Qualora nel condominio minimo, formato da due solo condomini, non si raggiunge l’accordo per la gestione delle parti comuni, è necessario rivolgersi al giudice attraverso il procedimento camerale previsto dall’art. 1105 codice civile, il quale all’ultimo comma statuisce : “ Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”.
Questo è quanto statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5329/2017, pubblicata in data 2 marzo 2017.
Nel caso sottoposto al vaglio dei Giudici della Cassazione, uno dei due condomini, dopo aver convocato l’assemblea al fine di decidere il tipo di lavori da eseguire sulla palazzina di proprietà comune e dopo che l’altro condomino non si era presentato, decideva di procedere all’esecuzione degli stessi e successivamente richiedeva al Giudice di Pace l’emissione del decreto ingiuntivo nei confronti dell’altro condomino che avverso il suddetto provvedimento proponeva opposizione. Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione. Avverso la sentenza di rigetto proponeva appello l’altro condomino. Il Tribunale riformava la sentenza di primo grado e revocando il decreto ingiuntivo, ordinava al creditore ingiungente di restituire le somme percepite in favore dell’altro condomino. Il Tribunale motivava la sua decisione evidenziando, fra l’altro, che il decreto ingiuntivo era stato ottenuto sulla scorta di una delibera condominiale affetta da nullità radicale se non addirittura da inesistenza, in quanto essendo in presenza di un condominio minimo, composto da solo due condomini, per le deliberazioni era necessaria l’unanimità, cosa che nel caso di specie non era avvenuta, in quanto la delibera era stata adottata da uno solo dei partecipanti al condominio. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per Cassazione il condomino ingiungente lamentando fra i vari motivi la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1136, 1139, 1105 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver il Tribunale ritenuta nulla o inesistente la delibera in quanto assunta solo da un condomino, stante l’assenza dell’altro condomino , facendo confusione tra il concetto di unanimità e quello di totalità che non sarebbero assimilabili, in quanto l’unanimità si può formare sia in caso di accordo tra i partecipanti sia nel caso in cui la decisione viene presa da un solo condomino quando l’assemblea è stata regolarmente convocata e l’altro condomino non partecipi. In subordine, secondo il ricorrente, la delibera era da considerarsi annullabile e quindi impugnabile entro il termine dei trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. Cosa che nel caso di specie non era avvenuta.
La Suprema Corte di Cassazione nel rigettare il ricorso e condannare il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, ha osservato che:
1. Secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2046 del 31/01/2006, le norme del codice civile che disciplinano il condominio di edifici trova applicazione anche nel caso di condominio minimo, cioè composto da due soli partecipanti.
2. Le norme del codice civile in materia di condominio sul funzionamento dell’assemblea si applicano al condominio cosiddetto minimo, quando l’assemblea è costituita regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e le delibere vengono votate all’unanimità e cioè con la partecipazione alla discussione di entrambi i comproprietari;
3. Nel caso in cui non si dovesse raggiungere l’unanimità e non si decida in quanto la maggioranza non può formarsi oppure si decida in maniera contrastante e ancora nel caso in cui alla riunione è presente solo uno dei comproprietari e l’altro è assente, è necessario ricorrere all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1105 c.c., lasciando quindi al Giudice prendere i provvedimenti opportuni ivi compresa l’eventuale nomina di un amministratore.