Con due sentenze emesse a distanza di pochi giorni, la Corte d’Appello di Roma (sentenza n°37 del 03 gennaio 2025) e la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 1002 del 15 gennaio 2025) hanno confermato il principio della parziarietà dei debiti condominiali, specificando le singole responsabilità di condomìnio, condòmini ed amministratore, introducendo interessanti chiarimenti in materia di responsabilità aquiliana.
Mercoledi 19 Febbraio 2025 |
LE DUE VICENDE
I. Nel caso trattato dalla Corte d’Appello di Roma, una società condòmina si opponeva al precetto, notificatole da un soggetto risultato vittorioso, nei confronti del suo condomìnio, a seguito di un giudizio di risarcimento per danni da infiltrazioni, eccependo l’assenza di un titolo esecutivo nei suoi confronti e dunque il difetto di legittimazione passiva, non essendo stata, a suo dire, parte del giudizio presupposto.
Risultata soccombente in primo grado, la società opponente impugnava la decisione, ribadendo di non aver partecipato al giudizio generatore del credito, sosteneva l’inapplicabilità dell’art. 63 disp. att. cc, vertendo il caso specifico in materia di responsabilità aquiliana e non contrattuale, e concludeva che l’unico principio applicabile alla sua specifica fattispecie sarebbe stato quello, enunciato dalla S.C. con la sentenza n°12715/2019, secondo il quale il soggetto creditore avrebbe dovuto far ricorso all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal Condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 cpc e ss., e non intimare direttamente il pagamento al terzo.
La Corte d’Appello, ampiamente argomentando in motivazione, confermava la decisione di primo grado sostenendo, quanto al difetto di legittimazione passiva, che “il giudicato formatosi all'esito di un processo in cui sia stato parte l'amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio, atteso che il -omissis- è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Sez. 3, Sentenza n. 12911/2012, vd. anche sent. n. 4436/2017)”.
Quanto all’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 63 disp. att. c.c. anche in caso di illecito ex art. 2043 c.c., i Giudici Capitolini hanno chiarito che “Non vi sono ragioni per escludere l’applicabilità del citato art. 63, anche nell’ipotesi di responsabilità extracontrattuale del -omissis-. - La norma, come si è detto, tutela i condomini da eventuali richieste di pagamento unico e solidale, che prescinda dall’effettiva quota di partecipazione, e, per converso, responsabilizza il condominio, che può essere aggredito, per l’intero, in relazione ai beni mobili od immobili di cui dispone. Il creditore che sceglie di aggredire i singoli condomini può chiedere solo un adempimento parziario della obbligazione, in proporzione della quota millesimale e con il beneficio di escussione dei condòmini morosi”.
Quanto infine, e più in generale, alle responsabilità personali dei condomini in relazione ai debiti condominiali, la Corte d’Appello ha definitivamente affermato che “la giurisprudenza si è, poi, orientata nel senso della parziarietà delle obbligazioni contrattuali assunte dal condominio (Cass., a sez. unite, sent. n. 9148/2008; sent. n. 14350/2017) e, nel solco di questa pronuncia, è intervenuta la modifica dell’art. 63 norme attuazione cod. civile, prevedendo, al secondo comma, che i creditori non possono agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri”.
II. Nella vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione, invece, un soggetto conveniva in giudizio il proprio amministratore di condominio per ottenere i nominativi dei condòmini morosi e le rispettive quote millesimali, onde conseguire il soddisfacimento di propri crediti, derivanti da due sentenze da lui ottenute contro il condominio medesimo.
Il Tribunale respingeva la richiesta, ritenendo sufficiente una comunicazione parziale già fornita dall’amministratore, senza indicazione delle quote millesimali.
La Corte d’Appello, incaricata del gravame, accoglieva il ricorso del condòmino, stabilendo che l’amministratore fosse obbligato a comunicare tutti i dati, comprensivi di riparto, secondo millesimi e codici fiscali, sottolineando come il legittimato passivo dell'azione volta alla condanna alla consegna dell'elenco dei morosi fosse l'amministratore in proprio, seppure nella sua qualità di rappresentante del Condominio.
L’amministratore impugnava la decisione in Cassazione, che ha respinto il ricorso, ribadendo che, secondo parte della giurisprudenza, l’obbligo di comunicazione grava sull’amministratore in proprio e che il mancato rispetto comporta una responsabilità extracontrattuale, trattandosi di un dovere imposto dalla legge a tutela dei creditori.
Evidenzia la Cassazione che detta tesi è sostenuta, in via prevalente, anche da autorevole dottrina, ma che esiste altro indirizzo giurisprudenziale, non condiviso dagli Ermellini, che muove dalla considerazione che il dovere di comunicazione dei condomini morosi, da parte dell’amministratore di condominio, è posto anche nell’interesse dei condomini in regola con i pagamenti, sicché l’adempimento di tale dovere rientra tra gli obblighi caratterizzanti il suo operato, che deve essere adempiuto con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176, comma 1, c.c.), in adempimento delle disposizioni di cui agli artt. 1130, 1131 e 1135 c.c., rispetto alle quali l’amministratore risponde, a titolo di responsabilità contrattuale, ex art. 1218 c.c.
A sostegno della sua opinione contraria, la Corte ha precisato che il contratto di amministrazione condominiale è un contratto tipico, non riconducibile alla prestazione d’opera intellettuale e che l’amministratore di condominio non necessariamente agisce sempre nell’interesse dei condòmini, ma talora addirittura in contrasto con essi (v. art. 1129, comma 9 c.c. e art. 1131 c.c.).
In tale quadro normativo -proseguono i Giudici di Piazza Cavour- si pone l’art. 63 disp. att. c.c., che impone all’amministratore di fornire ai creditori insoddisfatti che lo interpellino i dati dei condòmini morosi, chiarendo non solo che “. tale obbligo esula dagli obblighi interni al rapporto di mandato corrente tra amministratore e condomini … esso è espressione di un obbligo legale di cooperazione col terzo creditore posto direttamente in capo alla persona dell’amministratore e non costituisce affatto adempimento o incombenza finalizzata all’attuazione del programma obbligatorio corrente con il condominio, alla stregua del contratto di amministrazione” ma, soprattutto, che “. si tratta di un obbligo derivante dalla legge e gravante sull’amministratore in proprio e non quale amministratore del condominio, la cui violazione integra un’ipotesi di responsabilità aquiliana”.
Chiarisce infine la Cassazione che il ritardo dell’amministratore nella comunicazione al terzo creditore dei dati dei condomini morosi è potenzialmente idoneo a causare un danno allo stesso creditore insistendo dunque sul fatto che quello, nella sua qualità di rappresentante del condominio, è destinatario di un comando fissato dalla legge a tutela dei creditori del condominio.
“Ne consegue -conclude la Corte- che legittimato passivo nell’azione di condanna alla comunicazione dei dati dei morosi è l’amministratore in proprio e non il condominio in persona dell’amministratore”.
L’EVOLUZIONE NORMATIVA E GIURISPRUDENZIALE
In ordine ai principi che regolano le obbligazioni condominiali, ricordiamo innanzitutto che queste si possono suddividere in due grandi categorie:
le obbligazioni interne, quelle cioè intercorrenti fra condòmini e condomìnio, caratterizzate dal principio della parziarietà, in virtù del quale ciascuno è tenuto a pagare nei limiti della propria quota millesimale, e
le obbligazioni esterne, ovvero quelle contratte dal condominio, nella sua veste giuridica di ente di gestione, privo cioè di personalità giuridica, che si ripercuotono sui singoli condomini e regolate dall’art. 63 disp. att. c.c.
Ebbene, sino alla fine degli anni ‘90, la giurisprudenza di legittimità aveva sempre affermato la natura solidale delle “obbligazioni esterne”, ritenendo qualunque obbligazione assunta dall’amministratore, in nome e per conto del condominio e nei limiti delle sue attribuzioni, direttamente imputabile ai condomini, a prescindere dalla quota millesimale di pertinenza e dal fatto che lo stesso avesse già eventualmente provveduto a versarla, con la conseguenza che il creditore, in applicazione del principio generale stabilito dall’art. 1294 c.c., era legittimato ad esigere il pagamento di quanto dovutogli sia nei confronti del condominio sia, indifferentemente, nei confronti dei singoli condomini.
Una successiva evoluzione giurisprudenziale, più favorevole ad una responsabilità parziaria, ha determinato un contrasto giurisprudenziale tale da richiedere l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite la quale, al fine di dirimere l’incertezza venutasi a creare fra gli operatori del diritto, con la sentenza “capostipite” n. 9148 del 08 aprile 2008 ha definitivamente stabilito:
“In riferimento alle obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque, nell'interesse del condominio, nei confronti di terzi, in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un'obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l'amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie”.
Spianata, come spesso accade, dalla giurisprudenza, la via del cambiamento, con la riforma del condominio poco dopo introdotta dalla Legge 11 dicembre 2012, n. 220, il modificato art. 63 disp. att. c.c., veniva, così e fino ancora ad oggi, a disporre: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.”
La prima innovazione introdotta dunque dal primo comma della menzionata norma, è l’obbligo dell’amministratore (pena sua personale responsabilità, in caso contrario, come sopra meglio illustrato) di comunicare al creditore i nominativi dei condomini morosi, affinché questo possa procedere esecutivamente nei loro confronti.
Con il secondo comma, invece, viene introdotto il beneficium exscussionis in favore dei condomini adempienti, i quali non potranno essere sottoposti ad esecuzione forza, se non dopo un tentativo infruttuoso nei confronti dei morosi.
Venendo dunque al tema delle ripartizioni per quote e delle singole responsabilità dei condòmini per i debiti assunti dal condomìnio, né Corte d’Appello né Cassazione risultano introdurre nelle loro sentenze elementi di novità, riportandosi piuttosto entrambe alla evoluzione normativa e giurisprudenziale, testé sommariamente riferita, autorevolmente consolidandola.
Quanto alla Suprema Corte, questa ribadisce che il debito sussidiario di garanzia del condomino solvente è subordinato alla preventiva escussione del moroso, che detto debito è limitato alla rispettiva quota di quest'ultimo e non all'intero debito verso il terzo creditore (Cass., sez. II, 17/02/2023 n.5043) e che “agli effetti della disciplina dettata dai primi due commi dell’art. 63 disp. att. cc. deve intendersi come condomino moroso il partecipante che non abbia versato all'amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel creditore, mentre è "obbligato in regola con i pagamenti" il condomino che abbia adempiuto al pagamento della propria quota afferente alle medesime spese nelle mani dell'amministratore”.
Il tutto riassumibile nella seguente sintesi: “La Legge di Riforma del condominio ha recepito la natura parziaria delle obbligazioni del Condominio, secondo la ricostruzione dogmatica operata da Cass., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148, nel senso che, in riferimento alle obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque, nell'interesse del condominio, nei confronti di terzi la responsabilità diretta dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote”.
CONCLUSIONI
I. In riferimento alle obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque nell'interesse del condominio, nei confronti di terzi, vincolando l'amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie.
II. In tema di condominio negli edifici, l’obbligo di comunicare ai creditori i nominativi dei condòmini morosi, previsto dall’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., grava direttamente sull’amministratore in proprio e non sul condominio. L’omissione o il ritardo nella trasmissione di tali dati configura una responsabilità extracontrattuale a carico dell’amministratore, in quanto trattasi di un obbligo legale di cooperazione con il creditore e non di un atto di rappresentanza del condominio.
III. Il soggetto che, ottenuta sentenza di condanna nei confronti del condominio a titolo di responsabilità extracontrattuale, sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto a seguito dell’esecuzione forzata svolta verso quest’ultimo, può agire anche verso i singoli condomini, previa notifica anche a loro del titolo esecutivo e del precetto.