La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 29925/2025 ha ribadito alcuni importanti principi in materia di liquidazione del compenso degli avvocati, con particolare riferimento alla fase istruttoria.
| Giovedi 4 Dicembre 2025 |
Il caso: Il Tribunale di Roma, preso atto della sopravvenuta erogazione, da parte dell’INPS, delle prestazioni chieste da Mevia, dichiarava cessata la materia del contendere e liquidava le spese in favore della ricorrente in misura pari a € 1.200,00, oltre accessori.
Mevia proponeva appello, che la Corte Distrettuale rigettava.
Mevia ricorre in Cassazione, deducendo le seguenti censure:
a) violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., del d.m. n. 55 del 10 marzo 2014, dell’art. 13, comma 6, legge n. 247 del 2012 e dell’art. 2233, comma 2, c.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato a non applicare il d.m. n. 37 del 2018, entrato in vigore il 27 aprile 2018, che avrebbe precluso la riduzione dei compensi dell’avvocato oltre i limiti fissati dal d.m. n. 55 del 2014, non essendo consentito al giudice di diminuirli ulteriormente;
b) la Corte d’appello di Roma avrebbe inoltre errato nel negare ogni compenso per l’attività istruttoria, dovendo in questa essere ricomprese le richieste di prova, l’esame degli scritti o documenti delle parti o dei provvedimenti giudiziari e le istanze al giudice in qualsiasi forma.
La Suprema Corte, nell'accogliere le censure, ribadisce quanto segue:
1) la giurisprudenza più recente ha chiarito che, in tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile:
2) non è più consentita la liquidazione di importi risultanti da una riduzione superiore alla percentuale massima del 50% dei parametri medi e ciò per effetto di una scelta normativa intenzionale, volta a circoscrivere il potere del giudice di quantificare il compenso - o le spese processuali - e a garantire, attraverso una limitata flessibilità del parametri tabellari, l’uniformità e la prevedibilità delle liquidazioni a tutela del decoro della professione e del livello della prestazione professionale;
3) quanto alla fase istruttoria, è principio consolidato che, in materia di spese processuali, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore, il d.m. n. 55 del 2014 non prevede alcun compenso specifico per la fase istruttoria, ma un compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche quella istruttoria, con la conseguenza che, nel computo dell’onorario, deve essere compreso anche il compenso spettante per la fase istruttoria, a prescindere dal suo concreto svolgimento;
4) in materia di spese di giustizia, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per la fase istruttoria, rilevano non solo l'espletamento di prove orali e di ctu, ma anche le ulteriori attività difensive che l'art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014 include in detta fase, tra cui pure “le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte, l’esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali” ecc.: la corte territoriale, pertanto, avrebbe dovuto considerare non tanto se vi fosse stata un’istruttoria in senso stretto, ma valutare, piuttosto, se fossero state poste in essere le attività menzionate nell'art. 4 comma 5 lett c) cit. e, comunque, se vi fosse stata una trattazione della causa.