La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3266/2016 chiarisce quando, nell'ambito del risarcimento diretto, sono rimborsabili i compensi dell'avvocato in caso di accettazione della somma offerta dal liquidatore.
Lunedi 29 Febbraio 2016 |
Il danneggiato in un sinistro stradale conveniva in giudizio la FATA Assicurazioni Danni s.p.a. per ottenere il rimborso delle spese corrisposte al proprio legale per l'assistenza prestata nella procedura di risarcimento diretto, che si era conclusa con l'accettazione della somma offerta dall'assicuratrice a tacitazione dei danni riportati dall'auto dell'attore. La compagnia di assicurazione eccepiva di non essere tenuta al ristoro delle spese legali in quanto il sinistro era stato definito in fase stragiudiziale.
Il Giudice di Pace, nel qualificare la domanda come azione di regresso ex art. 68 legge professionale forense, la rigettava sul rilievo che non vi era stata alcuna transazione.
In sede di gravame, il Tribunale riteneva fondata la censura dell'appellante in ordine al fatto che il primo giudice non aveva esaminato la domanda sotto il profilo del risarcimento del danno; tuttavia il medesimo tribunale rigettava la domanda sulla base del fatto che al sinistro “deve applicarsi la disciplina dell'art. 149 D.L.vo n. 209/2005 sulla procedura di risarcimento diretto e che, a norma dell'art. 9 del regolamento emanato con D.P.R. n. 254/2006, non sono indennizzabili (con la sola eccezione delle perizie relative a danni alla persona) le spese sostenute dal danneggiato per l'ausilio di professionisti nella fase stragiudiziale, qualora sia stata accettata l'offerta dell'assicuratore”.
Impugnata la sentenza di appello avanti alla Corte di Cassazione, gli Ermellini, nel ritenere fondati i motivi di doglianza e nel cassare la sentenza con rinvio, richiamano il proprio precedente orientamento, in base al quale, "in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l'art. 9, comma 2, del d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, emanato in attuazione dell'art. 150, comma 1, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il quale, per l'ipotesi di accettazione della somma offerta dall'impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona, si interpreta nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l'art. 24 Cost.,ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell'erogazione di spese legali effettivamente necessarie" (Cass. n. 11154/2015).
Al contrario, afferma la Suprema Corte, nulla è dovuto per le spese legali quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l'assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato.
In altri termini, il problema delle spese legali deve essere risolto in termini di causalità ex art. 1223 c.c e non di risarcibilità.
Pertanto il giudice del rinvio dovrà accertare, nel caso specifico, se le spese stragiudiziali richieste erano necessitate e giustificate dalla complessità del caso e dalle contestazioni mosse dall'assicuratore o da inerzia dello stesso nel prestare la dovuta assistenza.