Bullismo: responsabilità per culpa in vigilando e legittimazione passiva del Miur

Bullismo: responsabilità per culpa in vigilando e legittimazione passiva del Miur

Le amministrazioni scolastiche agiscono in veste di organi statali e non di soggetti distinti dallo Stato onde, essendo riferibili direttamente al Ministero gli atti posti in essere dal personale (docente e non docente), nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando dello stesso, legittimato passivo è il Ministero e non l'Istituto

Giovedi 6 Maggio 2021

Il caso: Il Tribunale di Potenza, con sentenza n. 380, depositata il 12 aprile 2021, ha accolto la domanda risarcitoria avanzata dal genitore di un minore, vittima di aggressione fisica all'interno dell'istituto scolastico frequentato, ad opera di un coetaneo. Il ricorrente evocava in giudizio il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sentirlo condannare al risarcimento del danno patrimoniale e non subìto dal figlio, sostenendo che l'aggressione si sarebbe realizzata a causa del mancato controllo da parte del personale docente dell'istituto.

In particolare si sottolineava che i docenti, oltre alla mancata osservanza dell'obbligo di vigilanza sul minore, avrebbero anche omesso di informarlo a seguito dell'accaduto, tanto che solo all'uscita del bambino da scuola, constatava le ecchimosi e i graffi presenti sul viso del figlio e, prontamente, provvedeva a far refertare le lesioni presso il pronto soccorso del circondario di residenza.

Il Miur si costituiva contestando il solo difetto di legittimazione passiva, sostenendo che l'eventuale responsabilità del fatto dovesse ricadere in capo all'istituto scolastico ovvero ai genitori dell'alunno aggressore per “carente educazione al proprio figlio”.

Preliminarmente, il giudice di merito ha disatteso l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sostenendo trattasi di “un'eccezione del tutto dilatoria, superata da decenni di univoca giurisprudenza contraria alla tesi sostenuta dal convenuto e da questi ben nota per la serialità ultradecennale delle questioni trattate”. Il d.P.R. n. 275/99 ha sì conferito alle amministrazioni scolastiche autonomia gestionale ed amministrativa ma restano pur sempre organi del Ministero e, pertanto, gli atti posti in essere dal personale docente e non docente, nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a colpa in vigilando dello stesso, legittimato passivo è il Ministero e non il singolo istituto.

Il Tribunale ha ricondotto la fattispecie all'art. 2048, comma 2, c.c., il quale stabilisce che:”i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”. Prosegue l'articolo: “le persone indicate nei commi precedenti sono liberate dalla responsabilità se provano di non aver potuto impedire il fatto”. In applicazione dei suddetti principi, il Tribunale ha statuito che l'amministrazione scolastica è tenuta a rispondere del fatto illecito commesso dagli allievi minori sottoposti alla sua vigilanza, a meno che non venga provato che non si è potuto impedire il fatto. “E' a carico della scuola la prova del fatto impeditivo e cioè dell'inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto, da allegare e provare in relazione al caso concreto (vds Cass. n. 8811/20; Cass. n. 9983/2019; Cass. n. 6444/2016; Cass. n. 15321/2003)”.

L'alunno è stato autorizzato dall'insegnante a recarsi nei bagni dell'istituto da solo: nessuno ha provveduto ad accompagnarlo né ad accertare che lo stesso fosse rientrato in classe. Solo dopo quaranta cinque minuti dalla fine della ricreazione, l'insegnante si accorgeva dell'assenza del bambino dall'aula. Pertanto, in mancanza di prova contraria, la condotta omissiva dell'insegnante ha prodotto nel minore danni patrimoniali e non patrimoniali. Quanto ai primi, il CTU “ha stimato un danno emergente per un importo pari ad € 4.400,00 per spese odontoiatriche che il minore ha sostenuto e dovrà sostenere per le terapie e cure occasionati dalla lesione degli incisivi inferiori”.

Quanto al danno non patrimoniale, il Tribunale, si è riportato alle argomentazioni addotte dall'ordinanza n. 7513/2018 della Terza Sezione della Cassazione e, pertanto, per il danno biologico, il CTU ha accertato un'invalidità permanente pari al 1%, una I.T.P. al 75% di giorni 7 ed una I.T.P. al 50% di ulteriori 7 giorni. Secondo il Tribunale, non vi sono le condizioni per il riconoscimento della cd. personalizzazione del danno e ciò in quanto non è stato dimostrato, da parte della difesa della vittima, il pregiudizio eventualmente arrecato ad un'attività dalla stessa svolta, avente “connotati specifici, “eccezionali” e “peculiari”.

E' stato riconosciuto anche il danno morale, diritto autonomo rispetto al danno biologico, “trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, quindi, meritevole di un compenso aggiuntivo”. La sofferenza interiore del minore si è tradotta in stati d'animo caratterizzati dalla paura, dalla vergogna e dalla disistima nei confronti degli insegnanti, del gruppo dei pari e dei familiari. Il bambino si attarda a far ritorno in aula per non “farsi vedere dall'insegnante e dagli amici di classe nella particolare condizione di sconfitto e umiliato dalla disputa avuta con altro coetaneo”. Così come riprende a frequentare la scuola a distanza di molti giorni rispetto all'accadimento del fatto, a dimostrazione del malessere interiore provato.

Ritenute sufficientemente provata l'omessa vigilanza da parte del personale docente e ausiliario non docente, il Tribunale di Potenza ha condannato il Miur:

- a risarcire al genitore esercente la potestà sul minore, la somma complessiva di € 6.697,25 oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda al soddisfo;

- al pagamento in favore dell'attore, delle spese di lite, liquidate in complessivi € 3.224,54;

- al pagamento in favore dell'attore dell'ulteriore somma determinata equitativamente in € 1.000,00, ex art. 96, comma 3, c.p.c.



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