Il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di un'esplicita richiesta di parte, a disporre una rinnovazione della CTU.
Martedi 20 Dicembre 2022 |
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 36259 del 13 dicembre 2022.
Il caso: Il Tribunale rigettava il ricorso proposto da Tizio nei confronti dell'INPS ex art. 445 bis cod. proc. civ. per l'accertamento del requisito sanitario ai fini del riconoscimento del beneficio dell'indennità di accompagnamento e dell'accertamento dello status di portatore di handicap in situazione di gravità.
Il giudice del merito riteneva infatti pienamente condivisibili le conclusioni cui era giunto il consulente tecnico nominato in sede di ATP, tratte dall'esame della documentazione allegata in atti e "...da accurati accertamenti diagnostici effettuati in base a corretti criteri tecnici ed iter logico ineccepibile".
Tizio ricorre in Cassazione, contestando le conclusioni del CTU in merito all'inquadramento delle patologie dallo stesso sofferte in quanto sottostimate rispetto al quadro diagnostico rappresentato.
Per la Cassazione il motivo è inammissibile: sul punto ribadisce che:
a) in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di un'esplicita richiesta di parte, a disporre una rinnovazione, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto;
b) nel caso in esame, le critiche di nullità della sentenza di merito per non aver tenuto conto di alcune certificazioni e della gravità della patologia sofferta, limitandosi a richiamare acriticamente le conclusioni rese dal CTU, si traducono in un mero dissenso diagnostico e non si rivelano idonee a confutare i fatti e le circostanze accertate e valutate dal Tribunale;
c) nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione.