La Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 22411/2019, ribadisce alcuni principi in merito all' efficacia degli accordi conclusi tra i coniugi aventi ad oggetto l'affidamento dei figli e il diritto di visita del genitore non collocatario.
Giovedi 19 Settembre 2019 |
Il caso: Nell'ambito di una controversia riguardante la regolamentazione del diritto di visita paterno di un minore, nato da genitori non coniugati, adottata in sede di reclamo, la madre ricorreva in Cassazione avverso il provvedimento della Corte di Appello, eccependo la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonche' la errata valutazione delle risultanze processuali e dei fatti posti a fondamento della pronuncia.
Per la ricorrente, infatti, la Corte di appello, sull'erroneo presupposto che la disciplina del diritto di visita paterno e della ripartizione dei periodi feriali era stata frutto di un accordo raggiunto dalle parti in primo grado e recepito dal Tribunale, non si sarebbe pronunciata sulle domande svolte con il reclamo, omettendo anche ogni motivazione; infine insisteva per una regolamentazione del diritto di visita paterno meno frammentato.
Per la Suprema Corte il ricorso va respinto e sul punto ribadisce quanto segue:
ai sensi dell'art. 337 ter c.p.c., nel disciplinare l'adozione dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice deve adottare "i provvedimenti relativi alla prole" che vanno stabiliti "con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa", tanto che il giudice puo' prendere atto degli accordi intervenuti tra i genitori solo se gli stessi risultano "non contrari all'interesse dei figli;
in tema di separazione personale tra coniugi e di divorzio - ed anche con riferimento ai figli di genitori non coniugati - il criterio fondamentale cui devono ispirarsi i relativi provvedimenti e' rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale dei figli, con la conseguenza che il giudice non e' vincolato alle richieste avanzate ed agli accordi intercorsi tra le parti e puo' quindi pronunciarsi anche "ultra petitum";
peraltro, anche un formale accordo intervenuto tra i genitori, pur sintomatico della positiva collaborazione tra gli stessi, non potrebbe essere trasfuso nel provvedimento giudiziale relativo alla prole se non previa verifica della sua rispondenza all'interesse del figlio;
la circostanza dedotta dalla ricorrente, e cioe' l'essere o meno la regolamentazione adottata dal Tribunale e confermata dalla Corte di appello frutto del formale accordo dei genitori (circostanza peraltro negata dalla ricorrente) e' priva di decisivita' e non appare ne' pertinente, ne' dirimente, atteso che la regolamentazione in questione - quand'anche qualificabile come mera proposta di parte - e' stata trasfusa nel provvedimento giudiziale adottato nell'esercizio dei poteri di esclusiva competenza del primo giudice perche' ha superato il vaglio di rispondenza all'interesse del minore.