Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Ordinanza del 17 febbraio 2021 n. 4215.
Martedi 23 Febbraio 2021 |
Con la sentenza in commento la Corte torna nuovamente a chiarire i concetti ispiratori della ormai nota Sentenza S.U. 18287/2018, producendo ben due principi di diritto che potranno essere così essere strumento più che valido per la soluzione di vicende familiari, anche e soprattutto nelle fasi precedenti all’instaurazione del procedimento giudiziale, allo scopo di fornire agli operatori del diritto in ambito familiare temi comuni di scambio e dialogo da usare anche per chiarire alle parti le dinamiche delle questioni che li interessano e al fine di dirimere gli aspetti patologici di vicende spesso dolorose.
La vicenda sottesa all’esame della Corte ha esaminato la fattispecie relativa al riconoscimento ed alla determinazione dell’importo dell’assegno divorzile. La Corte d’Appello de L’Aquila, nel provvedimento emesso a seguito del gravame, aveva esaminato i parametri previsti per la liquidazione dell’assegno divorzile: le ragioni circa la decisione dell’addebito (sentenze penali di condanna per violenza endofamiliare di un coniuge in danno dell’alto); il contributo personale ed economico dato da ciascuno degli ex coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno o di quello comune; il reddito di entrambi e la durata del vincolo matrimoniale, accogliendo così la richiesta di appello incidentale della moglie ed aumentando l’assegno di mantenimento rispetto alla decisione del Tribunale.
Osservano i Giudici di Piazza Cavour che la valutazione della consistenza economico- patrimoniale di ciascuna coniuge, riguardo alla attribuzione dell’assegno mantenimento, è funzionale a ristabilire una situazione di equilibrio che con lo scioglimento del vincolo matrimoniale può essere venuta meno e che va, pertanto, determinata secondo gli ormai noti criteri assistenziali, perequativi e compensativi (Cass. S.U. 18287/2018); ne discende l’enunciazione di un primo principio di diritto: “In tema di divorzio, non possono computarsi nel patrimonio del coniuge creditore dell’assegno divorzile, calcolato ai sensi dell’art. 5, comma 6, della legge 898 del 1° febbraio 1970, anche gli introiti percepiti dal medesimo a seguito di inadempimento nella corresponsione dell’assegno di separazione, corrisposti in una unica soluzione a seguito di azione esecutiva svolta con successo”.
Gli Ermellini proseguono chiarendo che i parametri che sottendono al riconoscimento dell’assegno di divorzio, avente natura assistenziale e compensativa (in pari misura), discendono in primo luogo dal principio costituzionale di solidarietà e pertanto la liquidazione dell’assegno non conduce al conseguimento dell’autosufficienza sulla base di un concetto astratto (che parrebbe la ragione fondante dell’ulteriore presupposto circa l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge e della impossibilità oggettiva a procurarseli), bensì “il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare” anche tenendo conto delle aspettative lavorative sacrificate. L’assegno è preordinato quindi al riconoscimento della funzione e del contributo dell’ex coniuge, economicamente più debole, alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Osserva la Cassazione che i giudici dell’Appello, pur richiamando i principi della S.U. 18287/2018, hanno poi reiterato un principio legato al mantenimento del tenore di vita già avuto in costanza di matrimonio, da ciò è scaturito un secondo principio di diritto: “L’assegno divorzile che è attribuito e quantificato facendo applicazione, in posizione pari ordinata, dei parametri di cui all’art’5, comma 6, prima parte, della legge 898 del 1970 e non del parametro del tenore di vita godibile durante il matrimonio, deve assicurare all’ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita -assistenziale, perequativa e compensativa-, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione, relativa allo specifico contesto, dell’intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto, altresì, delle eventuali attribuzioni i degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali dell’avente diritto e realizzato l’esigenza perequativa”.
Con la sentenza in commento la Corte torna nuovamente a chiarire i concetti ispiratori della ormai nota Sentenza S.U. 18287/2018, producendo ben due principi di diritto che potranno essere così essere strumento più che valido per la soluzione di vicende familiari, anche e soprattutto nelle fasi precedenti all’instaurazione del procedimento giudiziale, allo scopo di fornire agli operatori del diritto in ambito familiare temi comuni di scambio e dialogo da usare anche per chiarire alle parti le dinamiche delle questioni che li interessano e al fine di dirimere gli aspetti patologici di vicende spesso dolorose.