A mente dell’articolo 136 del Testo unico delle spese in materia di giustizia, approvato con il D.P.R. n. 115 del 2002, qualora nel corso del giudizio sopravvengano modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello stato o risulti l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione, ovvero se l'interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il magistrato procede, con decreto, alla revoca del suddetto beneficio.
Avverso il decreto di revoca, l’interessato può proporre opposizione ai sensi dell’art. 170 del D.P.R. 115 del 2002.
Qualora la revoca venga adottata, anziché con un separato decreto, con la sentenza che chiude il processo dinanzi al giudice del merito, la parte che intenda impugnarla deve procedere con l’opposizione di cui all’art. 170 D.P.R. 115 del 2002 o deve avvalersi dei normali mezzi di impugnazione previsti per la sentenza che accoglie o rigetta la domanda (appello o ricorso per cassazione)?
La questione è stata affrontata recentemente dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 29228/2017, pubblicata il 6 dicembre scorso, con la quale i giudici di legittimità hanno affermato il seguente principio di diritto: “In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell'opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione".
IL CASO: Con sentenza emessa nel corso di un giudizio di appello, la Corte territoriale revocava il provvedimento con il quale il consiglio dell’ordine degli avvocati aveva ammesso l’appellante al patrocinio a spese dello stato, rilevando che lo stesso aveva agito in giudizio allegando ragioni manifestamente infondate. Contro il provvedimento di revoca del suddetto beneficio, l’appellante proponeva opposizione ai sensi dell’art. 170 del D.P.R. 115 del 2002, che veniva dichiarata inammissibile dal Presidente della Corte di Appello in quanto l’impugnazione andava, secondo il giudice del merito, proposta con i normali mezzi di impugnazione previsti per la sentenza e quindi nel caso di specie con il ricorso per Cassazione.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha evidenziato che:
secondo quanto più volte affermato dalla giurisprudenza degli stessi Giudici di legittimità, in mancanza di espressa previsione normativa, il mezzo di impugnazione avverso il provvedimento di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili è l'opposizione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, al presidente del tribunale o della corte d'appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di revoca, avendo tale opposizione, nel contesto del testo unico in tema di spese di giustizia, natura di rimedio di carattere generale, mentre l'impugnazione del decreto di revoca con ricorso diretto per cassazione può aversi nel solo caso, contemplato dall'art. 113 stesso D.P.R., in cui questo sia stato pronunciato sulla richiesta di revoca dell'ufficio finanziario, ai sensi dell'art. 112, comma 1, lett. d) corrispondente all'art. 127, comma 3 (Cass., Sez. 1, 27 maggio 2008, n. 13833; Cass., Sez. 1, 10 giugno 2011, n. 12744; Cass., Sez. 1, 23 giugno 2011, n. 13807; Cass., Sez. 1, 17 ottobre 2011, n. 21400; Cass., Sez. 6-2, 15 dicembre 2011, n. 26966; Cass., Sez. 1, 20 luglio 2012, n. 12719);
la previsione, da parte del legislatore del testo unico, che la pronuncia sulla revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato debba essere resa con la forma del separato decreto motivato, sottoposto a uno specifico e rapido rimedio impugnatorio (l'opposizione al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato), risponde ad un'esigenza di semplificazione, volendosi evitare che la questione in ordine alla sussistenza o al venir meno dei presupposti per l'ammissione al patrocinio dello Stato, che tocca il diritto fondamentale del non abbiente all'effettività del diritto di agire o di difendersi, venga a coinvolgere le altre parti del processo, divenendo terreno di una comune contesa;
la pronuncia della revoca con separato decreto, infatti, significa ed implica che l'opposizione al relativo provvedimento e il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che decide sull'opposizione si svolgono, non tra le parti del processo "principale", ma tra colui che aveva chiesto l'ammissione al patrocinio e l'Amministrazione statale: solitamente il Ministero della giustizia, soggetto passivo del rapporto debitorio scaturente dall'ammissione al beneficio, a meno che la revoca dell'ammissione al patrocinio sia chiesta dall'ufficio finanziario ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 127, comma 3, a seguito della verifica dell'esattezza dell'ammontare dei redditi dichiarati (fattispecie nella quale non può dubitarsi che l'Agenzia delle entrate sia parte necessaria del procedimento: Cass., Sez. 2, 26 ottobre 2015, n. 21700; Cass., Sez. 6-1, 12 novembre 2016, n. 22148);
l'opposizione prevista dall’art. 170 del D.P.R. n. 115 del 2002, ha natura di rimedio generale. Il sistema, non tollera una diversificazione del sistema impugnatorio unicamente sulla base dell'essere stata la pronuncia del provvedimento in tema di patrocinio inserita nel medesimo atto - la sentenza - che definisce il giudizio in relazione al quale la parte ha chiesto di avvalersi del beneficio;
la previsione, da parte del legislatore del testo unico, che la pronuncia sulla revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato debba essere resa con la forma del separato decreto motivato, sottoposto a uno specifico e rapido rimedio impugnatorio (l'opposizione al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato), risponde ad un'esigenza di semplificazione, volendosi evitare che la questione in ordine alla sussistenza o al venir meno dei presupposti per l'ammissione al patrocinio dello Stato, che tocca il diritto fondamentale del non abbiente all'effettività del diritto di agire o di difendersi, venga a coinvolgere le altre parti del processo, divenendo terreno di una comune contesa;
la pronuncia della revoca con separato decreto, infatti, significa ed implica che l'opposizione al relativo provvedimento e il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che decide sull'opposizione si svolgono, non tra le parti del processo "principale", ma tra colui che aveva chiesto l'ammissione al patrocinio e l'Amministrazione statale: solitamente il Ministero della giustizia, soggetto passivo del rapporto debitorio scaturente dall'ammissione al beneficio, a meno che la revoca dell'ammissione al patrocinio sia chiesta dall'ufficio finanziario ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 127, comma 3, a seguito della verifica dell'esattezza dell'ammontare dei redditi dichiarati (fattispecie nella quale non può dubitarsi che l'Agenzia delle entrate sia parte necessaria del procedimento: Cass., Sez. 2, 26 ottobre 2015, n. 21700; Cass., Sez. 6-1, 12 novembre 2016, n. 22148);
vi è quindi diversità dei soggetti interessati a contraddire sulla revoca dell'ammissione al patrocinio rispetto a quelli che sono parti della causa cui il beneficio dell'ammissione si riferisce;
l'opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ha natura di rimedio generale: il sistema, pertanto, non tollera una diversificazione del sistema impugnatorio unicamente sulla base dell'essere stata la pronuncia del provvedimento in tema di patrocinio inserita nel medesimo atto - la sentenza - che definisce il giudizio in relazione al quale la parte ha chiesto di avvalersi del beneficio.
Inoltre, la Corte ha ricordato che con la sentenza n. 7191/2016, gli stessi giudici di legittimità in un caso in cui la revoca ex tunc dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato era stata disposta con la stessa sentenza di primo grado anziché “con un provvedimento interinale”, hanno ritenuto che “ trattandosi di una pronuncia resa in sentenza, doveva essere impugnata con il rimedio ordinario dell’appello, senza che si potesse configurare la proposizione di un separato ricorso ex art. 99-170 t.u spese di giustizia n. 115 del 2002”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento non ha aderito al suddetto indirizzo, ritenendo adottabile il rimedio dell’opposizione e non quello dell’ordinaria impugnazione e, pertanto, ha accolto il ricorso e cassato l’ordinanza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello.