Con l’ordinanza n. 13006/2019, pubblicata il 15 maggio 2019, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’efficacia probatoria delle buste paga in sede di ammissione al passivo fallimentare del credito del lavoratore.
Venerdi 31 Maggio 2019 |
I Giudici di legittimità, con la suddetta decisione, hanno ribadito che le buste paga hanno piena efficacia probatoria della sussistenza del rapporto di lavoro tra il lavoratore e il datore di lavoro dal quale provengono e quindi sono opponibili al fallimento in sede di verifica dello stato passivo ai fini dell’ammissione del credito del lavoratore.
IL CASO: La vicenda nasce dal rigetto della domanda di ammissione al passivo depositata da un lavoratore a seguito della dichiarazione di fallimento del proprio datore di lavoro. La domanda veniva rigettata in quanto, secondo il Giudice Delegato, il lavoratore non aveva fornito idonea prova del credito richiesto. Avverso il provvedimento di esclusione, il lavoratore proponeva opposizione. Il Tribunale, dopo aver preso atto del contenuto delle buste paga e del CUD relativo all’ultimo anno del rapporto di lavoro, accoglieva parzialmente l’opposizione ammettendo il lavoratore al passivo per una somma inferiore rispetto a quella richiesta con la domanda di insinuazione, escludendo la richiesta delle somme relative a ferie, permessi ed ex festività non goduti, osservando che nessuna prova era stata fornita dal lavoratore in merito. Pertanto, quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione deducendo che le buste paga, rappresentando la copia di competenza del lavoratore del libro unico del lavoro, fanno piena prova nei confronti del datore di lavoro, ai sensi degli artt. 2709 e 2710 cod. civ. e costituiscono una confessione stragiudiziale di cui il giudice avrebbe dovuto tenere conto.
LA DECISIONE: Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto errata la decisione impugnata nella parte in cui il Tribunale ha posto a carico del lavoratore l’onere probatorio del fatto costituito delle sue pretese senza tener conto di quanto riportato nelle buste paga che erano state prodotte, anche per il fatto che sulla loro formazione non erano state formulate contestazioni da parte della curatela. Pertanto, gli Ermellini, nell’accogliere il ricorso e cassare il provvedimento impugnato con rinvio ad altro Tribunale in diversa composizione, hanno ribadito il principio secondo il quale le buste paga hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente chiede di essere ammesso al passivo del fallimento del proprio datore di lavoro, ove munite dei requisiti previsti dall’articolo 1, comma 2, della legge n. 4 del 1953 (vale a dire alternativamente, della firma, della sigla o del timbro).
La suddetta efficacia probatoria, hanno concluso gli Ermellini, deriva dal fatto che il contenuto delle buste paga è obbligatorio e sanzionato in via amministrativa e, come tale, è di per sé sufficiente a provare il credito maturato dl lavoratore.