Fallimento e opponibilità del decreto ingiuntivo non opposto e delle spese di esecuzione

Fallimento e opponibilità del decreto ingiuntivo non opposto e delle spese di esecuzione

Con l’ordinanza 2289/2025, pubblicata il 31 gennaio 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui presupposti affinchè possa essere considerato opponibile al fallimento (oggi liquidazione giudiziale) il decreto ingiuntivo non opposto e sull’ammissibilità alla massa fallimentare delle spese sostenute dal creditore per la fase esecutiva intrapresa sulla scorta del predetto titolo.

Venerdi 7 Febbraio 2025

IL CASO: Nella vicenda esaminata, una società chiedeva di essere ammessa, in via privilegiata, al passivo del fallimento di una sua debitrice, sulla scorta di un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, in virtù del quale aveva iscritto ipoteca giudiziale su un immobile della fallita, prima dell’apertura della procedura concorsuale, e per le spese sostenute a seguito dell’azione esecutiva immobiliare intrapresa nei confronti di quest’ultima.

Il credito richiesto veniva escluso dal Giudice Delegato.

Pertanto, avverso il decreto di esecutività dello stato passivo, la creditrice proponeva opposizione ai sensi dell’art. 98 della legge fallimentare.

La decisione del Giudice delegato veniva confermata dal Tribunale il quale, nel rigettare l’opposizione allo stato passivo, condivideva quanto deciso in sede di verifica, osservando che il decreto ingiuntivo non era opponibile alla massa in quanto, seppur notificato e non opposto entro la scadenza del termine previsto dall’art. 641 del Codice di procedura civile (40 giorni dalla notifica), era stato dichiarato definitivamente esecutivo, ai sensi dell’ art. 647 c.p.c., successivamente all’apertura della procedura concorsuale.

La società creditrice, rimasta soccombente in entrambe le fasi di merito, proponeva ricorso per cassazione, deducendo, tra i vari motivi del gravame:

- la violazione e la falsa applicazione degli artt. 324, 641, 645 c.p.c., 2700, 2909 c.c., 45, 52, 95 e 96 legge fallimentare, per aver il tribunale erroneamente attribuito efficacia costitutiva del giudicato alla dichiarazione di esecutività di cui all’art. 647 c.p.c., in quanto il provvedimento monitorio, al pari di una sentenza, diviene definitivo - passa cioè in giudicato formale e sostanziale - una volta decorso il termine per impugnarlo, ovvero per proporre opposizione, essendo sconosciuto all’ordinamento un meccanismo per cui siffatto giudicato debba essere accertato da un giudice prima di poter esplicare i suoi effetti;

- la violazione e la falsa applicazione degli artt. 95 c.p.c., 2755, 2770 e 2777 c.c., per avere il tribunale escluso dall’ammissione allo stato passivo le spese della procedura esecutiva che la stessa aveva promosso nei confronti della fallita.

LA DECISIONE: In merito alle questioni sollevate dalla ricorrente la Corte di Cassazione, richiamando precedenti giurisprudenziali di legittimità, ha osservato che:

- il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall'art. 124 o dall'art. 153 disp. att. c.p.c., e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio, che si pone come ultimo atto del giudice all'interno del processo d'ingiunzione ed a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Di conseguenza, il decreto ingiuntivo non munito del decreto di esecutorietà prima della dichiarazione di fallimento, non è opponibile alla procedura concorsuale, non essendo passato in cosa giudicata formale e sostanziale, né lo diviene nel caso in cui il decreto ex art. 647 c.p.c. venga emesso successivamente;

- il momento in cui il decreto ingiuntivo passa in cosa giudicata formale e sostanziale e diventa opponibile al fallimento non può che coincidere con la data di emissione del decreto di esecutività, con il quale il giudice accerta la regolarità della notificazione del provvedimento. Sono, quindi, irrilevanti altri eventi anteriori quali l’attestazione della cancelleria o l’istanza del creditore ingiungente;

- le spese della procedura esecutiva e le spese che rappresentano un accessorio di legge delle spese processuali sono a carico del debitore, e devono essere ammesse al passivo del suo fallimento, anche quando alla procedura non sia opponibile il titolo in base al quale è stata promossa l'esecuzione;

- il privilegio previsto dagli artt. 2755 e 2770 c.c. per gli atti di espropriazione, certamente applicabile anche in caso di fallimento del debitore, presuppone, infatti, la sussistenza del relativo credito nei confronti del fallito indipendentemente dalle condizioni per il riconoscimento del privilegio, perché le citate disposizioni attribuiscono il diritto di prelazione, ma non il diritto di credito che è preesistente e si fonda sul generale principio dettato dall'art. 90 c.p.c. Tali spese, inoltre, non possono essere limitate agli esborsi, ma si estendono anche a quelle relative a tutte le attività poste in essere dal creditore per promuovere e proseguire l'espropriazione sino al momento della dichiarazione di fallimento.

- Pertanto, l’inopponibilità alla massa dei creditori del decreto ingiuntivo, non munito di decreto di esecutività ex art 647 c.p.c., preclude l’ammissione allo stato passivo delle spese liquidate nel decreto monitorio, ma non impedisce al creditore di far valere in sede fallimentare le spese sostenute nel procedimento esecutivo.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 2289 2025

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