L'articolo in questione tratta prevalentemente della fattispecie della Causa di Forza Maggiore in riferimento alla gestione dei contratti a seguito delle ultime vicende relative alla problematica scatenata dalla Pandemia Covid19.
Viene affrontato la questione a livello interno e parzialmente internazionale, cercando di cogliere quelle che possono essere le possibili soluzioni e prospettive future.
Giovedi 16 Luglio 2020 |
A seguito alla rapida diffusione in Europa e nel mondo del coronavirus, segnalato per la prima volta alla fine del 2019 a Wuhan in Cina, l’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il COVID-19 una pandemia.
L’emergenza venutasi a creare a seguito di tale dichiarazione ha comportato delle decisioni da parte delle autorità sanitarie di vari Paesi che hanno inciso sul regolare adempimento contrattuale di molte imprese, che, in molti casi, non sono riuscite a rispettare i propri obblighi contrattuali, ponendo a carico dei giuristi la questione se tale fattispecie potesse farsi rientrare nelle ipotesi di causa di forza maggiore.
Da premettere che l’ordinamento italiano non prevede una espressa definizione di Causa di Forza Maggiore: ma è soltanto individuata per sommi capi dall’art. 1467 c.c., riconoscendo di fatto al debitore della prestazione la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto quando la prestazione dovuta sia diventata eccessivamente onerosa, per fatti straordinari ed imprevedibili, estranei alla sua sfera di controllo.
L’art. 1256 c.c. inoltre disciplina la impossibilità (temporanea e definitiva) della prestazione. In generale si ha impossibilità sopravvenuta quando:
- l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (1218 c.c.)
- l’evento stesso era imprevedibile, secondo la ordinaria diligenza,
- l’inadempimento è insormontabile, e il debitore abbia posto in essere tutte le ragionevoli possibilità per adempiere regolarmente.
Solo in questi casi la parte è sollevata da responsabilità e può chiedere la risoluzione del contratto, dandone comunicazione alla controparte. Tra le cause invocabili ai fini della “impossibilità della prestazione” indipendentemente dal comportamento dell’obbligato, rientrano gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’Autorità, come Decreti e Ordinanze, che rappresentano una esimente della responsabilità del debitore a prescindere dalle previsioni contrattuali in essere.
Da tener presente che in molti contratti di fornitura sono già presenti delle clausole che comportano la necessità di produrre documentazione per poter invocare la causa di Forza Maggiore. Le imprese sono tenute comunque a documentare anche mediante attestazione della propria Camera di Commercio le condizioni di Forza Maggiore derivanti dalla fase di emergenza sanitaria. In caso di mancata documentazione le imprese potrebbero subire la risoluzione dei contratti, con pagamento di penali e mancato rientro dei costi già sostenuti.
Il debitore, in ogni caso, ex art. 1256 c.c., cessata l’impossibilità, deve sempre eseguire la prestazione, indipendentemente da un suo diverso interesse economico che può, eventualmente, far valere sotto il profilo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, fenomeno di natura quantitativa, che si distingue dall'impossibilità sopravvenuta, che si riferisce ad un fenomeno di natura qualitativa.
Nell'eccessiva onerosità sopravvenuta, altresì, a differenza dell'impossibilità assoluta, la risoluzione può essere evitata con la decisione di "modificare equamente le condizioni del contratto" che spetta alla parte che non subisce gli effetti iniqui dell'evento sopravvenuto. Inoltre eventuali patti tra le parti, contenuti nei contratti in corso, che escludano l'applicabilità degli artt. 1463 e 1464 c.c. non dovrebbero considerarsi validi, a seguito della legislazione di emergenza, che tutela interessi di ordine pubblico e in quanto tali inderogabili.
Premesso ciò, va considerato che se da una parte il contraente inadempiente potrà invocare l’eccessiva onerosità sopravvenuta, dall’altra la controparte potrebbe proporre di riequilibrare la prestazione al fine di adempiere comunque il contratto stipulato, minimizzando cioè i danni subiti per entrambi. Perciò un giudice chiamato a decidere in merito ad un inadempimento al tempo del Covid 19 dovrà si valutare l’inadempimento in oggetto ma anche la necessità di rispettare le misure di contenimento.
A tal proposito è intervenuto il Decreto Cura Italia che con l’art.91 che ha integrato l’art. 3 del DL n. 6 del 23 febbraio 2020 prevedendo un comma 6 bis che recita espressamente quanto segue: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi versamenti”.
In ambito internazionale, principio generalmente riconosciuto è quello dei “pacta sunt servanda”: i contratti devono essere adempiuti da entrambe le parti. Le decisioni delle autorità sanitarie, sulle quali si basano poi le decisioni dei vari Stati, sono state prese a seguito di questo evento imprevedibile e sopravvenuto: si tratta quindi di una fattispecie esterna alla volontà delle parti che generalmente rientra nella categoria giuridica della Forza Maggiore. Nel commercio internazionale, le condizioni per l’applicazione della forza maggiore dipendono dalla legge applicabile al contratto. La Forza Maggiore è comunque un rimedio di civil law, che il contraente, impossibilitato ad adempiere, può invocare, per essere esonerato dalla responsabilità per danni da inadempimento o ritardo. I contratti internazionali e diverse leggi nazionali richiedono che il contraente impossibilitato ad adempiere per causa di Forza Maggiore debba informarne prontamente e adeguatamente la controparte, se del caso, allegando i certificati rilasciati dalle autorità pubbliche, insieme alla prova dell’evento di forza maggiore, in modo tale da limitare i danni.
Una volta accertata una causa di Forza Maggiore, le alternative potranno essere:
- la sospensione, che è indicata nei contratti internazionali di durata e nei casi in cui la situazione sia incerta o l’impedimento solo temporaneo;
- la rinegoziazione, che è tipicamente lo strumento per ricondurre ad equilibrio le prestazioni o per adeguare il contratto alla nuova realtà;
- la risoluzione, che è il rimedio generalmente previsto nei casi in cui risulti impossibile la prestazione.
Per il diritto cinese, la Forza Maggiore corrisponde ad una situazione obiettiva, imprevedibile, inevitabile e insormontabile (art. 117 legge sui contratti della Repubblica popolare cinese art. 117 legge sui contratti della Repubblica popolare cinese).
Per l’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci, di beni mobili in generale, ratificata sia dall’Italia (come anche dalla Cina) la Forza Maggiore è l’impedimento fuori dal controllo di una parte, non ragionevolmente prevedibile al momento della sottoscrizione del contratto, inevitabile e non superabile. Tale Convenzione prevede espressamente che deve risarcire il danno, la parte che non ha dato comunicazione alla controparte o l’abbia ritardata ingiustificatamente; spetta alla parte che invoca la forza maggiore fornire prova tempestiva e sufficiente. La Convenzione di Vienna nello specifico prevede che: “Una parte non è responsabile dell’inadempienza di uno qualsiasi dei suoi obblighi se prova che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indipendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze”.
Tuttavia, è da tener presente che il concetto di Forza Maggiore, che trae origine dal diritto romano e si ritrova nei Paesi di civil law, non è riconosciuto nei Paesi di common law, tra cui, Regno Unito e Stati Uniti, per i quali l’ipotesi di Forza Maggiore deve essere contrattualmente prevista per essere invocabile. Infatti, la teoria della “frustration” inglese e la dottrina americana dell’ “impractibility”, hanno una portata più limitata della “Forza Maggiore”. Pertanto una parte può invocare la Forza Maggiore solo se tale rimedio è contrattualmente disciplinato.
Va ricordato che nella prassi contrattuale internazionale, vengono spesso espressamente contemplati esempi da considerarsi riconducibili alla Forza Maggiore quali: terremoto, guerra o epidemia. Alcune clausole riconoscono la possibilità di invocare la Forza Maggiore anche quando la prestazione diventa eccessivamente onerosa, in tali casi si parla di “hardship”, fattispecie trattata spesso diversamente dalla Forza Maggiore, nei vari ordinamenti giuridici. La Camera di Commercio internazionale ha redatto una clausola standard di Forza Maggiore utilizzabile dagli operatori nella stipulazione dei contratti, con una dicitura specifica “ICC Force Majeure Clause 2003”.
In generale, non costituiscono cause di Forza Maggiore quegli eventi che rendono solo più difficile la prestazione. Pertanto, occorrerà verificare se, nei casi che stiamo vivendo in questo periodo, le restrizioni adottate dalle autorità sanitarie dei vari Paesi siano tali da compromettere l’adempimento di una parte e da giustificare l’esenzione da responsabilità per causa di forza maggiore, prevista dai vari ordinamenti. Nei contratti internazionali, molto spesso di durata, non è generalmente previsto che la causa di Forza Maggiore faccia cessare automaticamente la relazione contrattuale. La risoluzione del contratto è comunque inevitabile se la prestazione della controparte risulti impossibile o non più eseguibile. Inoltre, alcuni modelli di contratto internazionale, come quelli Fidic, nel settore delle costruzioni, prevedono che la risoluzione del contratto faccia automaticamente seguito alla comunicazione della causa di forza maggiore.
Da tener presente che il diritto italiano prevede che la parte impossibilitata totalmente da causa di Forza Maggiore non possa richiedere la controprestazione all’altra e debba restituire quanto ricevuto. Se l’impossibilità ha riguardato solo una parte della prestazione, la controparte avrà diritto ad una corrispondente riduzione (artt. 1463 e 1464 codice civile). Tali criteri restitutori si ritrovano spesso nei contratti internazionali. Ad esempio, la clausola modello di Forza maggiore dell’ICC (2003), prevede che la parte che abbia tratto un beneficio dal contratto parzialmente eseguito, debba comunque compensare l’altra in misura equivalente al beneficio ricevuto (cfr. Pubblicazione 650 dell’ICC Pubblicazione 650 dell’ICC). Nei contratti internazionali di fornitura e distribuzione, dove maggiore è l’interesse a conservare la relazione, è spesso previsto il rimedio della sospensione ed è indicata la durata della sospensione per un tempo breve, variabile da alcune settimane ad alcuni mesi. La sospensione non può prolungarsi in maniera indefinita: infatti spesso viene stabilito che, decorso un certo termine, il contratto debba essere risolto o rinegoziato.
In Italia è previsto, come anche in altri ordinamenti, che se l’impossibilità temporanea si protrae per un lungo periodo, è consentita la risoluzione del contratto da parte del creditore che non abbia più interesse alla prestazione dell’altra parte o, comunque, qualora non abbia più un apprezzabile interesse ad una prestazione solo parziale (art. 1256, 2° comma e art. 1464 codice civile). Nel caso in cui invece, vi sia incertezza sia sulla durata che sulla portata dell’impedimento, si potrà optare per la rinegoziazione contrattuale, nel caso in cui il contratto stesso non prevede nulla in tal senso, concordando un prolungamento della durata del contratto per un tempo pari al periodo di sospensione, oppure si potrà riequilibrare le prestazioni delle parti, adeguandole alla mutata situazione. Un accenno va fatto anche alle cd. clausole MAC, material adverse change clause o material adverse effect, che solitamente vengono inserite nella maggior parte dei contratti di acquisizione di partecipazioni societarie, ed anche di progetti di fusione e scissione, in particolare a livello internazionale. Nella contrattualistica italiana, la clausola assume la denominazione di “clausola di assenza di effetti sfavorevoli”. Non siamo nell’ambito della forza maggiore o della cosiddetta hardship, che si ha nei contratti di lunga durata. Si tratta di una clausola legata ad effetti sfavorevoli intervenuti fra il momento dell’accordo e quello della chiusura contrattuale. Secondo alcuni la MAC rappresenta una condizione sospensiva, una specie di “ultima fuga dal contratto”. Invece di indicare espressamente gli eventi che rendono operativa la MAC, si possono menzionare quelli che escludono l’applicazione della clausola stessa, che, per cui resta valida per tutte le altre cause che non sono menzionate, come accade spesso negli Stati Uniti, soprattutto a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001, Tale clausola risponde all’esigenza di far fronte ad un quadro di rischiosità crescente legata ad uno scenario internazionale imprevedibilmente e improvvisamente mutevole. In realtà, in una prospettiva di comparazione, si ritiene che le Clausole Mac svolgono una funzione analoga all’impossibilità sopravvenuta, all’eccessiva onerosità sopravvenuta di cui agli artt. 1463 c.c. e 1467 c.c.
Gli strumenti per operare in casi di eventi eccezionali e sopravvenuti sono molteplici e spetta all’interprete individuare, caso per caso, e in base alla legislazione interna ed internazionale le soluzioni idonee per l’interesse particolare e collettivo.