Locatore vieta al conduttore di detenere animali: clausola valida o vessatoria?

Locatore vieta al conduttore di detenere animali: clausola valida o vessatoria?
Venerdi 6 Giugno 2025

Corte d'Appello Napoli sent. n. 1254/2025

La vicenda ruota attorno ad un contratto di locazione dove, in violazione di una clausola dello stesso che prevede il divieto di detenere animali, la conduttrice detiene cani anche di grossa taglia. Non solo. Sempre la conduttrice, a dire del locatore, consentiva che le deiezioni canine espletate sul balcone venissero riversate negli spazi condominiali, causando disagio agli altri condomini costretti a subire il diffondersi di odori nauseabondi.

Inevitabile la richiesta di risoluzione del rapporto contrattuale per violazione della richiamata clausola e immediato rilascio dell’appartamento. La sentenza si distingue per alcuni temi che vengono trattati in primo e secondo grado. Con esiti esattamente opposti. Vediamoli.

Il Tribunale adito non ritiene efficace la clausola stabilendo che il conduttore avrebbe potuto detenere un animale domestico nell'abitazione locata a patto che questo non avesse causato danni all'immobile o disturbo ai vicini.

Un eventuale divieto di detenzione imposto al conduttore integrerebbe una clausola vessatoria. Primo elemento di rottura con una recente se pur copiosa giurisprudenza. Nel caso specifico però, risultando dall’istruttoria che il conduttore non aveva adottato le regole di cautela necessarie ad evitare fastidi ed inconvenienti ai condomini dello stabile, il Tribunale dichiara la risoluzione del contratto non per la sussistenza della clausola limitativa alla detenzione di animali quanto per grave inadempimento della conduttrice, condannandola al rilascio dell'immobile condotto in locazione.

Il conduttore propone appello.

La prima questione interessante è la ritenuta vessatorietà della clausola contenuta nel contratto di locazione che fa divieto di detenere animali al conduttore. Così qualificata dal Tribunale. Una natura vessatoria non condivisa dalla Corte di appello non potendo quella ricondursi alle ipotesi generali disciplinate dall'art. 1341, secondo comma c.c. . Esclusa la natura vessatoria della clausola, la Corte affronta il tema della nullità di una simile disposizione contrattuale. Tema assolutamente rilevante anche ai fini della mai sopita querelle circa i limiti della disposizione di cui all’art. 1138 ultimo comma c.c.

La Corte richiamata la normativa in tema di diritti e benessere animale come evidenziata dal conduttore appellante, entra nello specifico di essa evidenziandone la inidoneità a condurre alla sanzione della nullità. Cosa diversa dalla vessorietà ritenuta sussistere dal Tribunale.

Una normativa inidonea a minare l'autonomia contrattuale prevista dall'art. 1341 c.c. (il riferimento è all’art. 13 del Trattato Lisbona, alla Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, all’introduzione degli artt. 544 bis. e ss. del codice penale.)

Venendo all’art. 1138, ultimo comma, c.c. la Corte afferma che tale articolo si applica solo al regolamento condominiale approvato dall'assemblea ma non esclude una volontà contraria unanime dei condomini trasfusa in atto contrattuale. Ne consegue, a dire della Corte, anche in applicazione del principio codificato nell'art. 1322 cc, che sancisce la libertà di determinazione del contenuto dei contratti, che la previsione in esame non sconta alcuna nullità ex art. 1418 c.c. Quanto all’art. 2 della Costituzione dal quale parte appellante ne richiama una conseguente nullità della clausola del regolamento locativo, sempre la Corte sul punto è tranciante. Pur riconoscendo la rilevanza assunta dal rapporto uomo-animale d’affezione, tale riconoscimento non può spingersi a minare la stessa facoltà del proprietario di imporre limiti all'utilizzo del proprio bene, tenuto anche delle previsioni contenute nell'art. 42 della Costituzione.

Esaurite le questioni preliminari, la Corte affronta la questione della più o meno scarsa importanza dell’inadempimento contestato. Arrivando anche in questo caso ad una soluzione opposta a quella del giudice di primo grado. Svolto un interessante excursus sulle interpretazioni giurisprudenziali dell’art. 1455 c.c.. il giudice di secondo grado evidenzia come la violazione contestata (l'obbligo di non detenere animali) non riguarda prestazioni essenziali del contratto di locazione bensì esprime una mera obbligazione accessoria (paragonata all'obbligo di stendere il bucato negli appositi spazi riservati e di osservare quiete e rispetto per gli altri abitanti dello stabile). Non solo, la Corte sottolinea il comportamento del locatore che in costanza di pregresso rapporto aveva tollerato la detenzione degli animali da parte della conduttrice (la conduttrice deteneva già un cane al momento in cui la locazione aveva avuto inizio). Queste considerazioni, secondo la Corte, sarebbe già dirimenti. Ma la conclusione di non considerare grave l’inadempimento del conduttore tiene conto anche di un’altra circostanza.

Se è vero, come è vero che il locatore ha formalizzato una diffida ad adempiere al conduttore (facendo dunque allontanare gli animali), l'inutile decorso del termine fissato per l'adempimento non elimina la necessità della gravità dell’inadempimento. Non solo. Se è precluso a colui che abbia proposto domanda di risoluzione di pretendere la prestazione, così è vietato al convenuto (conduttore nel caso in esame) di eseguire la sua prestazione dopo la proposizione della domanda di risoluzione e sino alla pronuncia giudiziale, senza che il conseguente "forzato" perdurare del suo inadempimento nel corso del giudizio possa negativamente riflettersi sulla valutazione del comportamento pregresso, trasformando un inadempimento inizialmente "non grave" in inadempimento "grave" e perciò tale da legittimare l'accoglimento della domanda. A tanto si aggiunga una carente, per il locatore, fase istruttoria che non fa emergere il quadro rappresentato dal locatore.

Motivi che inducono la Corte di appello di Napoli a giungere ad una decisione opposta a quella del Tribunale. Non solo per quanto riguarda la validità della clausola posta nel contratto locativo che vieti la detenzione di animali ma anche per il non riconosciuto grave inadempimento contrattuale. Il tutto si traduce in un accoglimento dell’appello proposto.

Iscriviti gratis alla nostra newsletter


Aggiungi al tuo sito i box con le notizie
Prendi il Codice





Sito ideato dall’Avvocato Andreani - Ordine degli Avvocati di Massa Carrara - Partita IVA: 00665830451
Pagina generata in 0.006 secondi