Creditore soccombente in primo grado e successivo fallimento del debitore: azioni esperibili

Creditore soccombente in primo grado e successivo fallimento del debitore: azioni esperibili

Nel caso in cui nel corso del giudizio di appello promosso da un creditore, rimasto soccombente all’esito del giudizio di primo grado avente ad oggetto l’accertamento del proprio credito, la debitrice viene dichiarata fallita e il giudizio interrotto, cosa deve fare il creditore per far accertare il suo credito?

Giovedi 1 Luglio 2021

Deve riassumere il giudizio di appello o deve depositare la domanda di ammissione al passivo nella procedura concorsuale?

La questione è stata esaminata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11741/2021, pubblicata il 5 maggio 2021.

IL CASO: La vicenda riguarda il giudizio promosso da un camionista, dipendente di una S.r.l., il quale conveniva quest’ultima innanzi innanzi al Tribunale al fine di vedersi riconoscere il diritto al risarcimento dei danni subiti durante un viaggio di lavoro a causa del malfunzionamento del freno a mano del camion che si era messo in movimento investendolo.

Il Tribunale rigettava la domanda del camionista. Pertanto, quest’ultimo proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. Il giudizio di appello veniva, però, interrotto a seguito dell’intervenuto fallimento dell’originaria convenuta e successivamente riassunto dal camionista.

La Corte territoriale dichiarava l’appello inammissibile, ritenendo che il camionista avrebbe dovuto presentare mediante l’insinuazione al passivo.

La questione, quindi, giungeva all’esame della Corte di Cassazione sul ricorso promosso dal camionista, il quale riteneva, invece, che nel caso in cui il fallimento interviene dopo una sentenza di primo grado, non definitiva, ed ancorchè negativa, ossia di rigetto della pretesa nei confronti dell'imprenditore fallito, il creditore deve proseguire nell'appello e non già proporre insinuazione al passivo.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso dando ragione all’indomito camionista e nell’accoglierlo ha osservato che:

1. come affermato in altri arresti giurisprudenziali di legittimità sia pure sotto il vigore della disciplina previgente, ma ritenuta, per la questione esaminata, non mutata dopo la riforma, "la norma della L. Fall., art. 95, comma 3, - nel testo applicabile "ratione temporis", anteriore alla sostituzione disposta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 80, - va interpretata estensivamente e trova applicazione, pertanto, anche nel caso in cui il fallimento sopravvenga alla sentenza di rigetto, anche solo parziale, della domanda proposta da un creditore, il quale deve, quindi, impugnarla, onde evitarne il passaggio in giudicato; tale interpretazione estensiva è coerente con il principio di durata ragionevole del processo, ex art. 111 Cost., e trova conforto nella più recente formulazione della L. Fall., art. 96, comma 2, n. 3." (Cass. 26041/2010);

2. quanto previsto dal comma 2 n. 3 dell’art. 96 della legge fallimentare secondo il quale sono ammessi con riserva “i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento”, deve essere interpretato estensivamente, in modo da ricomprendere anche i crediti oggetto di accertamento negativo da parte di una sentenza non passata in giudicato e pronunciata prima della dichiarazione di fallimento;

3. la ratio di questo orientamento è quella di evitare il passaggio in giudicato della sentenza negativa emessa a sfavore del creditore se quest’ultimo fosse costretto non già ad impugnarla, ma ad insinuarsi al passivo del fallimento, facendo dunque valere la sua pretesa sotto diverse forme: quelle del giudizio concorsuale; per contro, il creditore che abbia avuto un accertamento negativo del suo credito, prima che il debitore fallisca, ha necessità di impugnare quell'accertamento, proprio per evitare che altrimenti diventi giudicato.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 11741 2021

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