Separazione e comunione dei beni: valida una ripartizione dei beni non in quote uguali

Separazione e comunione dei beni: valida una ripartizione dei beni non in quote uguali

Una volta sciolta la comunione legale con la separazione consensuale, le parti possono liberamente disporre dei beni in comunione al fine di regolare i rapporti economici della coppia e possono prevedere una ripartizione del bene immobile in comunione legale per quote non egalitarie nell’ambito delle reciproche attribuzioni patrimoniali.

Giovedi 6 Febbraio 2025

La Corte di Cassazione ha enunciato il suddeto principio di diritto nell'ordinanza n. 2546/2025.

Il caso: I coniugi Tizio e Mevia acquistavano un appartamento in Napoli, in regime di comunione legale del matrimonio; successivamente alla separazione, Tizio, con atto di citazione agiva chiedendo la divisione dell’appartamento o, ove ciò non fosse stato possibile, la vendita dello stesso con assegnazione delle somme ricavate ai condividenti.

Mevia, nel costituirsi, deduceva che la comunione non era in parti uguali, atteso che la quota di essa convenuta era pari al 71%, il tutto come da accordo riportato nel verbale di separazione personale dei coniugi, come omologato dal Tribunale di Napoli.

Con separato giudizio Tizio, nel premettere che l’ex moglie utilizzava in via esclusiva l’appartamento, chiedeva la corresponsione di un’indennità di occupazione, nella misura del 50%, ovvero in via subordinata nella misura del 29%. I due giudizi venivano riuniti.

Il Tribunale con sentenza parziale dichiarava la nullità dell’accordo riportato nel verbale di comparizione dei coniugi omologato dal Tribunale di Napoli, nella parte in cui prevedeva che la proprietà dell’immobile apparteneva per il 29 % a Tizio e per il 71 % a Mevia, in quanto tale accordo violava la norma dell'art. 210, secondo comma, c.c., che prevede espressamente l’inderogabilità delle norme che regolano la comunione legale relative all’uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale.

Mevia appellava al sentenza di pimo grado: la Corte territoriale confermava la sentenza di primo grado, ribadendo l'inderogabilità della disciplina della comunione legale dei beni relativa all’uguaglianza delle quote, con conseguente nullità dell'accordo che contemplasse una divisione dei beni in parte diseguali.

Mevia ricorre in Cassazione, che, nell'accogliere l'impugnazione, rileva quanto segue:

a) sono da ritenersi pienamente valide, anche con riferimento ai beni che ricadono nella comunione legale, le clausole dell'accordo di separazione che riconoscano ad uno, o ad entrambi i coniugi, la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili nel complessivo riassetto degli interessi economico – patrimoniali, ovvero che ne operino il trasferimento a favore di uno di essi al fine di assicurarne il mantenimento;

b) una volta sciolta la comunione legale con la separazione consensuale, rientra nella piena autonomia negoziale delle parti disciplinare gli aspetti economico-patrimoniali - estranei agli obblighi ex lege riguardanti la prole, in relazione ai quali l’autonomia delle parti contraenti incontra limiti - con l’accordo di separazione omologato; in tale sede le parti possono liberamente disporre dei beni in comunione al fine di regolare i rapporti economici della coppia e possono prevedere una ripartizione del bene immobile in comunione legale per quote non egalitarie nell’ambito delle reciproche attribuzioni patrimoniali, in vista della successiva divisione, senza che ricorra alcuna ipotesi di nullità.

Iscriviti gratis alla nostra newsletter


Aggiungi al tuo sito i box con le notizie
Prendi il Codice





Sito ideato dall’Avvocato Andreani - Ordine degli Avvocati di Massa Carrara - Partita IVA: 00665830451
Pagina generata in 0.011 secondi