazione, la disposizione di cui all’art. 5 d.lgs. n.28 del 2010 è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale. In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira a rendere il processo la estrema ratio, cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità siano risultate precluse. Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve essere posto in capo alla parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.”.

Così ha chiarito la Corte d’Appello de L’Aquila con la recente sentenza n. 1634/19.

La vicenda prende le mosse a partire da un decreto ingiuntivo ottenuto da una Banca con sede a Pescara nei confronti di una ditta manifatturiera della provincia di Teramo.

Contro tale decreto ingiuntivo l’impresa ingiunta ha proposto opposizione nei termini di legge dinanzi al Tribunale. Il Giudice di prime cure ha dichiarato la domanda di condanna, avanzata dalla Banca opposta, improcedibile, per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione da parte della Banca stessa, e conseguentemente, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto.

Contro tale decisione la Banca ha proposto appello rilevando che il primo Giudice avrebbe erroneamente fatto conseguire alla decisione adottata la conseguenza di revocare il decreto ingiuntivo, laddove, invece, il Tribunale avrebbe dovuto valutare che gli effetti della non attività delle parti non potevano che rimanere circoscritti al mero giudizio di opposizione, senza incidere sul decreto ingiuntivo emesso in precedenza.

La Corte d’Appello aquilana, investita della questione, ha accolto l’appello ritenendolo fondato.

In particolare i Giudici di secondo grado hanno sottolineato che sul tema esiste un forte contrasto Giurisprudenziale tutt’ora non sanato. Inoltre, è stato rilevato che la medesima questione è stata recentemente demandata all’attenzione della Sezioni Unite della Cassazione con ordinanza n.18741/19.

Nonostante quanto descritto, la Corte territoriale ha aderito all’orientamento che trae origine dalla pronuncia della Suprema Corte n. 24629/15, secondo cui l’art. 5 del d.lgs n.28/10 ha funzione deflattiva e di efficientamento del sistema “Giustizia” e quindi va interpretato alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo. Da ciò consegue che l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione non può che essere posto in capo alla parte che ha interesse ad iniziare il processo.

Nel caso concreto, ovvero quello di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte che ha interesse ad iniziare il processo è l’ingiunto che ha il potere di avviare il processo di cognizione pieno proponendo tempestiva opposizione (Trib. Ascoli Piceno n. 860/19).

Infatti, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’attore in senso sostanziale, ovvero colui che ha proposto in precedenza il ricorso per il decreto di ingiunzione, per tal fatto ha già scelto uno strumento sommario con scopo deflattivo coerente con i principi generali dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. Questi ultimi già previsti in Costituzione e, su un piano sovranazionale, dall’art. 6 C.E.D.U. (Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo).

Quindi è sull’opponente che grava l’obbligo di esperire il tentativo di mediazione come condizione di procedibilità, in quanto è su di lui che si incardina l’interesse ad avviare il processo di cognizione piena contro il decreto ingiuntivo a cui si oppone e che ha subito.

Tali conclusioni ribadite dalla Corte d’Appello de L’Aquila trovano conferma in buona parte della Giurisprudenza che ha da qualche anno confermato che “è sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria - prevista quale condizione di procedibilità del giudizio dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010 - perché è l'opponente che intende precludere la via breve, per percorrere la via lunga. La diversa soluzione (porre il relativo onere a carico del creditore) sarebbe palesemente irrazionale, perché premierebbe la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.” (Cass. n. 24629/2015 e Cass. n. 23003/2019).

In conclusione possiamo rilevare che l’importanza dei metodi di risoluzione delle liti “alternativi al processo”, come la mediazione civile e commerciale o la negoziazione assistita, stanno assumendo sempre più un ruolo centrale in un Ordinamento nazionale e internazionale ormai incentrato sull’efficienza processuale.

Le spese processuali sono state compensate interamente dalla Corte d’Appello de L’Aquila.  

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