Con la sentenza n. 3050 del 10 febbraio 2020 la Corte di Cassazione si pronuncia in tema di scioglimento della comunione ereditaria in relazione al diritto del coerede di ricevere una determinata somma per le migliorie apportate all'immobile caduto in successione.
Venerdi 14 Febbraio 2020 |
Il caso: M.R. e D. M. convenivano avanti al tribunale i due fratelli germani R. e A. nonché la madre S.M., con domanda di scioglimento della comunione ereditaria sui beni relitti dal padre, deceduto nel 1974; nei confronti del germano R. veniva proposta domanda di condanna al pagamento dei frutti civili e di resa del conto.
R.M. eccepIva la prescrizione del credito avente ad oggetto i frutti civili e proponeva domanda riconvenzionale di accertamento dell'usucapione in suo favore di beni immobili e terreni pertinenziali, nonché di rimborso della somma di euro 150.000,00 pari al costo dei lavori di ristrutturazione di uno degli immobili indicati.
Il Tribunale, previo rigetto delle eccezioni e della domanda riconvenzionale, disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria e condannava R.M. al pagamento dei frutti per l'uso esclusivo di un immobile.
In sede di appello, proposto da R.M., la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la condanna al pagamento dei frutti solo periodo successivo alla domanda giudiziale, confermando nel resto la decisione di primo grado.
R.M. ricorre in Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1720 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ per il mancato riconoscimento in suo favore del rimborso delle spese di ristrutturazione dell'immobile da lui abitato, facente parte dell'asse ereditario.
Per la Suprema Corte il motivo è fondato e sul punto ribadisce il seguente principio di diritto: “il coerede che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie può pretendere, in sede di divisione, non già l'applicazione dell'art. 1150 cod. civ. - secondo cui è dovuta un'indennità pari all'aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti - ma, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per la cosa comune, esclusa la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non di debito di valore”.
Nel caso in esame, una volta accertato, a mezzo della CTU, l'esistenza di opere realizzate da R.M. su uno degli immobili oggetto della comunione ereditaria, nonché il presumibile costo delle stesse, la Corte d'appello avrebbe dovuto riconoscere il rimborso.
Esito: accoglimento del ricorso con rinvio