La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 14478/2018 individua il dies a quo da cui far decorrere il termine per proporre appello avverso l'ordinanza pronunciata in udienza ex art. 702 ter c.p.c.
Il caso: la Corte d'appello di Napoli dichiarava inammissibile, in quanto tardivo, l'appello proposto da un condominio nei confronti di altro condominio avverso l'ordinanza, emessa ai sensi dell'art. 702 ter cod. proc. civ., con cui il Tribunale di Napoli aveva annullato una delibera assembleare del primo condominio, con la seguente motivazione:
l'ordinanza decisoria di primo grado è stata pronunciata in udienza e pertanto il termine di trenta giorni per l'appello ha cominciato a decorrere dalla stessa data dell'udienza ex art. 134 cod. proc. Civ. : la pronuncia in udienza è da considerare equivalente alla comunicazione;
peraltro, si deve escludere l'applicazione del termine lungo di cui all'art. 327 cod. proc. civ. anche se l'ordinanza non è stata notificata (né altrimenti comunicata): il termine per appellare ex art. 702- quater cit. deve essere identificato in quello "breve" di cui allo stesso art. 702-quater o all'art. 325, secondo comma, cod. proc. civ.
Il condominio soccombente ricorre in Cassazione, deducendo:
a) violazione e falsa applicazione degli artt. 702-ter e 134 cod. proc. Civ.: per il ricorrente l'art. 134 cod. proc. civ. non sarebbe applicabile in riferimento all'ordinanza in questione, in quanto decisoria e - in quanto tale - assoggettata piuttosto alle disposizioni in tema di pubblicazione e comunicazione della sentenza dell'art. 133 c.p.c.;
b) violazione e falsa applicazione degli artt. 702-quater e 327 c.p.c.: l'art. 702-quater cpc., in deroga all'art. 326 cod. proc. civ., fa riferimento al decorso del termine per l'appello avverso l'ordinanza di trenta giorni «dalla sua comunicazione o notificazione»; viceversa, quando essa è stata pronunciata in udienza, e quindi non comunicata né notificata, il termine per proporre appello è quello "lungo" ex art. 327 primo comma cod. proc. civ., non essendo tale norma generale in tema di impugnazioni in alcun modo derogata da quelle speciali per il procedimento sommario di cognizione.
Gli Ermellini, nel rigettare il ricorso, osservano che:
il procedimento sommario di cognizione è stato introdotto mediante inserimento nel cpc del capo costituito dagli artt. 702-bis ss. al fine tra l'altro di dotare l'ordinamento processuale italiano di un rito accelerato;
in coerenza quindi con un progetto generale di stimolo - al di fuori del processo di cognizione ordinario di primo grado - alla definizione dei procedimenti in un'ottica di loro ragionevole durata, è ben comprensibile che, nell'ambito dell'art. 702-quater c.p.c., nulla si sia previsto in tema di termine c.d. "lungo" di impugnazione, decorrente dalla pubblicazione mediante deposito della sentenza previsto dall'art. 327 del codice di rito;
l'omissione, quanto al procedimento sommario di cognizione, è del tutto coerente con la ratio della disciplina, che per quanto detto tende a far scadere in ogni caso il termine per l'appello con il passaggio di trenta giorni dall'emanazione dell'ordinanza;
in altre parole, l'omissione non è tale, in quanto l'ipotesi di un'applicazione del termine "lungo", decorrente dal deposito, è del tutto incompatibile con la scelta legislativa acceleratoria che permea l'art. 702-quater;
in consonanza con la ratio legis connessa alla natura accelerata del procedimento sommario di cognizione e con la disposizione dell'art. 702-quater c.p.c. che, a tal fine, fa decorrere il termine per l'appello dalla "comunicazione", anche in riferimento a tale rito – equivalendo ex artt. 134 e 176 c.p.c. la pronuncia in udienza a "comunicazione" - il termine per appellare contro l'ordinanza pronunciata in udienza e inserita a verbale, pur se non comunicata o notificata, decorre dalla data dell'udienza stessa, con esclusione anche da tale punto di vista della possibilità di applicazione dell'art. 327 c.p.c.
infatti, oltre che trarsi dall'art. 134 cod. proc. civ., la regola risulta anche, esplicitamente, dall'art. 176 cod. proc. civ. che ha valenza generale: "le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi", dovendo comunicarsi solo quelle fuori udienza "entro i tre giorni successivi".