Con la Circolare n. 19 del 6 luglio 2023, la Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate si è espressa sul trattamento fiscale da riservare al legato di cosa genericamente determinata (art. 653 c.c.), adeguando finalmente il proprio orientamento interpretativo al principio di “giusta imposizione" avuto riguardo alla liquidazione dell’imposta di successione dovuta da eredi e legatari.
Martedi 5 Settembre 2023 |
Com’è noto, l’Agenzia aveva sinora negato la possibilità di decurtare il valore di questa tipologia di legati (tra cui il legato pecuniario) dalla base imponibile dell'imposta di successione, sulla scorta della distinzione civilistica fra legati di specie e legati di genere e di una discutibile lettura del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (TUS).
L’articolo 8 del D. Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 prevede infatti, al comma 1, che il valore globale netto dell’asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo dell’attivo ereditario e l'ammontare complessivo delle passività e degli oneri deducibili.
Tuttavia, avendo i legati di genere efficacia meramente obbligatoria, essi determinano l'insorgere di un “debito degli eredi" e non già di un peso gravante sul valore dell’eredità o delle quote ereditarie, ciò che impedisce di ricomprenderli nel novero delle "passività ereditarie" propriamente intese, deducibili dall'attivo ereditario.
In base a ciò, l’Agenzia tassava il valore dell’eredità (o di una sua quota) al lordo dei legati di genere, considerando quindi quale base imponibile un valore maggiore rispetto a quello dell'effettivo arricchimento conseguito dal soggetto onerato, in palese violazione del principio costituzionale di capacità contributiva.
Inoltre, in applicazione dell’articolo 36 del TUS, il valore del legato veniva tassato anche in capo al legatario, determinandosi così un caso di doppia tassazione della medesima ricchezza.
Tale interpretazione era stata contestata dalla giurisprudenza di legittimità, la quale evidenziava come il principio per cui il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato «al netto dei legati» (articolo 8, comma 3 del TUS) costituisce un regola generale, valevole per tutti i legati indipendentemente dalla tipologia degli stessi, e affermava che, ai fini fiscali, anche il legato di quantità o di genere, pur dovendo essere distinto dalle passività deducibili, deve essere escluso dal valore dell’asse o della quota spettante al soggetto onerato (cfr. Corte Cass., Sez. V, ordinanza 3 novembre 2020, n. 24421, che richiama Corte Cass., Sez. V, sentenza 11 aprile 2011, n. 8195).
Quest’ultima impostazione risulta coerente, più in generale, con la rilevanza da attribuirsi a legati (ed oneri) nel quadro complessivo dell’imposta sulle successioni e donazioni, come delineato dalla Suprema Corte anche in altre pronunce, nelle quali si evidenzia come l'incremento patrimoniale (e quindi l'imponibile) per l’erede e il legatario debba essere decurtato dell’importo dei legati ed oneri loro imposti (cfr. Corte Cass., Sez. V, 24 dicembre 2020, n. 29506 e Corte Cass., Sez. V, 17 giugno 2022, n. 19561).
In considerazione di quanto sopra esposto, con la recente Circolare, l’Agenzia delle Entrate decide di adeguarsi all’interpretazione della Suprema Corte e abbandonare la prassi sin qui seguita, affermando che – ferma restando la distinzione civilistica fra legato di genere e legato di specie – in sede di liquidazione dell’imposta di successione, il valore del legato di genere, al pari di quello di specie, andrà dedotto dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie.
Quanto al contenzioso pendente, le strutture territoriali vengono invitate a «riesaminare le eventuali controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni».