Con l’ordinanza n. 23989/2020, pubblicata il 29 ottobre 2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla configurabilità o meno dell’accettazione tacita dell’eredità da parte dai chiamati tutte le volte in cui questi ultimi impugnano un avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate per un obbligazione tributaria del de cuius.
Lunedi 11 Gennaio 2021 |
Normativa di riferimento:
art. 476 codice civile: accettazione tacita dell’eredita’:
“L’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”.
art. 521 codice civile: retroattivita’ della rinuncia all’eredita’:
“Chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”.
IL CASO: Nella vicenda esaminata, l’Agenzia delle Entrate notificava ai chiamati all’eredità di un contribuente deceduto un avviso di rettifica per l’omesso versamento di IVA e l’omessa contabilizzazione di corrispettivi da parte di quest’ultimo.
Avverso il suddetto avviso venivano interposti più ricorsi da parte dei suddetti chiamati che venivano poi riuniti.
Il ricorso veniva rigettato dalla Commissione Tributaria di Primo Grado. La decisione di quest’ultima veniva ribaltata dalla Commissione Tributaria di secondo grado in sede di gravame interposto dai ricorrenti originari i quali allegavano nel corso del giudizio la rinuncia all’eredità formulata con atto notarile successivamente alla presentazione del ricorso.
La Commissione Tributaria di secondo grado accoglieva l’appello rilevando che chi rinuncia all’eredità è considerato come se non fosse stato mai chiamato.
La decisione veniva confermata dalla Commissione tributaria centrale la quale riteneva che la rinuncia effettuata con l’atto pubblico innanzi al Notaio era pienamente legittima ed operante.
L’Agenzia delle Entrate, rimasta soccombente, sottoponeva la vertenza all’esame della Corte di Cassazione deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 521, primo comma del codice civile in combinato disposto con l’art. 476 del codice civile.
Secondo l’amministrazione finanziaria, con l’impugnazione dell’atto impositivo a loro notificato, i chiamati avevano implicitamente espresso la volontà di accettare l’eredità non avendo eccepito di non essere eredi ma solo censurato nel merito l’atto impugnato e, pertanto, erano da considerare a tutti gli effetti legittimati passivi e, quindi, tenuti al pagamento della somma intimata.
LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha rilevato l’inefficacia della rinuncia all’eredità prodotta dai ricorrenti originari successivamente all’impugnazione dell’atto impositivo, ritenendo il motivo del ricorso fondato e nell’accoglierlo con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione ha osservato che:
1. la mera chiamata all’eredità e la denuncia di successione, che ha valore di atto di natura meramente fiscale, non configurano l’assunzione della qualità di erede, essendo necessaria l’accettazione dell’eredità, espressa o tacita;
2. per i debiti del de cuius di natura tributaria, l’accettazione dell’eredità è una condizione imprescindibile affinchè possa affermarsi l’obbligazione del chiamato all’eredità a risponderne;
3. la rinuncia all’eredità, anche se tardivamente proposta, esclude che il rinunciante possa essere chiamato a rispondere dei debiti tributari, salvo che egli abbia posto in essere comportamenti dai quali si possa desumere un’accettazione implicita dell’eredità, la cui prova incombe sull’amministrazione finanziaria;
4. non si configura l’accettazione tacita dell’eredità nel caso in cui i chiamati all’eredità, una volta ricevuto ed accettato la notifica di un atto di citazione o di un ricorso avente ad oggetto debiti del de cuius, si costituiscono ed eccepiscono la propria carenza di legittimazione, essendo atti pienamente compatibili con la volontà di non accettare l’eredità;
5. si configura, invece, l’accettazione tacita dell’eredità nel caso in cui i chiamati all’eredità impugnino un atto di accertamento emesso nei loro confronti in qualità di eredi dell’originario debitore, senza contestare l’assunzione di tale qualità e, quindi, il difetto di titolarità passiva della pretesa, ma censurano nel merito, come è avvenuto nel caso esaminato, l’accertamento compiuto dall’amministrazione finanziaria. Tali comportamenti, configurano, un’attività che non è giustificabile se non come erede, in quanto va oltre la mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario;
6. irrilevante, nel caso di specie, la successiva rinuncia all’eredità che secondo l’art. 521 del codice civile ha efficacia retroattiva sull’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario.
Gli Ermellini, hanno concluso, ritenendo che, pur avendo la rinuncia all’eredità efficacia retroattiva sull’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario, come previsto dal primo comma dell’art. 521 del codice civile, la stessa, nel caso esaminato, era priva di effetti, essendo i chiamati decaduti dal diritto di rinunciare all’eredità in considerazione del comportamento tenuto non avendo essi contestato con il ricorso avverso l’atto impositivo notificatole la loro qualità di eredi e tale comportamento configura senza dubbio accettazione tacita inconciliabile con la successiva rinuncia.