Nell'ambito di un giudizio di opposizione a verbale di accertamento, la mancata lettura del dispositivo in udienza da parte del tribunale quale giudice di appello comporta la nullità della sentenza di rigetto dell'opposizione.
Lunedi 12 Ottobre 2020 |
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21257 del 5 ottobre 2020
Il caso: Il Tribunale rigettava l'appello proposto da R.M. nei confronti del Comune di Z.P. avverso la sentenza del Giudice di Pace , che aveva rigettato l'opposizione avente ad oggetto il verbale di accertamento elevato dalla Polizia Municipale del Comune di P. per il superamento dei limiti di velocità.
R.M. Ricorre in Cassazione, deducendo la nullità della sentenza per violazione dell'art.429 c.p.c. e dell'art.7 comma 1 D. Lgs 150/11, in quanto il tribunale non aveva letto il dispositivo in udienza ma aveva erroneamente trattenuto la causa in decisione, concedendo i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Per la Cassazione il motivo è fondato; sul punto la Cassazione ricorda che:
a) l'art. 6, comma 1 del D.Lgs.1 settembre 2011, n. 150, stabilisce che "le controversie previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 (opposizione ad ordinanza-ingiunzione), sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo";
b) è vero che detto art. 6 non contiene una specifica disposizione, nel senso della espressa previsione, a pena di nullità (tanto nel giudizio di primo grado, quanto in quello d'appello), della pronuncia della sentenza mediante lettura del dispositivo;
c) tuttavia, per effetto della regola generale dell'applicabilità alle suddette controversie del rito del lavoro, salva espressa eccezione, non è dubitabile che la previsione della lettura del dispositivo si applichi anche nei giudizi d'appello;
d) nelle controversie soggette al rito del lavoro, l'omessa lettura del dispositivo all'udienza di discussione determina, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., comma 2, la nullità insanabile della sentenza, per mancanza del requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto, in quanto si traduce nel difetto di un requisito correlato alle esigenze di concentrazione del giudizio che connotano tale rito e soprattutto di immutabilità della decisione rispetto alla successiva stesura della motivazione.