Ai fini della condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare, i Giudici di merito devono verificare con la massima attenzione le condizioni che hanno condotto all'inadempimento della parte tenuta al versamento, nella situazione concreta.
Venerdi 24 Gennaio 2025 |
In tal senso si è espressa la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 2702 del 22 gennaio 2025.
Il caso: la Corte d'appello di Cagliari confermava la condanna in primo grado di Mevia per il delitto di cui all'art. 570-bis cod. pen., per essersi sottratta, tenendo una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie, agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà di genitore, condotta consistita nel non versare all'ex marito la somma di € 150 mensili, stabilita dal Tribunale civile a titolo di contributo per il mantenimento del figlio, facendo così mancare i mezzi di sussistenza.
Mevia ricorre in Cassazione, deducendo, in particolare, che:
- la stessa era disoccupata e versava in condizioni economiche obiettivamente critiche e, per far fronte alle spese, era sostenuta dalla madre, mentre Caio, maggiorenne, non studente e non inabile al lavoro, era sostenuto dalla nonna materna mediante corresponsione di 100 € al mese;
- inoltre ella non viveva affatto con la madre e la sorella, documentando il dato mediante il deposito delle dichiarazioni del proprietario dell'immobile all'epoca condotto in locazione dall'imputata.
Per la Suprema Corte il ricorso è fondato:
a) in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'impossibilità assoluta dell'obbligato di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570-bis cod. pen., che esclude il dolo, non può essere assimilata all'indigenza totale, dovendosi valutare se, in una prospettiva di bilanciamento dei beni in conflitto, ferma restando la prevalenza dell'interesse dei minori e degli aventi diritto alle prestazioni, il soggetto avesse effettivamente la possibilità di assolvere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di dignitosa sopravvivenza;
b) è quindi opportuno compiere un accertamento individualizzato, evidenziando come l'intento di sottrarsi ai propri obblighi rappresenti elemento qualificante del reato, che va adeguatamente valorizzato in sede interpretativa perché la fattispecie, posta a tutela della famiglia e, nella specie, dei minori, non si trasfiguri in un reato formale, di mera disobbedienza all'autorità giudiziaria civile, producendo il conseguente, inammissibile effetto di criminalizzare la povertà;
c) non è sempre necessario, per escludere la configurabilità del reato, che l'agente sia inabile al lavoro, ben potendo rilevare - a condizioni da verificare, si ripete, con cautela ed attenzione - anche uno stato di disoccupazione purché incolpevole ove, come eccepito nel caso di specie, l'imputato abbia perso il lavoro per ragioni non dipendenti dalla sua volontà (la ricorrente aveva eccepito di aver presentato le proprie dimissioni per giusta causa, a seguito del mancato pagamento di tre mensilità, presso la cooperativa dove era precedentemente impiegata e dove le erano corrisposti circa 500 € al mese);
d) da una lettura costituzionalmente orientata deriva quindi la necessità, sul piano logico, che i Giudici di merito verifichino con le massime attenzione le condizioni che hanno condotto all'inadempimento della parte tenuta al versamento, nella situazione concreta, fornendo una puntuale motivazione.