Secondo quanto disposto dall’art. 2903 del Codice Civile, l’azione revocatoria si prescrive nel termine di cinque anni decorrenti dalla data del compimento dell’atto dispositivo per il quale si chiede che venga dichiarata l’inefficacia, pena l’irrevocabilità dello stesso.
Essa può essere introdotta sia con l’atto di citazione sia con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c.
In quest’ultimo caso, ai fini dell’interruzione della prescrizione, è sufficiente il deposito del ricorso in Cancelleria o è necessario che lo stesso venga notificato alla controparte unitamente al decreto di fissazione dell’udienza entro il predetto termine?
Mercoledi 10 Novembre 2021 |
Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza 24891/2021, pubblicata il 15 settembre 2021.
IL CASO: Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., una banca conveniva in giudizio due coniugi chiedendo al Tribunale che venisse dichiarata l’inefficacia di un atto con il quale i convenuti avevano costituito un fondo patrimoniale, conferendovi i beni di proprietà esclusiva del marito, e di un atto con il quale, quest’ultimo, successivamente alla stipula del primo atto, aveva svincolato uno degli immobili conferiti nel fondo trasferendolo alla moglie.
Il Tribunale accoglieva l’eccezione di prescrizione dell’azione revocatoria formulata dai convenuti e rigettava la domanda attorea, essendo stata la domanda depositata in cancelleria entro il termine quinquennale di prescrizione e la notifica, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, eseguita oltre il predetto termine.
Di diverso avviso la Corte di Appello, la quale accoglieva il gravame interposto dalla Banca e riformava la sentenza di primo grado.
I giudici della Corte territoriale ritenevano applicabili al caso esaminato i principi della "scissione" degli effetti della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ex art. 2901 cod. civ., affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 9 dicembre 2015, n. 24822, essendo rilevante, ai fini ed agli effetti dell'interruzione della prescrizione, il momento del deposito del ricorso presso il giudice adito e non quello della notificazione dello stesso e del decreto di fissazione dell’udienza.
La questione veniva, quindi, sottoposta all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso proposto da uno dei convenuti originari.
LA DECISIONE: Anche la Cassazione ha dato ragione alla banca, ritenendo infondato il ricorso.
I Giudici di legittimità, dopo aver ricordato la recente sentenza della stessa Cassazione ( 12 settembre 2019, n. 22827), che ha ritenuto non sufficiente, ai fini dell’interruzione della prescrizione, il mero deposito del ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ., si sono discostati dal richiamato orientamento, confermando la decisione impugnata.
Secondo gli Ermellini:
1. anche se ai fini dell’interruzione della prescrizione l'art.2943 del Codice Civile, da rilievo, "letteralmente", alla "notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio", la formula va intesa “come sostanzialmente corrispondente al binomio proposizione della domanda/pendenza del giudizio”;
2. ai fini dell'interruzione della prescrizione dell’azione quello che rileva – in uno con "la tipicità dell'atto giudiziale, cioè il ricorso ad atti specificamente enumerati, quali l'atto introduttivo del giudizio ovvero la domanda proposta nel suo corso" - è la circostanza che sia palese l'intento della parte di avvalersi del citato diritto potestativo mediante una domanda rivolta all'autorità giudiziaria e sia chiara alla controparte la percezione di tale iniziativa;
3. non può negarsi che, anche il mero deposito del ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ. rende "palese l'intento della parte" di avvalersi del diritto potestativo di cui all'art. 2901 del Codice Civile, sufficiente, quindi, ai fini dell’interruzione della prescrizione.