Ci risiamo. Collare antiabbaio si, collare antiabbaio no. La parola nuovamente alla Corte di Cassazione. La sentenza, recentissima, è la n. 35847 del 2023.
Giovedi 7 Dicembre 2023 |
Viene impugnata la condanna di Tizio (inflitta da un Tribunale) alla pena di euro 3.000 di ammenda per il reato di cui all'art. 727 c.p.. Nel caso scrutinato il cane di Tizio era stato trovato con addosso un collare antiabbaio provvisto di due pioli di metallo a contatto diretto con il collo, pioli che emettevano scosse elettriche ad ogni vibrazione delle corde vocali (tale automatico funzionamento era stato accertato in sede dI ritrovamento del cane).
Tizio (proprietario del cane) ricorre in Cassazione sostenendo che non di collare antiabbaio si trattava bensì di un collare da addestramento, suscettibile di provocare scosse elettriche (e quindi dolore all'animale) nel solo caso di utilizzo attraverso un apposito comando azionato a distanza. Ergo, prosegue il ricorrente, per ritenere l'integrazione del reato occorre dimostrare il concreto utilizzo dell'apparecchio in modalità produttiva di scossa elettrica con conseguente produzione delle gravi sofferenze inflitte all’animale.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso.
E’ importante comprendere quali sono le motivazioni a fondamento della decisione della Corte.
Primo. Il collare in questione non appartiene alla tipologia di quelli suscettibili d'essere comandati a distanza - per i quali soltanto è necessario accertare se gli stessi siano stati o meno azionati al fine di verificare la concreta produzione di gravi sofferenze - bensì, a quelli che determinavano in automatico scosse elettriche al latrare del cane. Tanto emerge dalla testimonianza resa dell'ufficiale di polizia giudiziaria che ebbe a ritrovare, disperso, il cane di Tizio.
Secondo. Tizio sostiene invece che il collare appartenga alla prima tipologia e che alcun comando era stato azionato. Ergo la doglianza di Tizio si si risolve in una contestazione della ricostruzione del fatto che nel giudizio avanti la Corte di Cassazione è inammissibile per precise regole procedurali e processuali.
Terzo. Nel non breve tempo in cui il cane si era allontanato dal Tizio, percorrendo almeno 7-8 Km. e vagando in strada sì da ostacolare il traffico, lo stesso aveva ragionevolmente abbaiato così azionando gli impulsi elettrici produttivi di quelle gravi sofferenze che certamente integrano il contestato reato di detenzione dell'animale in condizioni incompatibili con la sua natura (art.727 c.p.). Tanto emerge coerentemente nella sentenza di primo grado.
Questa dunque la vicenda processuale. La sentenza che ne è seguita è stata accolta con molto entusiasmo da molti. Ritenuta anticipatoria di una definitiva abolizione di questo strumento di tortura. Una sentenza finanche definita storica in alcuni commenti.
Mi permetto fare osservare che la Corte di Cassazione non è entrare nel merito dei fatti come accertati dal giudice di primo grado, dando pieno credito alla sentenza del Tribunale che aveva appurato che al cane fosse stato apposto un collare elettrico antiabbaio ad azionamento automatico. Epilogo sicuramente apprezzabile e nell’interesse del cane ma conseguenza “obbligata” di regole processuali.
Rimane il fatto che nulla viene detto circa l’eventualità di un collare privo di automatismo. Ma non solo. Ancora una volta non viene riconosciuto come sussistente la più grave ipotesi di cui all’art. 544 tre cp e questo perché non viene considerata dirimente la condotta di utilizzo ex se (finalità educativa/addestramento) ma le conseguenze sull'animale ovvero le sofferenze a seguito dell'uso dello strumento usato per l'addestramento.
Come avrebbe detto qualcuno, la domanda nasce spontanea: quale sarà mai l’utilità di collari elettrici se non finalizzati a provocare dolore e spavento in coincidenza di determinate risposte del cane? Se ciò che fa la differenza è la modalità di utilizzo e non lo strumento utilizzato possiamo allora sostenere che se il pilota di MotoGp corre in modo attento e prudente il motociclismo non può considerarsi uno sport pericoloso. Oppure, tanto per essere più chiari, che se il cacciatore è attento e comprensivo l’animale cacciato non soffre.
Chiudo ricordando il passaggio di una importante sentenza del Tar Lombardia, la n. 651 del 2 agosto 2023. Nel porsi il problema di individuare fino a che punto potesse essere estesa la tutela del benessere dei cani, e degli animali d'affezione in genere, quando fossero coinvolti interessi pubblici o privati di segno opposto (necessità addestrative; sicurezza nei contatti con le persone o con altri animali), il TAR Lombardia conclude che tenendo in debito conto che le esigenze dell’addestramento e della sicurezza potrebbero richiedere strumenti in grado di assicurare un blocco rapido ed efficace dell’animale, l’utilizzo della pettorina appare costituire una alternativa al collare a strozzo salvo dimostrarsi la non perfetta sostituibilità dei due strumenti.