“L'adottato maggiore di età può aggiungere anziché anteporre il cognome dell'adottante al proprio, quando ciò serva a tutelare il suo diritto all'identità personale e anche l'adottante sia favorevole a tale ordine di cognomi”.
Lunedi 10 Luglio 2023 |
Questo il principio espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 135 depositata il 4 luglio scorso, con ciò dichiarando illegittimo l'art. 299, primo comma, del codice civile “nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore di età, se entrambi nel manifestare il consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto”.
La Corte d'appello di Salerno aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 299, primo comma, del codice civile, nella parte in cui preclude all'adottato maggiore di età la possibilità di anteporre il suo originario cognome a quello dell'adottante, per violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt., 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nonché dell'art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
In particolare, il rimettente ha ritenuto che la citata normativa comporterebbe una “disuguaglianza di trattamento tra l'adottato maggiorenne e il figlio sottoposto al regime di scelta dei cognomi esercitato, in sua vece, dai genitori”. La disposizione oggetto di censura si porrebbe in contrasto con gli artt., 2 e 3 Cost., sotto il profilo della lesione del diritto all'identità personale in quanto l'originario cognome dell'adottando maggiore di età sarebbe un “segno distintivo” radicato nel contesto sociale, cosicchè la anteposizione del cognome sarebbe “una ingiusta lesione del diritto ad essere se stessi”.
La Corte, nel sottolineare l'importanza della trasmissione all'adottato del cognome dell'adottante, quale segno identificativo del vincolo adottivo, ha richiamato la sentenza n. 131 del 2022 nella quale si precisa che “il cognome, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo dell'identità giuridica e sociale della persona: le conferisce identificabilità, nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalità individuale, che nel contempo si arricchisce progressivamente di significati”.
Per la Consulta, l'attribuzione all'adottato del cognome dell'adottante incarna uno degli effetti tipici dell'adozione: effetto di natura personale unitamente a quelli di natura patrimoniale riguardanti sia l'obbligo alimentare reciproco fra adottante e adottato, sia l'acquisizione, da parte di quest'ultimo, dei diritti successori quale figlio. A parere della Corte Costituzionale, qualora l'adottato maggiore di età abbia l'esigenza di veder tutelato il suo diritto all'identità personale con l'aggiunta, in luogo della anteposizione, del cognome dell'adottante al proprio e se anche l'adottante è favorevole a tale ordine, che non incide sul suo consenso all'adozione, è irragionevole non consentire che la sentenza di adozione possa disporre il citato effetto.
L'adottando maggiore di età può avvertire siffatta esigenza nei casi in cui la sua identità sia radicalmente ancorata al cognome originario il quale potrebbe rivestire una particolare incidenza sulla sua identificabilità nel mondo professionale e sociale e potrebbe essere stato anche trasmesso ai propri figli.
Pertanto, per i motivi ( sinteticamente!) esposti, la Corte ha dichiarato:
l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 299 c. c., nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore di età, se entrambi nel manifestare il consenso dell'adozione si sono espressi a favore di tale effetto;
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 299 c. c., primo comma, sollevata in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt., 8 e 14 della convenzione europea dei diritti dell'uomo, nonché all'art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dalla Corte di appello di Salerno.