Fallimento: l’efficacia probatoria delle buste paga per l'ammissione al passivo

Fallimento: l’efficacia probatoria delle buste paga per l'ammissione al passivo

Con l’ordinanza n.17312/2022, pubblicata il 27 maggio 2022, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa all’efficacia probatoria delle buste paga ai fini dell’ammissione del lavoratore di una società fallita al passivo del fallimento di quest’ultima.

Lunedi 6 Giugno 2022

IL CASO: La vicenda esaminata prende le mosse dalla domanda depositata da una lavoratrice nell’ambito di una procedura fallimentare la quale chiedeva di essere ammessa, in via privilegiata, al passivo del fallimento del proprio datore di lavoro a titolo di ferie non godute, di indennità di mancato preavviso e a titolo di tredicesima e quattordicesima mensilità, oltre alle spese legali liquidate in due decreti ingiuntivi emessi in suo favore.

La domanda veniva rigettata dal Giudice Delegato. Anche la successiva opposizione allo stato passivo veniva rigettata dal Tribunale il quale riteneva, fra l’altro, relativamente al credito vantato a titolo di differenze retributive, che la prova delle stesse non potesse essere fornita dal lavoratore tramite la produzione di buste paga.

Pertanto, la lavoratrice investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo, fra i vari motivi dell’impugnazione la violazione e/o falsa applicazione del terzo comma n. 2 e 3 dell’art. 93 della legge fallimentare, deducendo l’erroneità della decisione impugnata, avendo il Tribunale ritenuto la busta paga non idonea a fornire la prova della fondatezza del credito per il quale era stato richiesta l’ammissione al passivo del fallimento.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale nell’accoglierlo con rinvio al Tribunale di provenienza, in diversa composizione, ha ricordato il costante orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo cui “in tema di accertamento dello stato passivo, le buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest'ultimo, possono essere utilizzate come prova del credito oggetto di insinuazione, considerato che ai sensi della L. n. 4 del 1953, art. 3 la loro consegna al lavoratore è obbligatoria, ferma restando la facoltà del curatore di contestarne le risultanze con altri mezzi di prova, ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l'inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice (Cass. n. 18169/2019; v. anche: n. 17413 del 2015; cfr., da ultimo, Sentenza n. 32395 del 11/12/2019). 

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.17312 2022

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