Rito famiglia: il termine di dieci giorni per la replica dell'attore non è incostituzionale

Rito famiglia: il termine di dieci giorni per la replica dell'attore non è incostituzionale

Il giudice rimettente, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 473-bis.17 c.p.c., ha ritenuto che il termine assegnato all'attore, per proporre domande ed eccezioni che traggono origine dalle difese del convenuto, nonché per presentare nuovi mezzi di prova, sia troppo breve.

Giovedi 23 Ottobre 2025

La Consulta, con sentenza n. 146, depositata il 13 ottobre, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento all'art. 472-bis .17, al primo comma, c.p.c. nella parte in cui prevede che l'attore debba, a pena di decadenza, modificare o precisare le domande e le conclusioni già formulate, proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle difese del convenuto, indicare i mezzi di prova, produrre documenti e formulare le istanze di parte, mediante il deposito di una memoria almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione delle parti.

La questione di legittimità costituzionale, era stata sollevata dal Tribunale di Genova secondo il quale, il tempo intercorrente tra la scadenza del termine previsto dalla legge per la costituzione del convenuto ( almeno trenta giorni prima dell'udienza) e la scadenza del termine entro il quale l'attore deve depositare la sua memoria (almeno venti giorni prima dell'udienza), sono insufficienti a garantire all'attore una difesa adeguata.

In particolare, per il giudice a quo, in materia di persone, minorenni e famiglia, le domande riconvenzionali del convenuto, introducono temi complessi che non possono essere affrontati dall'attore in soli dieci giorni, con ciò determinando una ingiustificata compressione del diritto di difesa, in palese violazione del principio del giusto processo e del principio di uguaglianza.

Per la Corte Costituzionale, il termine di dieci giorni, non vìola in alcun modo il diritto di difesa, laddove si consideri che la Riforma del 2022 ha previsto, per i rapporti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, un rito speciale differenziato, improntato a istanze di concentrazione e speditezza. Il legislatore può “differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo alla particolarità del rapporto da regolare” (sentenza n. 39 del 2025) e non è tenuto ad assicurare i principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost. “sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti”, purché rispetti il limite di non imporre oneri e di non prescrivere modalità tali “da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale” (sentenza n. 76 del 2025).

La previsione di un termine minimo di dieci giorni, per la Consulta, non è irragionevole in quanto l'attore può prevedere le azioni di difesa del convenuto, che devono essere oggettivamente connesse alla domanda introduttiva. In altre parole, nel rito familiare l’oggetto del processo e i diritti azionati sono tipizzati e questo consente una maggiore anticipazione difensiva rispetto ad altri riti. Perciò, la disciplina censurata non vìola il diritto di difesa, la parità delle armi e i principi del giusto processo, di cui agli artt. 24 e 111 Cost. così come non è fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., per irragionevole disparità di trattamento nel confronto con la disciplina riguardante i termini di cui può avvalersi la difesa dell’attore nel giudizio ordinario di cognizione, in quello semplificato di cognizione e nel rito del lavoro.

L’accostamento al processo ordinario di cognizione è privo di giustificazione, ove solo si consideri che fra le ragioni a sostegno di un autonomo rito unificato per lo stato delle persone, i minorenni e le famiglie si rinviene proprio l’esigenza di sottrarre tali delicate controversie, bisognose di una trattazione specializzata, al rito ordinario.

Senza fondamento è anche il confronto con il rito semplificato di cognizione il quale è peculiare, quanto alle ragioni della trattazione concentrata, che si rinvengono nella semplicità delle questioni coinvolte e nella conseguente sommarietà dell’istruzione (art. 281-decies, c.p.c.) ed è, inoltre, applicabile a qualsivoglia controversia civile, il che rende maggiormente imprevedibili, rispetto al giudizio in esame, le possibili difese del convenuto.

Infine, il rito del lavoro è strutturato in modo del tutto differente perchè interamente concentrato nell’udienza di discussione, nel corso della quale devono svolgersi le varie attività processuali.

Per questi motivi, la Consulta, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 473-bis.17 del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento agli artt. 3,24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Genova, sezione quarta civile.

Allegato:

Corte Costituzionale sentenza 146 2025

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