La pronuncia d’appello in commento tratta due interessanti temi in materia di successione a titolo particolare nel diritto controverso e di possibilità di rimessione al primo giudice per vizio di notifica a mezzo pec.
In primo grado una società ha chiesto ed ottenuto la declaratoria di legittimità del proprio recesso da un contratto di locazione con una società di gestione poi subentrata a un fondo; in appello la locataria ha dedotto la nullità della sentenza per inesistenza della notifica del ricorso e del decreto di fissazione udienza del primo grado per mancata prova dell’incombente in modalità telematica nonché per difetto di legittimazione passiva del convenuto.
Seguendo la giurisprudenza prevalente ed esaminando gli elementi probatori offerti ritenuti ammissibili ai sensi dell’art. 437 c. 2 c.p.c, la corte territoriale piemontese ha ritenuto correttamente legittimato – nonostante la mancata trascrizione ex art.li 2643 e 2645 c.c. – il soggetto che è subentrato nel fondo quale avente causa nella posizione giuridica passiva cui inerisce la pretesa dedotta in giudizio (Cass. 8316/2003) facendo applicazione dell’u.c. dell’art. 111 c.p.c. per esigenze di tutela del soggetto non coinvolto dal fenomeno successorio dal rischio di ottenere una pronuncia inutiliter data, legittimando l’appellante pur non essendo stato parte in primo grado.
In relazione all’invocato paracadute di cui all’art. 327 c. 2 c.p.c., però - posta la notifica del gravame effettuata ben oltre i sei mesi previsti dalla Legge – il Giudice di seconde cure osserva che detta norma è applicabile solo al contumace del primo grado in ragione di un principio di ordine generale diretto a garantire stabilità e certezza dei rapporti giuridici: nel caso di specie, l’appellante non era stato parte del giudizio né come interveniente né come terzo chiamato e tanto meno ha dato prova della mancata conoscenza dell’appello argomentando di aver ricevuto un messaggio pec privo di certificazione e comunque ad un indirizzo telematico non corretto.
In realtà, osserva la Corte, il messaggio era stato inviato all’indirizzo Pec estratto dal Registro ufficiale (Reginde) e che detta missiva conteneva i previsti tre files firmati digitalmente in maniera corretta ed uno di essi aveva la dicitura “Notificazione ai sensi della L. 53/94” contestando che è onere della parte ricevente aprire i files, verificarne il contenuto ed eventualmente confrontarsi con il subentrato posto che sul tema opera la c.d. presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. quando la comunicazione è stata regolarmente accettata dall’indirizzo pec del destinatario contenuto nel registro nazionale non essendoci dunque spazio per la rimessione al primo giudice ai sensi e per gli effetti dell’art 354 c. 1 c.p.c. con conseguente rigetto dell’appello e condanna al pagamento, oltre che delle spese di lite, anche dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 c. 1 bis d.P.R. 115/02.