Con l'ordinanza n. 21657 del 5 settembre 2018 la Suprema Corte di Cassazione è tornata sulla questione delle conseguenze derivanti dalla notifica di una sentenza presso la cancelleria del Tribunale ove il destinatario ha eletto il domicilio.
Il caso: Il Tribunale dichiarava inammissibile, perché tardivo, l'appello proposto dall'Automobil Club d'Italia ACI avverso la sentenza con cui il Giudice di Pace lo aveva condannato a restituire a L.M. la somma di € 154,84, per indebito pagamento di una tassa automobilistica, oltre interessi e spese.
L'ACI ricorre in Cassazione, che decide per l'inammissibilità del ricorso osservando quanto segue:
l’odierno ricorrente è stato rappresentato nel giudizio d’appello, anche disgiuntamente, dagli Avvocati Luca M., Francesco G. ed Aureliana P, giusta procura generale alle liti ha eletto domicilio presso la sede dell’Avvocatura Generale dell’ACI in Roma, ed ha dato facoltà ai difensori nominati di eleggere domicilio anche in altri luoghi;
di tale facoltà si sono avvalsi i difensori che hanno eletto domicilio presso la cancelleria del tribunale adito, indicando "comunicazioni all’indirizzo avvocatura aci.it";
la sentenza d’appello, munita della formula esecutiva, è stata notificata il 13.3.2014 all’ACI in persona del legale rappresentante pro tempore, e per esso al procuratore costituito presso cui elegge domicilio Avv. Aureliana P., elettivamente domiciliata presso la cancelleria del Tribunale di Trani e la consegna è stata effettuata a mani del funzionario addetto;
il ricorso, consegnato in data 23.9.2014, per la spedizione ai sensi della L. n. 53 del 1994 è, dunque, tardivo, dovendo trovare applicazione il termine breve di cui all’art. 326 c.p.c.;
non rileva peraltro che la sentenza notificata il 13.3.2014 fosse munita di formula esecutiva, in quanto la notifica, effettuata nel domicilio eletto presso il difensore, id est in modo equivalente a quella attuata ex artt. 170 e 285 c.p.c. nei confronti del procuratore costituito della parte, è, appunto, idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per proporre ricorso per cassazione di cui all’art. 325, co 2, c.p.c.