A mente dell’articolo 12 bis della legge n. 899 del 1970, contenente disposizioni sulla “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio", meglio conosciuta come legge sul divorzio “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza.
Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”.
Quindi i presupposti affinché l’ex coniuge possa ottenere la quota del trattamento di fine rapporto riconosciuta all’ex marito alla cessazione dell’attività lavorativa, sono:
1.il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio;
2. il mancato passaggio dell’ex coniuge a nuove nozze;
3. l’ex coniuge deve essere titolare di assegno di mantenimento.
Il diritto a ricevere la quota del trattamento di fine rapporto non spetta se questo matura nel corso del giudizio di separazione. Infatti, in questi casi, potrebbe solo incidere sulla determinazione dell’importo dell’assegno di mantenimento o comportare la modifica della separazione (Cass. 29/09/2005 n. 19046).
Con l’ordinanza n. 7239/2018, pubblicata il 22 marzo scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al significato da attribuire all’espressione contenuta nell’articolo 12 bis della legge sul divorzio circa il diritto riconosciuto all’ex coniuge di ottenere la quota del trattamento di fine rapporto anche se “l’indennità viene a maturare dopo la sentenza” di divorzio. Secondo i Giudici di legittimità, l’ex coniuge non ha diritto a percepire la quota del TFR dell’ex nel caso in cui il ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio viene depositato successivamente alla data di maturazione del diritto.
IL CASO: La vicenda esaminata dai Giudici di legittimità nasce dall’appello promosso dall’ex marito avverso la sentenza con la quale il Tribunale aveva riconosciuto all’ex moglie il diritto a percepire una quota del TFR spettante al primo. Il gravame veniva accolto. Pertanto, l’ex moglie proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello deducendo, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 bis della legge 898 del 1970, sostenendo che la Corte d’appello aveva erroneamente escluso il diritto a percepire la quota di TFR richiesta, dovendosi individuare, quale elemento temporale di riferimento a tal fine, quello in cui il TFR entra definitivamente nella disponibilità del coniuge e non quello in cui sorge il relativo diritto.
LA DECISIONE: Secondo gli Ermellini:
l’espressione, contenuta nell’art. 12-bis della legge 1° dicembre 1970, n. 898, secondo cui il coniuge ha diritto alla quota del trattamento di fine rapporto anche se questo «viene a maturare dopo la sentenza» implica che tale diritto deve ritenersi attribuibile anche ove il trattamento di fine rapporto sia maturato prima della sentenza di divorzio, ma dopo la proposizione della relativa domanda, quando invero ancora non possono esservi soggetti titolari dell’assegno divorzile, divenendo essi tali dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio ovvero di quella, ancora successiva, che lo abbia liquidato.
poiché la “ratio” dell’art. 12 bis della legge n.898/1970 è quella di correlare il diritto alla quota di indennità, non ancora percepita dal coniuge cui essa spetti, all’assegno divorzile, che in astratto sorge, ove spettante, contestualmente alla domanda di divorzio, ancorché di regola venga costituito e divenga esigibile con il passaggio in giudicato della sentenza che lo liquidi, ne derivi che, indipendentemente dalla decorrenza dell’assegno di divorzio, ove l’indennità sia percepita dall’avente diritto dopo la domanda di divorzio, al definitivo riconoscimento giudiziario della concreta spettanza dell’assegno è riconnessa l’attribuzione del diritto alla quota del T.F.R. (Cass. 06/06/2011 n. 12175; Cass. 20/06/2014 n. 14129);
la suddetta interpretazione risulta coerente con la natura costitutiva della sentenza di divorzio e con la possibilità, ai sensi dell’art. 4, decimo comma, legge n. 898 del 1970, di stabilire la retroattività degli effetti patrimoniali della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio a far data dalla domanda (Corte di Cassazione, 17/12/0213 n. 1309);
la Corte di Appello avendo individuato nella data di cessazione del rapporto di lavoro, a seguito di licenziamento, quella in cui è sorto il diritto dell’ex marito al trattamento di fine rapporto negando, conformemente a quanto statuito dall’orientamento della stessa Corte di legittimità, il diritto dell’ex coniuge di riceverne una quota, ha correttamente applicato l’articolo 12 bis della legge 898/1970 in quanto il ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio è stato proposto successivamente alla maturazione del diritto del TFR in capo al marito.
Pertanto, sulla scorta delle suddette osservazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e confermato la sentenza della Corte di Appello che aveva rigettato il diritto dell’ex moglie a ricevere la quota del TFR maturata dall’ex marito.